Le vittorie non bastano Servono anche le strategie

Pubblicato il 16 giugno 2015, da Dai giornali

Venezie Post, 16 giugno 2015

Se restiamo sulla superfice possiamo leggere questa tornata elettorale come una grande normalizzazione. Il centro destra consolida la guida della Regione (sia pure con rapporti interni profondamente cambiati, con la marginalizzazione di Forza Italia), consolida ed allarga la presenza nel sistema delle autonomie locali, con la storica vittoria a Venezia. L’episodio della rottura con Tosi non ha conseguenze immediate. Viceversa il centrosinistra vede drasticamente restringersi il suo perimetro, perde Venezia e conferma la perdita a Rovigo, storiche roccaforti della sinistra. Si esaurisce un ciclo che aveva visto ripetuti tentativi innovativi, una versione dell’Ulivo particolarmente attento al territorio, la Margherita, e Insieme per il Veneto, con un rapporto paritario con il filone post comunista, il Movimento dei Sindaci, le suggestioni del PD del Nord, fino alla ventata del renzismo.

La realtà è tuttavia più complessa. Zaia stravince, ma resta il fatto che, rispetto al voto di cinque anni prima, perde per strada più di 400.000 voti, fatto solo in parte spiegabile con la diaspora tosiana. La Lega vince ma la lista Zaia vince di più e ora che il Consiglio si è ufficialmente insediato, sarà da vedere se Zaia dimostrerà la capacità di formare subito la Giunta, o se dietro la vittoria schiacciante, non si nascondano comunque problemi di assetto politico e territoriale.. A Venezia vince il centrodestra, ma è più giusto dire che vince Brugnaro, con la sua lista civica che dominerà il consiglio comunale, con Forza Italia al 3,6% e la Lega che sotto al 10%.

Non direi che la situazione sia assestata. Elettorato molto mobile, che va poco a votare e si riconosce poco nei partiti tradizionali. Appena c’è una proposta al di fuori dagli schemi va a cercarla.brugnarozaia

E la situazione generale che resta complicatissima, nonostante più consistenti segni di ripresa economica. Perché la questione profughi può essere propellente per le campagne elettorali, ma può essere anche un propellente destabilizzante a livello europeo. Un’Europa che non esiste su quel fronte e mostra tutta la sua debolezza politica, una Europa che non sa come gestire la situazione greca. Non sono fattori positivi per irrobustire un ciclo di investimenti e di ripresa stabile.

Perciò conterà molto quello che concretamente si farà nel Veneto. Va bene, l’elettorato si è espresso chiaramente. Piuttosto della proposta del PD, alquanto misteriosa oltre il simbolo Renzi (che però non veniva lui a governare), si è preferita nettamente la conferma di Zaia. Ma poi? Ilvo Diamanti ha dichiarato, non troppo provocatoriamente che “Zaia nei cinque anni del suo mandato non ha fatto niente…i veneti non amano troppo i politici che si intromettono troppo nella loro vita. Questa è la terra dove l’individualismo è un valore assoluto, dove l’arte di arrangiarsi definisce la graduatoria sociale… Zaia l’ha capito benissimo ed ha assecondato questa propensione evitando di incidere in profondità e facendo poca politica”. Non credo però che possa durare a lungo l’illusione che i problemi si risolvono da soli. Bisognerà pure, per ritrovare la forza economica, far crescere la forza del territorio, che è data da buona infrastrutturazione, forte integrazione e coesione sociale, stimolo dei punti di eccellenza per la competizione internazionale. Serve il sistema Veneto più competitivo. Perché si possono pure vincere le elezioni ma se il mandato ricevuto (e mandato ampio) non si traduce in fatti strategici si finisce per perdere la gara che conta che è quella della buona crescita e del buon sviluppo.

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