Manovra economica di dicembre: quello che c’è e quello che manca

Pubblicato il 24 dicembre 2011, da In primo piano,Relazioni

 Naturalmente in questo periodo noi parlamentari in particolare stiamo moltiplicando gli incontri sul territorio, riceviamo molte mail, telefonate, messaggi da tanti cittadini sulla manovra, sui suoi contenuti. Su quelli percepiti attraverso i mass media, non sempre a servizio dei cittadini per illustrarne i contenuti in modo completo. Vedo di offrire qualche argomentazione per rispondere alle principali obiezioni che  incontrato negli incontri a cui ho partecipato.

Ci sarebbe piaciuta una manovra in parte diversa? Certamente sì ma il compito della buona politica è organizzare le risposte nelle condizioni storiche date. Se Berlusconi avesse capito nel dicembre scorso, dopo la fiducia della compravendita dei parlamentari, che non si poteva governare una fase così ardua senza una vera maggioranza, se si fosse fatto allora da parte…Ma per l’appunto, recuperando il vecchio slogan, in politica quando è il tempo occorre decidere senza se e senza ma. Sono dell’idea di Napolitano e valgono le sue parole dei giorni scorsi: “Aver dato fiducia a questo governo è stato segno di consapevolezza dell’estrema difficoltà del momento: è per i partiti che lo hanno deciso titolo di merito non motivo di imbarazzo”. Per questo ho votato convintamente la manovra, consapevole dei sacrifici che comporta, consapevole che bisognerà fare molte altre cose, ma altrettanto consapevole che l’alternativa era il disastro.

Vediamo dunque di affrontare alcuni nodi emersi nel dibattito pubblico.

La manovra non si concentra sulla lotta all’evasione fiscale

Sappiamo che la lotta all’evasione è la chiave per il riequilibrio fiscale. Quando siamo stati al Governo lo abbiamo dimostrato. Anzi tanto abbiamo disturbato che una parte della sconfitta del 2008 è legata proprio agli interessi che abbiamo toccato. Una evasione stimata in 200 miliardi di euro.

E’ vero che c’è poco o nulla nella manovra?. Non direi proprio.

Il divieto di usare il contante sopra i 1.000 euro, compresi i pagamenti della pubblica amministrazione disturberà un po’ ma è strumento essenziale per combattere l’evasione diffusa, insieme alla possibilità di usare i dati dei movimenti di conto corrente. La Banca d’Italia ha calcolato che se in Italia vi fosse la stessa abitudine d’uso della “moneta elettronica” che c’è in Francia (anche lì ci sono gli anziani…) si recupererebbero almeno 30 miliardi di euro di evasione fiscale. L’introduzione di una tassazione ordinaria per capitali e beni immobili detenuti all’estero fa capire che non vi saranno né condoni né scudi. Norme per premiare, attraverso una consistente semplificazione, chi si dichiara in regola con il fisco ed un inasprimento nei confronti di chi evade ed elude. Insieme alle norme già esistenti si è predisposto un pacchetto di misure che aiuterà la macchina fiscale a disturbare chi vuole evadere ed eludere il proprio dovere fiscale.

Occorre anche ricordare che finalmente ci sono gli strumenti per combattere l’abusivismo edilizio. Dei 2,5 milioni di immobili non denunciati individuati dal Catasto la metà sono stati regolarizzati dai proprietari, l’altra metà sarà definita entro marzo: un grosso serbatoio di illegalità e di evasione è stato svuotato.

Nella manovra non c’è la patrimoniale

Non fermiamoci ai nominalismi. Se per patrimoniale si intende quella forma di tassazione che agisce sui beni posseduti e sulle loro rendite non c’è dubbio che tutta la nuova tassazione agisce sui patrimoni ed alleggerisce la tassazione sul lavoro. Si colpiscono i beni immobili con l’IMU, si colpiscono i beni mobili registrati (auto di lusso, posti barca, aeromobili), si colpiscono i patrimoni finanziari (imposta di bollo a regime all’1,5 per mille senza tetto, salvando i piccoli depositi), le rendite finanziarie erano già state tassate al 20% rispetto al 12,5% esistente con la precedente manovra. Se è vero come è vero che la manovra, sotto la pressione di una urgenza che dava pochi giorni di respiro, è in gran parte composta di tasse non c’è dubbio però che le nuove tasse agiscono quasi esclusivamente sui patrimoni. Si agisce anche sui patrimoni detenuti all’estero. Manca una tassa sulle grandi fortune, come si chiama in Francia. Ricordo che quando fu proposta da alcuni esponenti del PD sollevò aspre critiche all’interno del nostro partito. Monti ha ricordato la difficoltà tecnica in mancanza di dati sufficienti per individuare ricchezze ben custodite dietro paraventi di intrecci societari. E’ un tema da riprendere, nonostante l’opposizione del centrodestra, ma certo sui patrimoni questa manovra ha agito.

Non ci sono norme per lo sviluppo

Siamo in attesa di un secondo provvedimento che dovrà essere presentato dal Governo in gennaio, ma intanto qualcosa di importante c’è. In particolare tre provvedimenti (da sempre proposti dal PD e dalle parti sociali) costituiscono una leva importante per incentivare le imprese a fare buona occupazione e ad investire. Quante volte è stato detto dal mondo delle imprese, da quelle piccole a quelle grandi, che la componente costo del lavoro soggetta a tassazione IRAP era un disincentivo ad assumere. Ebbene la manovra prevede la deducibilità dell’intera componente relativa alla quota imponibile delle spese per il personale dipendente e assimilato. Inoltre viene introdotta una agevolazione consistente per le assunzioni di giovani e donne: l’importo deducibile per i lavoratori a tempo indeterminato è aumentato a 10.600 euro in rapporto ai lavoratori di sesso femminile, nonché per quelli di età inferiore ai 35 anni.

Infine viene introdotto un aiuto alla crescita economica (ACE) con una modifica relativa alla tassazione del reddito di impresa prevedendo la deducibilità del rendimento del capitale di rischio, è un sistema premiante per le imprese virtuose che, attraverso un meccanismo simile a quello previsto dalla dual income tax (Dit) introdotta dal governo Prodi, fornisce un incentivo alle imprese che decidono di trattenere in azienda gli utili conseguiti anziché distribuirli fra la base partecipativa. Nel complesso vengono messi a disposizione per il prossimo triennio  5,3 miliardi di euro per l’ACE e 3,4 miliardi per la deducibilità IRAP.

E’ perciò abbastanza singolare che venga proprio dall’ex ministro Tremonti l’idea che non ci siano provvedimenti per lo sviluppo: quelli citati sono sempre stati richiesti in questi tre anni e mai concessi da lui… Ed in realtà la manovra realizza ciò che Tremonti aveva promesso e non realizzato: dalle persone alle cose. Si tassa di più il patrimonio e si sgrava il lavoro.

Non ci sono tagli alla spesa

Vero, o meglio gli unici tagli ulteriori riguardano per 2,7 miliardi il sistema delle autonomie locali e per 1,5 miliardi la spesa pensionistica. Tuttavia lo strumento dei famosi tagli orizzontali non poteva essere proseguito. Ciò che è importante è che il Governo agisca con determinazione con i due strumenti che, per iniziativa del PD, gli sono stati messi a disposizione con l’ultima manovra del governo Berlusconi: l’attuazione della cosiddetta spending review (una revisione generalizzata della spesa in direzione di una maggiore efficienza) e del piano di riorganizzazione della pubblica amministrazione, eliminando sovrapposizioni, ridondanza di enti, ecc. Primi segnali sono presenti in questo campo: ad esempio con l’unificazione degli enti previdenziali che nel tempo consentirà un sensibile risparmio di spesa. Bisogna proseguire con determinazione: se si parla di eliminazione delle province non si deve anche parlare di accorpamento delle prefetture e di tutta la struttura provinciale dei ministeri?

Non c’è equità

Quando si è costretti a chiedere un contributo anche a chi ha molto poco è inevitabile che si avverta una idea di mancata equità. Per chi ha meno anche il poco costa molto. Tuttavia l’equità va vista sotto un altro profilo: cosa sarebbe successo se evitando questi sacrifici sarebbe avvenuto il fallimento? Come ha osservato il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ci sarebbero stati 10 milioni di nuovi poveri: pensioni e stipendi falcidiati, meno posti di lavoro, tagli ulteriori dei servizi pubblici, risparmi compromessi, inflazione alle stelle, ecc. Questa era la vera macelleria sociale. In ogni caso il passaggio parlamentare ha fatto parecchio in direzione di una maggiore equità. Gli interventi effettuati sulle pensioni (piena indicizzazione fino a tre volte il minimo e ammorbidimento dello scalone sull’anzianità) comportano rispetto alle previsioni iniziali del governo un aggravio di spesa nel triennio di 5 miliardi di euro: sono 5 miliardi in meno richiesti ai cittadini. L’intervento sull’IMU ha notevolmente innalzato la soglia delle famiglie che saranno esenti dal tributo sulla prima casa. Circa il 30% sono i contribuenti che stanno sotto la soglia della franchigia dei 200 euro. Se si calcola l’ulteriore franchigia di 50 euro per ogni figlio arriveremo ad una esenzione di quasi il 40% delle famiglie: era la situazione equilibrata della riforma Prodi: esenzione ICI sulla prima casa per le famiglie meno abbienti.

Cosa manca veramente?

I dati dei mercati finanziari ci dimostrano che purtroppo la fiducia nei confronti della capacità dell’Italia di onorare il proprio debito è ancora molto debole. L’inevitabile riflesso recessivo di una manovra così rilevante, che si aggiunge alle due precedenti, pesa sulle prospettive di crescita, con il rischio di un avvitamento: meno crescita, meno entrate fiscali, rapporto debito/PIL che non diminuisce. Non si poteva fare diversamente: la premessa per avere un sistema euro e una conseguente protezione era intanto adempiere agli impegni assunti (tra l’altro dal governo precedente, con la Lega determinante, è bene ricordarlo sempre).

Naturalmente seguiranno altri provvedimenti nelle prossime settimane: misure per la crescita, le liberalizzazioni, i risparmi di spesa.

Io penso però che ciò che manca veramente sono due cose.

La prima è un impegno politico più diretto da parte di chi sente il dovere di salvare l’Italia. La Lega (o una parte della Lega) ha un altro progetto: attraverso una crisi distruttiva dell’economia italiana e se possibile un sovvertimento del sistema dell’euro, aprire una prospettiva secessionista. Di Pietro purtroppo conferma che nei momenti di difficoltà non sa sfuggire alla tentazione populista di parassitare consensi ai danni dei potenziali alleati. Ma gli altri? La casa brucia e si sono chiamati i pompieri. Ma se i pompieri non bastano? Basta votare i provvedimenti e magari criticarli nel paese e prenderne le distanze? Bisogna far capire a livello internazionale che c’è una solida maggioranza politica che si assume pienamente le responsabilità, anche oltre la scadenza del 2013. Chiunque vinca si mantiene l’impegno del risanamento. Perciò un impegno politico più diretto e forte ora: non si tratta solo di lasciar lavorare il governo, occorre anche orientarlo e sostenerlo e un esplicito impegno per chi ci sta a sottoscrivere un patto per il risanamento anche per dopo le elezioni. Non necessariamente un governo insieme, ma una condivisione nella difesa degli interessi strategici del paese.

La seconda è che il Governo si convinca che è necessaria una ambiziosa politica di concertazione con le parti sociali. Che metta ognuno di fronte alle proprie responsabilità. Per cambiare insieme ciò che non va, per lavorare insieme su un progetto di crescita economica del paese. Le norme legislative non sono tutto. Occorre una convinzione, una condivisione di un progetto, che influisca sui progetti di investimento, sulle relazioni sindacali sui luoghi di lavoro, sulla capacità dio rappresentare nelle decisioni gli interessi dei non inclusi.

Se così sarà ce la potremo fare.

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4 commenti

  1. Walther 52
    27 dicembre 2011

    On.

    Lo scalone è veramente insopportabile! e che dello sconto a 64 anni ne possano usufruire solo i lavoratori privati (e non i pubblici e gli autonomi) è veramente ODIOSO !!!!


  2. Alessandro
    29 dicembre 2011

    Caro senatore, parliamoci chiaro, politicamente vi siete venduti a Berlusconi, e soprattutto avete venduto l’Italia.
    Berlusconi comanda come e più di prima e voi per codardia avete lasciato a lui le redini, il risultato si vede, i poveracci saranno ancora più poveracci mentre i grandi ladri portano i soldi all’estero.
    Giaretta, il PD è ormai un partito di destra, ne più ne meno del PDL, è un ectoplasma, un amorfo, un’ameba che sarebbe bene morisse subito per lasciare posto a qualcosa di nuovo e solido che abbia veramente a cuore gli interessi della povera gente, voi radical chic che passate il tempo tra Roma, Parigi e Cortina dovete scomparire, magari dando in beneficenza i tanti soldi che avete accumulato e che non vi siete meritati, come vede caro Giaretta io parlo chiaro e non ho peli sulla lingua, se ne vada Giaretta, per il bene di tutti. E pensare che vi votavo, ma quanto stupido sono stato.


  3. Paolo
    6 gennaio 2012

    Bisogna tener conto che il dipendente pubblico ha un grande vantaggio che il privato non ha: la sicurezza del posto di lavoro, e questo giustifica lo sconto nella fase di passaggio


  4. Paolo
    6 gennaio 2012

    Naturalmente non sono d’accordo e con me i milioni di italiani che votano il PD. Per il resto non passo il mio tempo a Parigi e Cortina


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