Il pasticcio del bilancio

Pubblicato il 20 ottobre 2011, da Interventi al Senato

Aula del Senato, dichiarazione di voto per il gruppo PD sul rendiconto dello Stato, 20 ottobre 2011

Non ritorno sull’assoluta anomalia che caratterizza questa nostra deliberazione: una deliberazione sostanzialmente identica a quella effettuata u mese fa. Ne ha parlato la Presidente Finocchiaro ieri. Avrebbe certo meritato una comune riflessione nella sede propria della giunta del regolamento. E’ lì per questo: per salvaguardare una comune condivisione delle regole.

Resta comunque sul campo il grave fatto politico che ha peggiorato la valutazione del nostro paese: una maggioranza che non è stata in grado di certificare la realtà dei conti dello Stato e che deve ricorrere a queste anomalie procedurali.

Ricordo in sintesi gli elementi di valutazione che abbiamo dato sul rendiconto che ci hanno portato ad esprimere un voto negativo che oggi confermiamo. Anche da questo documento contabile si ricava l’insufficienza dell’azione del governo.

Una riduzione della spesa dell’1,4% in valore assoluto. E’ la prima volta che avviene e questo è positivo, ma occorre guardare alla qualità della riduzione, che non va bene.  Una riduzione del 32,6% dei trasferimenti a famiglie e istituzioni sociali, una riduzione del 18%% delle spese per investimento. Non sono questi gli ingredienti per accrescere le potenzialità del paese.

Una opacità dei conti pubblici. Il referto della Corte dei Conti ci dice che per il bilancio di competenza il bilancio appare affidabile solo per il 91,9% delle voci. Cioè vuol dire che a ottobre 2011 vi sono circa 65 miliardi di euro su cui il rendiconto non dà sufficiente certezza giuridica e finanziaria.

C’è stata una crescita abnorme dei residui di bilancio. Quelli attivi sono cresciuti del 12%, quelli passivi del 18%. E già erano elevatissimi. Spia di un malfunzionamento della macchina amministrativa e soprattutto di una tassazione aggiuntiva per i fornitori della pubblica amministrazione, tema su cui ci siamo soffermati a lungo ieri: lo stato compra ma non paga.

Su questa base così malcerta ed inadeguata non può trovare sviluppo una azione incisiva del governo. Si era detto con enfasi, con l’enfasi che sa mettere il ministro Tremonti negli annunci: chiarezza dei conti, mai più i provvedimenti omnibus come le vecchie leggi finanziarie.

Nonostante la nuova legge di contabilità, nonostante la disciplina del semestre europeo si succedono provvedimenti affastellati con migliaia di commi. Manovre in perenne manutenzione, una legge di stabilità con problemi di copertura già sottolineati dai servizi tecnici parlamentari, un decreto sviluppo rimandato di settimana in settimana e che si profila come un mostro burocratico affetto da bulimia legislativa: più di cento articoli senza affrontare il nodo fondamentale.

Come crescere di più e come aggredire il problema dei problemi: la bassa competitività totale dei fattori. Negli ultimi 20 anni la competitività totale dei fattori del nostro paese ha perso quasi 5 punti percentuali, quella dei paesi nostri concorrenti è cresciuta di una ventina di punti. Questa forbice che si è allargata spiega le difficoltà che abbiamo, di cui quelle di bilancio sono una conseguenza.

Politiche per la crescita e qualità della spesa in direzione dell’efficienza e di una analisi costi benefici. Le nostre proposte le abbiamo presentate in luglio e in settembre e le ripresenteremo per la legge di stabilità e per il fantomatico decreto sviluppo, di cui temo dovrete cambiare il titolo.

Non ci sono risorse, dice il presidente del Consiglio. Certo, per due anni si è ignorata la gravità della crisi e si è incominciato ad agire tardi e male. Ma le risorse ci sono, se si cercano. Tre grandi voci se aggredite sul serio e con determinazione fornirebbero le risorse necessarie,

La lotta alla corruzione. 70 miliardi di euro stimati dalla Corte dei Conti. Ma se personaggi chiave della maggioranza nella corruzione delle cricche ci sguazzano come si fa ad essere credibili in questa lotta?

Evasione fiscale: oltre 200 miliardi di euro. Ma stanno ritornando con insistenza voci su possibili condoni. Le voci sono sufficienti da sole a rendere poco credibile la volontà di reprimerla.

Efficienza della pubblica amministrazione. I documenti consegnati al Ministro Tremonti dai gruppi di lavoro sulla spesa pubblica che spero presto verranno presentati al parlamento dimostrano che se nel settore pubblico si fosse realizzata la stessa dinamica dei costi di produzione che ha caratterizzato il settore privato oggi produrremmo la stessa quantità di servizi pubblici con un risparmio di oltre 90 miliardi di euro. Ma anche qui il Ministro Brunetta ha fatto molte chiacchiere, molti insulti ai dipendenti pubblici, ha disperso il valore di intese bipartizan che pure si erano realizzate e i fatti positivi sono pochissimi.

Certo, si tratta di fare cose difficili. Di farle con una chiara visione del paese, con costanza ed agendo in profondità. Guardando al domani. Costruendo anche delle piattaforme largamente condivise, che diano l’idea di un sistema paese che si muove in sintonia. Non parlo della politica. Della determinazione del presidente del Consiglio nell’insultare sempre e comunque l’opposizione, non raccogliendo nulla delle nostre proposte. Dell’incapacità della maggioranza di offrire spazi di cammino condiviso per riforme importanti. Ne abbiamo avuto un esempio ieri, con l’affossamento del lavoro iniziato e condotto insieme per una riorganizzazione del parlamento, con una riduzione del numero dei parlamentari.

Parlo del rapporto del Governo con le parti sociali. Ogni positiva piattaforma costruita dalle parti sociali viene destrutturata o ignorata dal governo. Così è avvenuto per l’accordo sul lavoro di giugno, che ha registrato finalmente una larghissima intesa su come riformare il sistema dei contratti e della rappresentanza, così è avvenuto per il Progetto delle Imprese per l’Italia in cui l’universalità del mondo produttivo ha offerto al governo idee e impegni, totalmente ignorati. Perfino il recente incontro di Todi di un largo schieramento di associazioni cattoliche viene banalizzato nei commenti della maggioranza alla quotidianità del teatro politico, non cogliendone il messaggio angosciato per le sorti del paese e l’invito ad una vigorosa reazione, che si fondi su una rinnovata etica pubblica e su una vera riscoperta degli elementi del bene comune.

Per fare queste cose ci vuole l’autorevolezza della leadership e la forza della visione politica. Come impietosamente dimostrano tutti i generi di sondaggi di opinione (ma basta ascoltare ciò che si sente nei bar, nei mezzi di trasporto, nei luoghi di lavoro) la credibilità personale del presidente del Consiglio è inesistente all’estero e  nel Paese, al di sotto del minimo richiesto in un passaggio così drammatico. La forza della visione politica la misuriamo nell’immobilismo, nelle fiducie conquistate a forza di incarichi offerti, nel malessere che vivono anche tanti parlamentari della maggioranza che onestamente cercherebbero di fare il bene del paese e sono impediti nel farlo.

Qui sta la vostra debolezza e perciò l’impossibilità di fare le cose necessarie. Sarebbe onesto riconoscerlo traendone le conseguenze, per il bene del paese

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