La lezione della nascita di un partito

Pubblicato il 27 aprile 2013, da Relazioni

Curtarolo 25 aprile 2013

E’ meritevole la decisione dell’Amministrazione Comunale di Curtarolo di inserire nella celebrazione del 25 aprile oltre alla tradizionale e fortunata mostra del libro la presentazione di un libra sulla storia di un partito.

Perché il 25 aprile non è morto, come sproloquia Grillo nell’ansia di chiamare a raccolta tutti i rancori del paese per nascondere le sue responsabilità: molti voti e nessuna proposta per far uscire il paese dalla crisi.

L’anniversario della Liberazione non è solo memoria. Anche memoria, e c’è un dovere della memoria. Questo è il lascito preciso dei tanti martiri della Resistenza. “Non dimenticate” scrivevano, sui muri delle celle, sui bigliettini che riuscivano a far uscire dal carcere. Non dimenticare non tanto il loro sacrificio ma a quale bestialità può portare la mancanza delle democrazie, il rispetto dei fondamentali diritti umani.

La memoria non è retorica quando fruttifica nel presente e serva da guida. Per questo è importante la scelta di presentare il libro di Andrea Colasio “Vento del Nordest, storia e storie del Partito Democratico”. Poteva essere naturalmente anche la storia di un altro partito. Però la democrazia vive anche attraverso quel diritto dei cittadini previsto dalla nostra Costituzione di potersi associare liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.

E’ perciò la storia di un partito nuovo, che raccoglie eredità antiche ma anche liberi movimenti di cittadini nati al di fuori di una militanza diretta dentro partiti preesistenti.

Colasio fa un preziosissimo lavoro di scavo negli archivi, in scritti inediti, in documenti dimenticati. Emerge una storia che è molto diversa da quella che si accredita nei media. Partiti di anime morte, di apparati senza partecipazione popolare. Qui si racconta della fatica, della passione, della partecipazione di migliaia di cittadini e di gruppi dirigenti che pur con incertezze, richiami al conservatorismo di ciò che si è conosciuto e vissuto cambiano il loro partiti, mescolano esperienze e storie diverse, affrontano e rischiano le novità. Oggi sembra semplice, o si vedono solo i limiti ed i ritardi piuttosto che le aperture inedite,  ma è stato un percorso faticoso che poteva essere fatto solo con passione e determinazione.

Basta scorrere le pagine sulle storie che hanno segnato il passaggio dal partito Popolare alla Margherita, e prima ancora al fine della DC. Da una profonda tradizione della sinistra rappresentata dal PCI, per molti aspetti legata a miti del comunismo sovietico nelle sue non troppo lontane radici, con il coraggi odi fare i conti con la storia e aprirsi con la caduta del muro di Berlino, la svolta della Bolognina, i passaggi PDS, DS, Ulivo, Partito Democratico. La straordinaria stagione della nascita dell’Ulivo, anche qui con documenti inediti che illuminano passaggi poco noti, con la decisione di prodi e dei suoi collaboratori di rischiare la nuova iniziativa. E poi la specificità del territorio veneto. Con una costante aspirazione dentro i partiti tradizionali di mantenere una struttura fortemente legata al territorio con le sue peculiarità, in contrasto con il centralismo romano e fuori dai partiti il tentativo di creare aggregazioni in cui la rappresentanza territoriale fosse un fattore identitario. I tentativi fatti con il movimento dei Sindaci, presto fallito, ma che si inscriveva dentro la forte cultura autonomistica che aveva caratterizzato il sistema amministrativo veneto, peculiarità della esperienza della Democrazia Cristiana veneta. Colasio ricorda la famosa intervista di Toni Bisaglia in cui il ministro vagheggia la possibilità di una evoluzione della Dc verso il modello tedesco, con la specificità della Dc bavarese, noi saremmo pronti, diceva Bisaglia, ma a Roma no. Pensiamo quanto diversa sarebbe stata la storia se ci fosse stato quel passaggio.

Colpisce l’emergere della ricchezza del dibattito interno: congressi, mozioni, documenti, proposte innovative. Basti pensare per esempio che al primo congresso del PPI veneto nel 1993 già parlava di limiti di mandati e di primarie per la scelta delle candidature.

E’ una lettura utile anche per l’attualità. Costruire è sempre faticoso, distruggere e dividere molto più facile. Un partito, per assolvere a quel compito costituzionale di consentire ai cittadini di partecipare con metodo democratico alal vita della nazione deve poter esprimere un proprio pensiero, una propria visione. Deve costituirsi in comunità caratterizzata da un comune terreno di rispetto reciproco. Lo ha ricordato bene Bersani nei giorni scorsi: non basta collocarsi in un campo politico, occorre essere un soggetto politico, in cui i cittadini ed i militanti hanno lo strumento della partecipazione, ma delegano anche una parte della propria soggettività per poter avere la forza di un cammino insieme. E se  un partito perde totalmente la propria autonomia, diventa succube delle variabili correnti di opinioni emotive diventa uno strumento inutile per la democrazia. Ascoltare, capire, elaborare una risposta matura, decidere, di questo è fatta la vita democratica. E come ci ha detto Bersani cosa succede della gente che dobbiamo aiutare se diventiamo inservibili noi?

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1 commento

  1. Mario
    27 aprile 2013

    Curtarolo è orgogliosa della vostra partecipazione, nel raccontare la storia politica degli ultimi anni.Grazie.


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