de Blasio insegna

Pubblicato il 7 novembre 2013, da In primo piano

I risultati delle lezioni di New York andrebbero davvero approfonditi. Non per ridurli (vizio della politichetta italica) alla dimensione del cortile domestico. Il povero Vendola, con l’Ilva sul groppone, che si precipita a rivendicare la somiglianza tra Sel e De Blasio. Lo sport sempre presente di appropriarsi delle vittorie altrui. Meglio allora quelli di Sant’Agata dei Goti che hanno avuto l’onore della citazione…

Si tratta di comprendere i processi di una città vitale come New York, multietnica per definizione, a cui Bloomberg era comunque riuscito a ridare una spinta alla crescita in cui De Blasio vince sulla promessa di una cittadinanza più estesa. Non che anche i ricchi devono piangere, ma piuttosto che anche i ricchi devono partecipare al bene della coesione sociale. E vince anche capovolgendo un po’ il classico percorso: alle primarie si punta sull’identità e la distinzione del proprio messaggio e poi alle elezioni si annacquano le proposte. Dalle analisi che ho letto invece la forza del Sindaco è stata quella di mantenere una coerenza nel messaggio. Nessuno resti indietro prima e nessuno resti indietro dopo, ma cercando di convincere che tutta la città ha da guadagnare se si correggono gli eccessi di diseguaglianze, le eccessive esclusioni, le separazioni. Facendo della sua “scombinata” famiglia multietnica un punto di forza invece che un punto di debolezza.deblasio

Osserva un osservatore attento delle cose americane come Guido Moltedo su “Europa” che “la gran parte dei vincitori in questa tornata elettorale, incarnano proprio il tipo del politico che si oppone con forza all’estremismo (il Tea party e i suoi candidati sono infatti i grandi sconfitti) proponendo un metodo politico che – come scrive The Atlantic – «subordina il principio all’efficacia». Sono politici “crossover”, in grado di parlare ai neri dei ghetti come ai tycoon di Wall Street (de Blasio) e che punteggiano la loro campagna di messaggi a tutto campo.

Poi naturalmente resta la prova dei fatti, perché nel giorno del successo diffuso di candidati democratici Obama tocca con il 39% il punto più basso di gradimento della sua esperienza presidenziale.

Ci sono però da tenere presente due numeri nel successo di de Blasio: vince con un incredibile 73,6% dei votanti, ma va ha votare solo il 24% degli aventi diritto. Anche lì una grande fascia di indifferenti o disillusi. Con due problemi. Uno di ordine generale, che riguarda strutturalmente l’efficacia della grande tradizione della democrazia occidentale, che non può vivere senza un rapporto di fiducia tra eletti ed elettori e perciò senza una partecipazione, a partire dalla contesa elettorale. E’ una crisi generalizzata, sia pure con diverse accentuazioni tra paese e paese, che deve fare i conti anche con un generale impoverimento di aspettative, prima ancora che di redditi reali.

Uno di tattica elettorale. Si conferma che vince non tanto chi convince gli elettori del campo avverso a cambiare opinione ma chi riesce a convincere i propri e i distaccati che val la pena di votare. Con un progetto convincente, con la capacità di suscitare una speranza, con la persuasività di una leadership.

Lezione che vale anche per casa nostra.

  • Facebook
  • Twitter
  • LinkedIn
  • RSS
  • Pinterest
  • Add to favorites
  • Print
  • Email

Tags: , , ,

Scrivi un commento