Democrazia e legge elettorale

Pubblicato il 20 ottobre 2012, da Relazioni

Tavola rotonda organizzata dall’associazionismo cattolico, Padova, 15 ottobre 2012

La presenza così numerosa questa sera di cittadini interessati ad approfondire le prospettive della democrazia italiana, altrettanto numerosa di quelle che si sono realizzate in città per ascoltare testimoni preziosi alle giornate del libro, dimostra che dietro il distacco, i dati impietosi della lontananza dai partiti e dalla politica, si manifesta una voglia di capire e di partecipare, ed è importante che la sensibilità si manifesti dentro l’associazionismo cattolico, che molto da alla convivenza cittadina nell’impegno civico.

L’ultimo bel libro del card. Ravasi, Guida ai naviganti, ci richiama il versetto di Isaia 41,28, che a me sembra ben descriva il disorientamento del cittadino in questa fase: “Guardai: non c’era nessuno capace di consigliare, nessuno da interrogare per avere una risposta”. E’ il disorientamento odierno di fronte alle delusioni di quella che abbiamo chiamato seconda repubblica: di chi fidarsi, a chi chiedere risposta, chi capace di indicare la strada? E il cittadino avverte una solitudine, che a seconda del carattere lo porta all’isolamento del non voto o alla fuga populista o utopica.

Travolti dalla cronaca quotidiana, dall’emergere di nuovi scandali, nuove sconfitte, nuove difficoltà rischiamo di non ricordare le ragioni profonde di questo smarrimento. Il fatto che la storia della cosiddetta seconda repubblica sia stata la storia di grandi illusioni e grandi delusioni, in tutti i campi dello schieramento politico. La madre di tutte le delusioni successive è stata l’illusione che il paese potesse riscattarsi per via giudiziaria con lo strumento di “Mani Pulite”: il grande lavacro che avrebbe dovuto far nascere la Repubblica degli Onesti, e che purtroppo attraverso l’indignazione civile ha prodotto un periodo in cui l’etica pubblica e quella privata hanno smarrito la strada. Non voglio qui fare polemiche di tipo politico, ma non c’è dubbio che l’eredità di Mani Pulite è stato un periodo in cui l’appello alla furbizia, al successo individuale, ad una idea debole della legalità ha spesso trovato il consenso di una maggioranza di cittadini.

E poi le illusioni che nuovi soggetti politici riuscissero ad offrire stabili ristrutturazioni del sistema politico italiano. Invece nei diversi campi risultati non all’altezza delle aspettative. Penso al mio campo: la nascita dell’Ulivo e la vittoria di Romano Prodi, poi caduto in parlamento per le divisioni interne. Il nuovo inizio con il Partito Democratico e poi la caduta di Veltroni. Nel campo del centrodestra la discesa in campo di Berlusconi con la promessa di un’Italia nuova con un profondo rinnovamento e abbiamo visto come è finito, qui la nord la Lega e l’illusione di alcune parole d’ordine, il federalismo innanzitutto, che non hanno avuto seguito.

E il cerchio si chiude con una politica che ritorna prigioniera dei tanti episodi di malaffare. Se possibile mostrando un lato ancora peggiore: politici protagonisti di una vita dissipata, che rubano per coltivare l’illusione di una vita da neo ricchi, degni dei “cinepanettoni”. L’espressione di quel disastro antropologico su cui invitava a riflettere qualche tempo fa il card. Bagnasco.

Eppure non è il tempo del pessimismo che si traduce nel ritiro privatistico. Nel consolante “tanto non c’è niente da fare, sono tutti eguali” che è in realtà l’espressione di un alibi ricercato nel non voler far la fatica di misurarsi con la dimensione pubblica dei problemi. Il mondo cattolico con varie iniziative, dalla bella esperienza di Retinopera, ai Convegni di Todi, alle belle iniziative a livello diocesano con le scuole di formazione politica segnala una ripresa di attività e di riflessione. E d’altra parte la democrazia è davvero a rischio quando alla crisi economica che porta con sé gravi conseguenze sociali, fa venir meno diritti fondamentali, ragionevoli sicurezze di non essere lasciati soli si aggiunge una sfiducia nelle istituzioni, un loro cattivo funzionamento. La storia ci insegna i pericoli. Negli anni ’30 del ‘900 la Germania scivolò nel gorgo della più feroce dittatura, gli Stati Uniti seppero invece trovare la via d’uscita di una più solida democrazia con il new deal di Roosevelt.

Perciò dobbiamo lavorare perché prevalga la buona politica.

In fondo questa sera ci si chiede quale legge elettorale possa favorirne il ritorno e se il testo che è stato approvato a maggioranza in Commissione al Senato possa essere una buona base di partenza. In queste ore sono in corso incontri per vedere se si possano trovare delle soluzioni condivise; credo che lo sforzo sia sincero e mi auguro che si riesca a trovare un punto d’incontro.

Una buona legge elettorale deve dare soluzioni soddisfacenti a due problemi: come garantire una piena rappresentanza del corpo elettorale, con un rapporto vitale tra elettori ed eletti e come garantire la governabilità del paese, favorendo l’uscita dalle urne di una chiara e coesa maggioranza politica. E’ esattamente su questi due piani che si è dimostrato il tragico fallimento del Porcellum. Recidendo completamente il rapporto tra elettore ed eletto, con liste bloccate e nessuna possibilità per l’elettore non solo di scegliere il proprio rappresentante, ma neppure di conoscere chi sia e valutarne la personalità. Introducendo un premio di maggioranza alla coalizione, conteggiato su tutti i voti espressi a favore dei partiti della coalizione, anche quelli che non hanno superato il quorum minimo. Con ciò incentivando la formazione di coalizioni eterogenee, mettendo insieme tutto il possibile anche micropartiti fittizi per raggiungere il premio di maggioranza, con nessuna garanzia di una tenuta successiva. E difatti le coalizioni non hanno retto alla prova del Governo.

Purtroppo il testo approvato in maggioranza dalla commissione in senato non risolve questi problemi.

Infatti prevede ancora il premio di maggioranza di 12,5 punti alla coalizione e non al partito maggiore, lo sbarramento si riduce al 4% consentendo ancora una notevole frammentazione nella rappresentanza parlamentare. Tra l’altro il premio il premio verrebbe teoricamente attribuito anche se non ce ne fosse bisogno: una coalizione che raggiungesse il 60%  avendo quindi un amplissimo margine di governabilità riceverebbe egualmente il premio aggiuntivo!

Il problema del legame eletto/elettore viene risolto reintroducendo il sistema delle preferenze per 2/3 degli eletti. Non sono tra quelli che demonizzano il sistema delle preferenze che del resto sono in essere per l’elezione dei consigli comunali, regionali e per il parlamento europeo. Tuttavia qui avremmo collegi grandissimi: nel nostro caso l’intera regione per il senato, quattro province per la Camera. Un territorio così vasto, con partiti debolissimi affida il meccanismo del voto di preferenza a media costosissimi, con il rischio delle derive che abbiamo visto: compravendita di voti, voto di scambio, ecc. Rischia di prevalere il più forte economicamente. Altro è competere su collegi piccoli in cui il rapporto personale prevale.

Mi auguro naturalmente che sia possibile superare questi limiti. Tuttavia  vorrei anche dire che non si può rinchiudere tutto nei meccanismi elettorali. Non saranno le regole elettorali da sole a ridare reputazione e credibilità alla proposta politica. Ridare per via matematica ciò che non si ha per la via principale della politica.

Potremmo riandare alle parole che un intellettuale rivolgeva al leader politico per consigliarlo. Era un tempo difficile, di passaggio come il presente. Il celebre scrittore Claudiano si rivolge all’imperatore Onorio. Siamo nel IV secolo dopo Cristo, l’impero romano d’occidente sta cadendo sotto i colpi dei Visigoti ed Onorio sente vacillare il trono. Ed ecco il consiglio di Claudiano: “Né le guardie, né le barriere di lance ti proteggeranno come l’amore del tuo popolo. E l’amore non può essere estorto, è il frutto della reciproca fiducia e lealtà”. Potremmo dire: nessuna legge elettorale può ovviare alla mancanza di fiducia del popolo. E la fiducia non si riconquista con protesi elettorali ma recuperando pienamente un rapporto di consenso.

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