E questa legge elettorale? Vogliamo muoverci?

Pubblicato il 8 novembre 2012, da In primo piano

Molti commenti, anche autorevoli (Romano Prodi) sulla bontà della legge elettorale americana. Si dice”lì alla sera stessa si sa tutto, magari fosse così in Italia”. Per la verità anche in Italia alla sera delle elezioni si sapeva che aveva vinto Prodi nel 2006 e Berlusconi nel 2008, anche se poi la durata dei governi è stata quella che è stata. Ora c’è un po’ di mania esterofila sulle perfezione delle leggi elettorali altrui. D’accordo, si saprà tutto  subito, ma non è che non vi siano i problemi. Intanto come abbiamo visto nella passata legislatura e nelle futura le governabilità resta precaria: il presidente eletto è senza maggioranza alla camera dei deputati, perciò è stato e sarà costretto ad una defatigante trattativa sulle leggi, come abbiamo visto per la riforma sanitaria, uscita depotenziata dal braccio di fero parlamentare o per le leggi fiscali. Oppure non possiamo pensare che sia ottimale un sistema che nel 2002 ha assegnato a vittoria per qualche centinaio di voti (dubbi) della Florida. Senza parlare degli enormi costi: se si mettono insieme quelle per le primarie dei partiti e quelli per le elezioni vere e proprie si supera l’incredibile cifra di 10 miliardi di dollari. Possono essere grandi donatori oppure grandi interessi, sempre con condizionamenti: per escludere chi non li trova, per compensare chi li ha dati. Per Obama il 55% dei finanziamenti sono venuti da piccole donazioni, inferiori a 200 dollari, però resta un 45% di grandi donatori che vengono ricompensati in vario modo. Ad esempio il 59% dei nuovi ambasciatori nominati da Obama è costituito da suoi finanziatori che certamente non hanno alle spalle una carriera diplomatica. Quanto alle regole delle primarie  secondo un recentissimo studio pubblicato dal Huffington Post la partecipazione alle primarie di qualsiasi tipo, dalla selezione dei candidati al congresso, ai sindaci, ai governatori fino ad arrivare ai candidati alla presidenza è fortemente diminuita attestandosi su percentuali che faticano ad arrivare al 10 % degli elettori effettivi, quelli che votano, che come si sa debbono intraprendere un percorso a ostacoli per iscriversi ogni volta alle liste per esercitare il diritto di voto ad ogni tornata elettorale. Qualche riflessione per i critici delle regole delle nostre primarie e per i critici del sistema del finanziamento pubblico della politica.

Si riuscirà in Italia a cambiare questo maledetto porcellum? Il colpo di mano effettuato in Commissione dalla veteromaggioranza PDL, Lega, UDC darebbe origine ad un disastro che ci porterebbe vicino alla frammentazione greca. Porre il premio di maggioranza per la coalizione che supera il 42,5% vuol dire che nella concreta situazione italiana è un premio che non esiste nella realtà e passeremo ad un sistema proporzionale puro, con l’impossibilità di vedere uscire dalle urne una maggioranza politica qualsivoglia e nessuna certezza che si possa formare in parlamento. Poi prevedendo un sistema di preferenze in collegi vastissimi a base regionale, con i problemi di distorsione evidenti (condizionamento del voto dalla potenza economica o da voto di scambio)

Può essere una provocazione? Può darsi, perchè devo dire che il PD è stato troppo tentennante. Forse (e mi dispiace) la tentazione di tenersi il porcellum senza dirlo, come sistema in grado di garantirci una solida maggioranza parlamentare (alla Camera ma non al Senato!) pensando di essere certamente la coalizione più forte. Oppure pensare di poter imporre una legge a favore nostro che siamo (speriamo) frontwinner senza avere però la maggioranza né in Commissione né tantomeno in Aula.

Con un gruppo di senatori del PD avevo proposto un più coraggioso andare a vedere delle proposte del PdL: accettare la sfida dell’accoppiata presidenzialismo/ doppio turno alla francese. Certo una strada complessa avendo di fronte l’inaffidabilità di un Pdl in crisi di nervi e di leadership, ma sarebbe stata una proposta chiara di fronte al paese.

Comunque in queste ore si sta tentando una mediazione: portare la soglia per il premio di maggioranza del 12,5 al 40%, livello più realistico per l’attuale geografia politica, con un premio al primo partito in caso non scatti la soglia della coalizione del 10%: un invito all’aggregazione sia per la coalizione, sia attorno al partito più forte. Resterebbe il tema di come restituire al cittadino il diritto di scelta del parlamentare: preferenze o collegi? Vedremo, l’importante sarebbe che il confronto avvenisse su collegi piccoli, in cui la conoscenza diretta dei candidati dia un’arma efficace all’elettore.

E se non si riuscisse a fare nulla? Sarebbe grave, molto grave, ma a maggior ragione diventa vitale per il PD organizzare primarie (operazione complessa ma indispensabile ) per la scelta delle candidature parlamentari.

P.s. Certo che c’è un confine labile tra i meccanismi elettorali per assicurare la governabilità e la vera e propria manipolazione del voto. Mi segnala il collega sen. Ceccanti che ad esempio in Spagna dove formalmente c’è un sistema proporzionale, in realtà il meccanismo elettorale ha una sorta di premio implicito: Nelle due prime elezioni democratiche il partito Ucd vinse col 34,6% dei voti trasformato nel 47,4% dei seggi (12,8 di premio – 1977) e poi col 35% dei voti trasformato nel 48% dei seggi (+ 13 di premio – 1979).

Beati i paesi dove la governabilità è data dalla larghezza del consenso elettorale e dalla robustezza del rapporto di fiducia tra eletti ed elettori, piuttosto che dai meccanismi elettorali. Ma ce ne sono oggi?

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