Schifo e indignazione

Pubblicato il 5 giugno 2014, da In primo piano

Lo schifo viene prima dell’indignazione. Non so usare altra parola. Dopo l’Expo, i furti alla Cassa di Risparmio di Genova, il malaffare che porta all’arresto del vicesindaco di Verona ora la tempesta del Mose. Annunciata ma di dimensioni inaudite. Con il corollario dell’arresto del Sindaco di Venezia. Sui media di tutto il mondo. Reati diversi per gravità certamente. Però se le cose trapelate dai media fossero confermate egualmente gravissime. Non riesco a capire come un avvocato affermato, con uno degli studi professionali più redditizi in Italia, esponente di spicco delle borghesia veneziana, stimato amministratore pubblico e privato, che decide di candidarsi sindaco in una città sotto gli occhi del mondo, possa aver accettato di ricevere un finanziamento elettorale illecito per la cospicua cifra di quasi mezzo milione di euro. Che se anche fosse stato lecitamente erogato era eticamente inaccettabile. Perché un candidato sindaco non può accettare un contributo così cospicuo dal Consorzio Venezia Nuova, di cui da Sindaco diventa controparte. Perché si priva della libertà di giudizio, della sua indipendenza.

Ancora peggio la vicenda del Mose. Qui non siamo in presenza di casi di disonestà personale o di modi obliqui ed illeciti (ma del tutto riprovevoli con l’esperienza del passato) di finanziamento alla politica.galan

Qui c’è l’organizzazione scientifica di una circuitazione malavitosa, in cui non manca nulla. I massimi dirigenti di un partito (Forza Italia) trasformano il partito in una macchina esattiva, in cui ognuno si fa pagare lo “stipendio” che si misura in milioni di euro, in cui non c’è neppure l’alibi dei costi della politica. Semplice arricchimento personale. Atti amministrativi a pagamento. Si pongono al soldo di un padrone, quando l’unico padrone dovrebbero essere i cittadini. Una associazione che pervade tutti i gangli del potere amministrativo: non modesti impiegati che cedono alla tentazione di arrotondare lo stipendio, ma strapagati alti gradi della pubblica amministrazione: il generale della finanza, il presidente del magistrato alle Acque, il magistrato della Corte dei Conti. Tutti disponibili a farsi corrompere. E poi una rete di professionisti ed imprenditori. Più disponibili, anche i più grandi, che la forza ce l’avrebbero per cambiare, a seguire la scorciatoia delle tangenti piuttosto che la forza dell’efficienza aziendale. Il tentativo di associare l’opposizione. Il consigliere Marchese è stato allontanato dal PD da parecchio tempo, è una magra consolazione, bisogna saper prevenire. Ora per gli imputati minori in special modo occorre anche essere prudenti nei giudizi. Può darsi benissimo che vengano coinvolti senza alcuna vera responsabilità. Ma ciò che è emerso è sufficiente per giudicare il sistema: in Veneto un partito trasformato in centro criminale. Al soldo di una organizzazione criminale che ha teso a farsi potere unico sopra i legittimi poteri istituzionali. Questo partito è ancora nella giunta regionale. Zaia ne tragga le conseguenze.

Che fare? Certo, ci sono cose che riguardano i doveri della politica: leggi penali più severe, sanzioni accessorie adeguate. Basta alla tentazione delle leggi speciali. In Italia non servono a fare le opere più in fretta ma solo a creare macchine del malaffare. Invece procedimenti rapidi e snelli, con poche e ben individuate responsabilità (come abbiamo visto l’eccesso di controlli non controlla un bel niente, ma costituisce il potere che moltiplica le tangenti). Pochi centri di responsabilità e totale trasparenza degli atti. Questo ed altro da fare, compreso i partiti devono essere capaci anche di prevenire. Il PD ha regole severissime per il dopo. Ma occorre anche vigilare prima.

Tuttavia occorre capire che il problema principale è una caduta verticale del senso dell’etica pubblica. E la battaglia si vince solo se tutti diventiamo custodi più esigenti della legalità. Intolleranti anche con le piccole furbizie. Ognuno di noi, a partire anche dalle piccole cose. Perché c’è una enorme differenza in termini di danno economico tra chi si fa strisciare il cartellino senza lavorare e la cupola attorno al Mose, ma il principio è esattamente lo stesso: se posso rubo.

Non è vero che così fan tutti. Piuttosto quelli che fanno così vanno tutti puniti. Con la forza delle leggi ma anche con una condanna inesorabile dell’opinione pubblica.

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6 commenti

  1. Luca Tieppo
    5 giugno 2014

    Caro Paolo, (mi permetta di chiamarla così, senza forse il dovuto rispetto, ma unicamente perchè la ritengo una degna persona e io con le persone che rispetto amo avere un rapporto franco e senza barriere, da amici) solitamente sono d’accordo con lei nelle sue lucide analisi ed anche in questa mi ritrovo in gran parte.
    Quello che non mi trova d’accordo però è la parte in cui lei dice “Marchese è stato allontanato dal PD da parecchio tempo” quasi a giustificare l’operato del nostro partito in merito. Da militante convinto (ma non per questo acritico) la vicenda mi fa parecchio male perchè lede l’immagine del PD e soprattutto quella di migliaia di persone che per il PD lavorano ogni giorno, nei circoli e nelle amministrazioni, senza ovviamente chiedere nulla in cambio. Marchese è invece emblema di quella parte di partito legata ai vecchi sistemi clientelari e alla spartizione di potere (sia esso generato dall’appartenere a maggioranze di governo oppure anche a minoranze compiacenti come in questo caso). Nel consigliere Marchese avevo perso la fiducia da tempo (e come me tanti altri, veda la contrarietà di gran parte dei circoli del Veneto Orientale al momento di concedergli la deroga per il terzo mandato in regione),non tanto per questi problemi di natura giuridica ancora ignoti, quanto piuttosto per l’interpretare la politica come un modo per far carriera e gestire il potere. Ho fiducia nel PD ma non possiamo far finta che gente come Marchese o altri che sono uguali a lui, non ci siano all’interno del partito, e spesso purtroppo sopravvivono grazie alla connivenza di gente onesta come noi che nella migliore delle ipotesi non ha il coraggio di denunciare questo sistema e fa troppo poco per cambiarlo.
    Scusi lo sfogo ma sono davvero amareggiato. Speriamo qualcosa cambi.

    Cordialmente

    Luca


  2. Filippo83
    5 giugno 2014

    Veramente Marchese si autosospese dal partito, nemmeno un anno fa ed alle prime indiscrezioni sull’inchiesta; inoltre in Consiglio Regionale risulta ancora in quota PD. Quel “e’ stato allontanato dal PD da parecchio tempo” non corrisponde al vero, e sa tanto di excusatio non petita…


  3. Giovanna Pirolo
    5 giugno 2014

    Paolo ricordo sempre la tua dignità e il tuo comportamento grande nel periodo difficilissimo del 1992-93. E il tuo coraggio in Parlamento (2002). Con amicizia e stima immutate.


  4. Loretta
    5 giugno 2014

    Senatore grazie x le due riflessioni che condivido…Forse basta rileggersi un libro molto attuale ” I Padroni del Veneto”.


  5. livio baracco
    6 giugno 2014

    sono d’accordo, quello che manca è il senso morale che dovrebbe guidare le azioni di ciascuno. Questo, accompagnato da certezza di impunità, trasforma certa gente in quello che leggiamo. Che vergogna!


  6. Paolo
    6 giugno 2014

    Ringrazio tutti per questi commenti. Ogni persona onesta, ed in particolare chi si impegna o si è impegnato onestamente in politica, con responsabilità o come semplice militante, sente il peso intollerabile di questa vicenda. perché sappiamo che il fango sommerge tutti. E nel fango sono i ladri a cavarsela meglio. Su Marchese non mi accontento neppure io di sconfessioni formali (che pure ci sono state, cosa che in altri partiti non avvengono). Perciò non mi è piaciuta la nota della segreteria regionale che dice né Orsoni, né Marchese sono iscritti al partito. Vero, ma resta il fatto che Orsoni è il sindaco proposto dal PD e che per ricandidare Marchese si è addirittura data la deroga al principio dei due mandati. E certamente Marchese ha contato nelle primarie del PD. Non mi piace neppure la logica del capro espiatorio per cui ora Marchese sembra che non lo conosca nessuno. La domanda vera che dobbiamo porci è questa: il PD e prima del PD i partiti che c’erano ha fatto tutto il possibile in regione per combattere il sistema Galan, per la parte che era evidente? Oppure una contiguità con la realtà di un certo mondo cooperativo ha portato a pratiche associative, non certo nella illegalità, ma nell’accettare, o accontentarsi di una opposizione formale, sistemi in cui il mercato non c’entrava per nulla? Questa è la grande questione che dobbiamo prendere in esame. Anche per il futuro. perché l’avidità che emerge da tutto questo entourage è veramente ignobile. IL giudizio politico deve essere chiaro, per quello che riguardano le responsabilità personali è anche giusto aspettare almeno lo svolgimento del processo per meglio capire i confini esatti. Però gli elementi di giudizio ci sono tutti per condannare un sistema appunto ignobile


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