Fuorigioco – la sinistra contro i suoi leader

Pubblicato il 18 novembre 2013, da Relazioni e interventi

Mauro Calise, Fuorigioco – la sinistra contro i suoi leader, Laterza 2013

Gli avversari di Renzi tornano sempre più spesso su una critica: “il partito non può essere fatto da un uomo solo al comando”. Che può essere una osservazione sensata, oppure una grande banalità ed un grave errore. E’ sensato ritenere che una comunità complessa – come è necessariamente un grande partito radicato (almeno un po’) sul territorio e che esprime direttamente o indirettamente un grande numero di figure istituzionali – abbia bisogno di un collettivo che lo governi. Ma è tremendamente fuori dal tempo pensare che non vi sia bisogno alla guida di una personalità in grado di esercitare una leadership convincente e capace di ispirare la grande platea elettorale, che solo in parte minore è mediata dai partiti.

In ogni caso ai critici farebbe molto la lettura di questo saggio di Mauro Calise. Che non è impegnato nelle nostre primarie, ma è uno dei maggiori studiosi italiani di Scienza politica.

Perché il cuore del libro sta in questa affermazione, che Calise argomenta nel dettaglio, anche con una molteplicità di esempi: “il libro cerca di capire e di spiegare in che modo l’ultimo partito che issava la bandiera della collegialità sia stato messo knock out dal demone della personalizzazione. La risposta è che il PD è stato sconfitto due volte. La prima dal suo ostinato rifiuto ad accettare il fatto che una leadership forte, oggi, è un prerequisito del successo di ogni campagna elettorale. E rappresenta in tutti i paesi occidentali il miglior vaccino contro la degenerazione del partito personale. Ma la seconda e più dura sconfitta il PD l’ha subita al proprio interno, dove il virus della personalizzazione si è diffuso nella variabile più letale: quella del micro voto e dei micro notabili. Intenti a combattere una battaglia di retroguardia contro il fantasma del leader i democratici sono rimasti impigliati nel ginepraio delle correnti, antico carattere originario italiano”.calise

Ed è un paradosso che giustamente mette in luce Calise, perché è nel versante della sinistra che si è più tentato di affrontare il nodo così cruciale di un diverso rapporto tra leader, partito, elettorato, con il partito dei Sindaci, con l’Ulivo e poi con il PD.

Confondendo leadership con partito personale si è finito a dare largo spazio a capi carismatici nel fronte opposto. E’ interessante l’osservazione di Calise: “Con Grillo…l’archetipo berlusconiano si riproduce nella forma di un inedito centralismo cyberdemocratico che nel nuovo amviente del web riafferma gli elementi fondanti del successo del Cavaliere: controllo totale della comunicazione e dell’organizzazione:”

Credo che sia evidente a tutti che è impossibile che nel PD, per come è fatto, per i suoi militanti ed elettori, si replichi il modello autoritario del berlusconismo e del grillismo, ma certo potrebbe realizzarsi, e ce ne sarebbe bisogno, la presenza di un leader forte e determinato, che non si vergogni di esserlo, capace di ispirare e guidare l’elettorato.

Rimando al libro per gli approfondimenti, segnalando che c’è anche una parte intitolata l’uccisione del leader, che è la cronistoria di esperienze di 3 leadership distrutte dall’interno: Bassolino, Veltroni, Prodi. Utile memento per il futuro.

Senza speranza? No, anzi. Perché Calise osserva che gli altri sono messi peggio, e “in un paese che – con Berlusconi e Grillo – ha mostrato di essere all’avanguardia nell’invenzione di nuovi tipi di partito si può sperare che anche a sinistra – dopo averne tanto parlato a vanvera – qualcuno si misuri con il compito di fondare una “cosa nuova”. Invece di continuare a logorarsi con le vecchie maglie, senza accorgersi di essere finiti fuorigioco”. Forse un po’ ingeneroso perché il tentativo alla nascita del PD era serio e fondato. Si tratta di ripartire da lì.

 

 

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