La Siria, Papa Francesco, Obama e Putin

Pubblicato il 8 settembre 2013, da Cattolici e società,Nel Mondo

La veglia di preghiera promossa da Papa Francesco è stato un alto momento di spiritualità, che ha coinvolto tante persone in tutto il mondo, di fedi diverse o con l’unica fede nei confronti della dignità dell’uomo.

Non vi era da aspettarsi indicazioni pratiche per la soluzione del conflitto, né l’annuncio di iniziative diplomatiche, né proposte. Non era quella la sede e non erano quelle le motivazioni.

Parole forti però. Il richiamo alla necessità che il mondo possa essere “la casa dell’armonia e della pace” e che se non c’è l’armonia non c’è una “disarmonia”. “O c’è armonia o si cade nel caos, dov’è violenza, contesa, scontro, paura…! quando si rompe l’armonia, succede una metamorfosi: il fratello da custodire e da amare diventa l’avversario da combattere, da sopprimere. Quanta violenza viene da quel momento, quanti conflitti, quante guerre hanno segnato la nostra storia! Basta vedere la sofferenza di tanti fratelli e sorelle. Non si tratta di qualcosa di congiunturale, ma questa è la verità: in ogni violenza e in ogni guerra noi facciamo rinascere Caino. Noi tutti!.. abbiamo perfezionato le nostre armi, la nostra coscienza si è addormentata, abbiamo reso più sottili le nostre ragioni per giustificarci. Come se fosse una cosa normale, continuiamo a seminare distruzione, dolore, morte! La violenza, la guerra portano solo morte, parlano di morte! La violenza e la guerra hanno il linguaggio della morte!”papafrancesco-veglia-siria011

Sono parole non nuove, tante volte dette in tutti le sedi dai Papi. Da Papa Giovanni II in occasione della guerra in Irak, di fronte a piazze traboccanti di bandiere della pace, da Paolo VI, con le parole che ha richiamato Papa Francesco pronunciate nel 1965 di fronte all’Assemblea delle nazioni Unite: “Non più gli uni contro gli altri, non più, mai!… non più la guerra, non più la guerra!» E ancora «La pace si afferma solo con la pace, quella non disgiunta dai doveri della giustizia, ma alimentata dal sacrificio proprio, dalla clemenza, dalla misericordia, dalla carità”. E prima ancora in particolare Pio XI e Pio XII, di fronte al prepararsi dei drammi della Seconda Guerra Mondiale.

Si potrebbe dire: perciò parole inutili, sempre inascoltate. Sono però parole che vanno ridette. Perché un nuovo modello di sviluppo, un nuovo sistema di relazioni tra gli uomini e gli stati che rimuovano la radice dellal violenza richiedono ciò che ha ricordato il Papa: “Ognuno si animi a guardare nel profondo della propria coscienza e ascolti quella parola che dice: esci dai tuoi interessi che atrofizzano il cuore, supera l’indifferenza verso l’altro che rende insensibile il cuore, vinci le tue ragioni di morte e apriti al dialogo, alla riconciliazione: guarda al dolore del tuo fratello – penso ai bambini: soltanto a quelli… – guarda al dolore del tuo fratello, e non aggiungere altro dolore, ferma la tua mano, ricostruisci l’armonia che si è spezzata; e questo non con lo scontro, ma con l’incontro! Finisca il rumore delle armi! La guerra segna sempre il fallimento della pace, è sempre una sconfitta per l’umanità.”

Il resto spetta ai capi dei popoli. Obama mai così solo nel proprio paese e nel consesso internazionale. Gli è vicino solo la Francia (ma fino a quando, un altro paese governato dalla sinistra…). Un uomo che aveva suscitato tante speranze per una nuova stagione dell’umanità per la stessa sua storia, per la possibile chiusura della lotta all’impero del male di Bush e soci, teoria quanto mai perniciosa, addirittura Premio Nobel per la Pace senza nulla aver fatto se non aver fatto sognare un mondo diverso. Indignato per la violazione dei diritti umani in Siria ma senza altri strumenti che quelli bellici. Diciamolo: lasciato solo non solo in una eventuale avventura militare ma anche nel costruire una strada alternativa.

Chiediamo molto ad Obama: sostanzialmente di perdere di credibilità, scontando indubbiamente errori che lui ed il suo staff hanno commesso. Chiediamo molto e c’è sempre un antiamericanismo di fondo che emerge, così si occupa, sia pur simbolicamente, la base americana di Vicenza.

Ma a Putin non abbiamo nulla da chiedere? Non solo sul piano della politica autoritaria e repressiva praticata in Russia, con ripetute violazioni delle libertà democratiche, ma anche sul piano internazionale. Perché se la situazione siriana è quella che è una forte parte di responsabilità ce l’ha la Russia. Che ha sempre alimentato la macchina bellica siriana, che ha protetto senza alcuna richiesta sul piano della libertà il regime siriano, che considera la Siria un proprio protettorato, con la risorsa geostrategica dello sbocco al Mediterraneo per la propria flotta militare.

Penso che potrebbe fare molto per la pacificazione della regione la Russia, molto più degli USA. Sarà forse bene che questo emerga. Le responsabilità di Obama sono in questo campo inferiori a quelle di Putin.

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