Via le province: a quando via i prefetti?

Pubblicato il 28 dicembre 2013, da Politica Italiana

Nel dibattito politico sembra già dimenticata la natura dell’enorme mandato popolare ricevuto da Renzi: cambiare, e cambiare in fretta. Già rischiamo di avvitarci nell’eterna giostra del dire e non fare, promettere e non mantenere.

Per questo atteggiamento l’impegno non sta nel fare e fare di più, ma nel cercare di non fare o fare di meno.

Prendiamo l’esempio delle province. Subito la trasformazione in enti di secondo grado, amministrati da assemblee di sindaci, per la quale basta la legge ordinaria, poi la modifica costituzionale con la loro soppressione (a riprova che avevo ragione al tempo del governo Monti a insistere che si seguisse la strada maestra della riforma costituzionale, a quest’ora la soppressione delle riforme sarebbe in Costituzione: la rapidità conta meno della certezza). Per questo c’è chi grida ad un attentato alle rappresentanza democratiche (molti non hanno il coraggio di gridare ma si preparano a sabotare): ma chi mai si è appassionato alle elezioni provinciali? E quale migliore “rappresentanza” di quella affidata ai Sindaci, eletti direttamente dai cittadini? Ma per alcuni politici (ahimè presenti anche in casa nostra) l’importante è non fare nulla, magari rivendicando tutto e così mantenere in vita provincie di qualche decina di migliaia di abitanti. Spero che il Senato provveda in fretta alla definitiva approvazione. Perché poi il tema è andare oltre. Giusta la abolizione delle province ma si dovrebbe ricordare che c’è già nella legislazione vigente, introdotta dal Governo Monti su emendamento parlamentare (firmato anche da me) l’impegno ad una riorganizzazione delle prefetture e degli uffici periferici dello Stato. Si è dimostrato che per i compiti affidati alle prefetture basterebbe ed avanzerebbe una prefettura per Regione. Perché non si procede? Non è bello vedere che la lobby dei prefetti conta molto di più della lobby, ma in questo caso rappresentanza democratica, perché pur sempre eletti in elezioni libere dai cittadini, dei presidenti delle province. Via i prefetti scriveva in un famoso articolo nell’immediato dopoguerra il liberale Luigi Einaudi, futuro Capo dello Stato. Nei giorni scorsi i quotidiani hanno dato notizia di una lettera di diplomatici gay che chiedevano al nostro ministro degli esteri una piena equiparazione dei loro compagni/compagne allo status di mogli/mariti dei diplomatici. Giusto, non può essere accettata una discriminazione. Ma la notizia non è questa. La notizia è che nel mondo globalizzato della contemporaneità ci sono ancora settori burocratici che giocano al “ballo all’ambasciata”. Perché poi per status si intendono strutture e costi a spese dei cittadini: sedi prestigiose, spesso sproporzionate agli effettivi bisogni, personale di servizio, auto, ecc. Tutti benefit che sarebbero scandalosi per la casta politica. Ma perché la moglie (o il marito) del prefetto o dell’ambasciatore devono accedere a questi servizi pagati dai cittadini? Per una convenzione sociale che è sbagliata.

C’è perciò molto da fare, perché l’eliminazione di queste storture non si fa con un annuncio e neppure con una norma di legge, ma con un oscuro, continuo, determinato lavoro di convinzione, di verifica dei risultati. Per ottenere non basta essere efficaci nella comunicazione, nel creare una aspettativa: bisogna impegnarsi in questo oscuro lavoro, in cui spesso si confrontano poteri reali. Il trascurare questo aspetto toglie poi credibilità alla rappresentanza politica che annuncia, ma il cittadino non vede i risultati.

Così si preferisce prendersela con chi non c’entra. Qualche esponente dell’entourage di Renzi ha mugugnato contro il Presidente della Repubblica o meglio contro il Presidente del Consiglio che avrebbe ritirato il decreto salva Roma infarcito di norme estranee accettando l’imput del Presidente della Repubblica e non quello della Segreteria del partito. Il Presidente della Repubblica deborda dai propri compiti, avrebbero detto accodandosi a quello che sta diventando lo sport nazionale di una politica inconcludente. Sbagliando. Perché spetta esattamente al Presidente della Repubblica autorizzare la presentazione di un decreto legge, che deve contenere esclusivamente norme indifferibili ed urgenti e naturalmente rifiutarsi di firmare la legge di conversione se il decreto contiene norme che non hanno quelle caratteristiche. Ancora una volta il Presidente Napolitano deve intervenire in supplenza. A chi spettava evitare questa spiacevole situazione? Ai gruppi parlamentari naturalmente, ma poi al Presidente del Senato che avrebbe dovuto giudicare non ammissibili per estraneità di materia emendamenti che non avevano neppure lontanamente una parentela con la materia del decreto. Si conferma: le cose andrebbero molto meglio se ognuno facesse fino in fondo il dovere proprio invece di lamentarsi del dovere non compiuto dagli altri.

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4 commenti

  1. rodolfo bettiol
    28 dicembre 2013

    Condivido.Il fatto é che in questo paese si vuole che nulla cambi.


  2. Carlo Nizzero
    28 dicembre 2013

    Caro Paolo Giaretta, ti hanno già dato la risposta
    Tuttavia… no pasaran

    http://www.corriere.it/politica/13_dicembre_28/nel-paese-prefetti-meta-non-serve-b322d1ec-6f8a-11e3-9ff7-0d2561b96aeb.shtml

    Un prefetto per Provincia, anzi due
    Dal governo un’altra ondata di nomine
    I superburocrati superano quota duecento. Molti i neopromossi senza incarico. Negli stessi giorni ridotto di un anno il periodo di specializzazione dei giovani medici


  3. Fabio Tonello
    1 gennaio 2014

    Il numero dei prefetti e’il doppio delle attuali province
    Considerata l’eliminazione delle province e divenuti enti di secondo livelli vi sarà la necessità del commissariamento E ‘ corretto il pensiero che la nomina del governo abbia la funzione di esercitare provvisoriamente il compito dei presidenti di provincia?
    Un prefetto per regione, secondo il pensiero di Einaudi.
    Ma se il senato diviene camera delle regioni , non vi sarebbe la necessità di un rappresentante nominato del governo, il prefetto, in quanto il governatore ha le stesse funzioni
    Grazie


  4. klement
    7 marzo 2014

    Gli abolizionismi si fondano sul dogma che eutanasia e amputazione siano la cura per tutti i mali.
    Se gli enti elettivi costano, si tornerà al più economico Podestà fascista.
    Il Presidente della Provincia dovrebbe assumere funzioni di Ufficiale del Governo come già fa il SIndaco, e quindi svolgere molti compiti del Prefetto. Così ne basterà uno solo per regione, dedicato principalmente ai compiti per i quali occorre distanza dalla società locale, come l’antimafia.


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