La bitonceide

Pubblicato il 1 ottobre 2014, da In primo piano

P1070843bisUn ottimo servizio sul foglio padovano del Corriere della Sera ha dato opportuni elementi di giudizio sul nuovo regolamento urbano presentato dalla Giunta Bitonci. Dai dati pubblicati dal Corriere risulta che molte norme che hanno suscitato critiche sono già nel regolamento vigente, altre erano previste nella proposta della giunta Rossi. Ed allora perché si lamenta il PD? Penso che molto conti l’uso che delle norme si fa.

A parte il fatto che il regolamento viene approvato dal Consiglio Comunale senza il numero legale a premessa dico che è una cosa molto di sinistra pretendere un uso corretto degli spazi collettivi. Che sono di tutti e perciò vanno rispettati da tutti. Noi che pensiamo che accanto al valore della proprietà privata sia molto rilevante il valore dei beni comuni dobbiamo essere attenti all’uso rispettoso di questi. Anche perché alla fine li usano di più i cittadini comuni dei ricconi. La libertà non ha nulla a che fare con la maleducazione o il disprezzo dei diritti degli altri.

Il punto, a parte qualche eccesso normativo che finisce per scadere nel ridicolo, è la cultura dell’individuazione dei nemici. Devo crearmi dei nemici come arma di distrazione di massa rispetto all’inconcludenza dell’azione.

Prendiamo l’esempio più semplice delle biciclette. Non è che sia un problema inesistente. Nei luoghi più frequentati, specie in centro, le biciclette si accumulano, spesso ostacolando il passaggio financo dei pedoni.

Ma perché bisogna fare diventare una cosa positiva (l’uso della bicicletta, mezzo non inquinante che occupa molto meno spazio dell’auto) una cosa negativa? Siamo una città universitaria, con una forte presenza giovanile, una città in cui la cultura della bicicletta è radicata anche nelle fasce più anziane, una città che ha una dimensione ottimale per l’uso del velocipede. La risposta può essere quella di ostacolare questa virtù? E cosa succederebbe se tutti coloro che usano la bici passassero all’auto o al ciclomotore? Cosa succederebbe dell’aria che respiriamo e della scorrevolezza del traffico?

La risposta non può essere il divieto, o guardare con dispetto alle piste ciclabile, o considerare il tram un nemico della città. Se un ciclista attacca la bicicletta al palo della luce è perché non trova altro spazio per chiuderla, ragionevolmente sperando che non gliela rubino…La risposta vera non può essere che quella di offrire spazi adeguati in sicurezza. Come ha fatto con un notevole impegno economico la scorsa amministrazione, come bisogna continuare a fare, anche con più coraggio. Non ci sarebbe niente di male ad esempio se una parte di Piazza Insurrezione venisse dedicata al parcheggio bici. Che non sono ospiti residuali nella città, ma mezzo moderno e razionale nell’offerta integrata del trasporto. Solo allora può aver senso multare bici fuori dagli spazi, se c’è l’offerta adeguata.

Bisogna avere coscienza dei limiti della cultura del divieto, e il divieto occorre riservarlo a fatti davvero importanti, con norma chiare e non discrezionali, pensando anche alla effettiva capacità sanzionatoria degli agenti comunali.

Se no diventano come le famose grida manzoniane. Che nessuno rispettava, ma che servivano al potere per usare la discrezionalità a proprio piacimento. Questo non va bene. Come faceva dire ad Amleto il buon vecchio Shakespeare “Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia”. Sì ci sono più comportamenti in città di quanti la fantasia del duo Bitonci/Saia possa immaginare di dover sanzionare. E che sia un Prefetto a doverlo ricordare è davvero singolare. L’educazione alla buona educazione più del manganello ha bisogno del buon esempio e dell’autorevolezza. Che quasi mai decade nell’autoritarismo.

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