Luca e Flavio: forza Alessandra

Pubblicato il 16 marzo 2015, da Politica Italiana

E’ un classico della storia politica doversi misurare con sconfitte inaspettate, dovute ad un eccesso di presunzione di sé e ad una sottovalutazione degli avversari. Forse è quello che ci è successo a Padova.

E’ presto per dire se nel Veneto questo sia l’errore fatto dalla Lega. Certo una battaglia semplice come impostazione in cui l’unico avversario era il PD (per una certa parte dell’elettorato “i comunisti”) è diventata molto più complessa.

Perché? Io penso che siano emerse alcune debolezze della politica leghista. Salvini si è immedesimato fino in fondo nel ruolo del leader padronale di un partito. Comandare da solo, un po’ esaltato dai buoni sondaggi. Noi del PD in particolare sappiamo che è in buona compagnia nel non accettare nessuno che gli possa fare ombra. Però Renzi ha ben altre qualità. Questo fatto di vedere in Tosi un avversario da uccidere prima che diventi troppo forte potrà funzionare se l’ambizione è solo quella di governare la Lega, ma è molto pericoloso per la partita veneta della Lega. Ben per noi con il caveat di cui dirò più avanti.moretti2

Eccesso di comando dittatoriale in Salvini, eccesso di servilità in Zaia. Un Presidente della Regione che si propone per ricandidarsi e accetta che equilibri nel partito e formula delle alleanze siano decise da altri dimostra una singolare debolezza. Mancanza di personalità e perciò inadatto a continuare il governo del Veneto. Rompe l’alleanza con NCD che è stato un leale collaboratore in giunta e naturalmente non ha avuto niente da dire sul permanere di assessori incriminati e si è tenuto Chisso finchè non è stato più possibile per arresto , ben sapendo che era il socio di Galan. Subisce un immotivato veto di Salvini che ha in mente la politica nazionale e fa pagare il conto al Veneto. Perché in Lombardia non ha alcuna obiezione al fatto che Maroni governi tranquillamente con il partito di Alfano. Ma in Veneto ritiene di poter scomandare. Altro che prima il Veneto.

Ora si capisce bene che Zaia minimizzi le potenzialità di Tosi, la propaganda lo comanda. Nessuno ha fortuna se esce dalla Lega dice. Può essere vero per il passato, ma oggi le condizioni sono profondamente diverse. Intanto per la personalità di Tosi che nel Veneto non è uno qualsiasi. E poi per lo spazio politico che si è creato al centro, con il declino di Berlusconi e la crisi di Forza Italia ridotta nel Veneto ai minimi termini, con un elettorato della scomparsa Scelta Civica che si è in gran parte rivolto al PD ma potrebbe cambiare idea. E la possibilità perciò di fare da aggregatore di un campo politico fin qui frammentato in partitini e senza leadership forte.

E noi del PD ci  freghiamo le mani? A prima vista sì, certamente una partita che era comunque contendibile si fa molto più aperta. E può scattare il meccanismo del bandwagon effect: la voglia di cambiamento c’è, se è credibile che vinca diventa ancora più attrattiva. Questa nuova situazione ci carica però di ulteriori responsabilità. Proprio perché è possibile vincere non possiamo permetterci di perdere. Perchè c’è anche l’altra faccia della medaglia. Se finora la battaglia era sostanzialmente bipolare, con il M5S a giocare in un altro campo, ora diventa tripolare e vi è il rischio che la proposta della Moretti possa entrare in un cono d’ombra rispetto allo scontro Tosi/Zaia. Diventerà importante la qualità ed efficacia delle proposte che la candidata saprà mettere in campo. Ha incominciato a farlo sabato scorso a Padova e bisogna continuare con determinazione. E poi c’è la carta Renzi. Che può essere decisiva nell’orientare la campagna elettorale. Ma spetta a noi veneti combattere in prima linea.

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