Giustizia sociale: è una parola vecchia?

Pubblicato il 22 settembre 2015, da Pd e dintorni,Politica Italiana

In attesa di vedere la conclusione della vicenda Senato dopo la buona Direzione del PD partiamo dalla Grecia. Tsipras ha vinto la sua scommessa. Si è messo in gioco con coraggio ed è riuscito a convincere l’elettorato greco che lui fosse la carta migliore giocabile. E l’elettorato ha risposto con buon senso. Non poteva essere una alternativa ritornare nelle mani di un centrodestra che era il maggiore responsabile della crisi greca.

Naturalmente non è stata una passeggiata. Calo enorme dei partecipanti al voto che consente a Syriza di vincere con la stessa percentuale di gennaio ma perdendo oltre 300.000 voti. Ed essendo perciò ancora necessaria l’alleanza con il partito nazionalista ANEL. Il dato politico è che poi i dissidenti di Syriza, gli accusatori di tradimento, quelli del senza se e senza ma, alla prova del popolo non riescono ad entrare in parlamento. Si fermano al 2,86%. Hanno seminato sfiducia e non hanno costruito fiducia. Probabilmente hanno solo contribuito a far crescere l’astensionismo.

Per chi si lamenta poi dell’Italicum il sistema greco assicura un premio di 50 seggi (che è il 17% del Parlamento) alla prima lista, con un Parlamento greco monocamerale. Vuol dire, osserva il mio amico Stefano Ceccanti, che Syriza prende il voto del 17% degli aventi diritto, ma in Parlamento il meccanismo elettorale lo porta al 48% dei seggi. Qualche riflessione sull’eccesso di manipolazione dei sistemi elettorali andrebbe pur fatta.

Però vorrei portare la riflessione su un altro aspetto. C’è il risultato in Grecia, c’è il risultato delle primarie inglesi. In modo diverso anche le elezioni amministrative in Spagna. Ci sono tanti elementi. Per le primarie inglesi anche i voti di chi (in genere appartengono ai ceti più elevati) sono innamorati del proprio ego e preferiscono perdere nella purezza. Tanto loro non perdono niente. C’è una domanda di politica diversa per le generazioni giovanili che ritornano alla politica.Alexis Tsipras

Ma c’è un tema centrale di cui non parliamo più a sufficienza. Ne parla il Papa. Cresce la povertà e crescono le diseguaglianze. Non è proprio una novità, la novità è però che contemporaneamente vengono meno sicurezze sociali, ci sono le paure per la casa, la sanità, il lavoro. Cioè di restare soli. Io penso che le ricette dei Corbyn, o dei Tsipras prima maniera siano sbagliate e irrealizzabili (ed infatti alla prova del governo Tsipras ha dovuto cambiare) ma non è affatto sbagliata la voglia di rimettere al centro della politica riformatrice la questione delle povertà e delle diseguaglianze. C’è un popolo che era il nostro popolo che non si sente più rappresentato e che si rivolge altrove: al non voto, al disprezzo della politica, alle suggestioni dei partiti populisti che indicano i nemici in coloro che vengono da fuori.

E’ un tema che rimuoviamo dal dibattito pubblico o riserviamo solo parole generiche di circostanza. Non si tratta di un inutile pauperismo. Si tratta di politiche. Il lavoro si fa con il jobs act, con la decontribuzione, e si vedono gli effetti. Gli 80 euro hanno aiutato davvero, solo chi li spende per un giro di aperitivi non se ne è accorto. Ma restano fasce di lavoratori marginali per i quali rischia di non esserci niente. Senza lavoro non c’è dignità, anche se si ampliassero tutele sociali che pure ci sono per i lavoratori che perdono lavoro. Se non basta il lavoro privato occorrerebbero piani straordinari di lavoro pubblico. Oppure la casa. Certo che l’abolizione della tassazione piace. Ma c’è tanta gente che la casa non ce l’ha e mia potrà averla. Che non ce la fa neppure a pagare l’affitto. Che vive in modo precario e/o abusivo. Quando la politica si decide a riprendere un grande piano di edilizia popolare?

Sono esempi, ma poi è un problema anche di linguaggio e di presenza fisica. Ho la sensazione che molti nostri dirigenti noi siano mai entrati in una casa popolare e non frequentino più quelle che Papa Francesco chiama le periferie dell’umanità.

Se un sottosegretario ai bene culturali dichiara che l’assemblea del Colosseo costituisce un reato non è evidentemente idonea per il compito. E bisognerebbe provvedere. Io ho criticato quell’assemblea ma il compito del sottosegretario non è quello di dire fesserie. Sarebbe dovuto andare, durante o dopo, in quell’assemblea a spiegare perché non andava bene. Così facevano i dirigenti politici che hanno fatto grandi i partiti. Anche perché c’è una complessa riforma dei beni culturali da applicare. Bisogna essere all’altezza.

Oppure se una personalità del nostro partito si fa sorprendere a cena con il fratello di Dell’Utri cosa devono pensare i nostri elettori (tra cui mi ci metto anch’io). Che c’è una recita pubblica e poi una pratica privata…In cui non ci sono limiti.

E’ importante recuperare i voti al centro. Ma poi ci sono dei voti di un popolo che non solo servono per vincere, ma che corrispondono alla nostra vocazione di partito riformatore che pensa alla giustizia sociale. Se li perdiamo ci snaturiamo.

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4 commenti

  1. Luca Tieppo
    22 settembre 2015

    Caro Paolo,
    non mi soffermo sulle molte affermazioni che fa, legate al momento che stiamo vivendo, soprattutto sulle implicazioni in campo sociale, che condivido in toto.
    Volevo solo porle una domanda riguardo alla questione greca: nella mia ingenuità fatico a comprendere come una persona che reputo politicamente intelligente come Tsipras (lo ha dimostrato rischiando queste elezioni in cui si è liberato della zavorra ormai insostenibile a sinistra) continui a referire un’alleanza con la destra nazionalista piuttosto che col Pasok o con un centro meno antitetico alle idee che può esprimere Syriza.
    Che ne pensa?


  2. Sabrina Di Napoli
    22 settembre 2015

    Buona l’intenzione ma è un po’ arrampicarsi sugli specchi. Perchè le misure che colpiscono qualcuno e non tutti sono misure di diseguaglianza. In Italia siamo già soli, forse lei non se ne rende conto ma provi a star male davvero e a doversi curare davvero. E a non aver il denaro sufficiente per farlo. Provi a dover aver bisogno di un supporto sanitario per correggere una malformazione che la mutua non passa e a non aver soldi per comprarsela, a non trovare lavoro per potersi permettere di comprarla. Provi. Provi a dover chiedere aiuto a chi le vuol bene invece di avere la dignità di farcela da solo.Tzipras sceglie di salvare qualcuno in più, ma anche questa misura aumenta la diseguaglianza, perchè chi è fuori è fuori, questa è la verità del taglio alle spese dello Stato. Quindi non è una soluzione se non si scardina il no assoluto. E la politica non trova la forza di mediare.


  3. Paolo
    23 settembre 2015

    Caro Luca, è in effetti una grande contraddizione, che nasce però dal fatto che Tsypras è in fondo nata proprio contro il Pasok. Ora il Pasok dopo la disfatta di gennaio è stato l’unico partito (oltre ad Alba dorata) che ha guadagnato voti e potrebbe essere un interlocutore più coerente. Diciamo che con spregiudicatezza a gennaio non avendo i voti per governare Tsypras con il propgramma radicale che aveva immaginato non poteva trovare consensi con il Pasok o con Potamos, partito di centrosinistra. E ora non vuole mandare a mare un alleato con cui ha governato e forse ritiene opportuna una copertura a destra, per quel tanto di populismo e nazionalismo che c’è anche nella politica greca.


  4. Paolo
    23 settembre 2015

    Cara Sabrina non è un arrampicarsi sugli specchi. Non ne ho bisogno. Anche se nelle cose complicate bisogna arrampicarsi su pareti difficili, e ci sono passaggi esposti, come sanno gli alpinisti. Che nelle salite invernali trovano il “vetrato”.
    Comunque qui da noi (almeno al Nord) abbiamo una sanità con un sistema di welfare che non ha paragoni con molti paesi del mondo. Poi ci possono essere problemi da risolvere ma certo stiamo meglio di molti altri. provare ad andare negli Stati Uniti o in Ihghilterra, che pure fu la patria del sistema sanitario nazionale. Per il resto è ciò che sostengo nell’articolo: diseguaglianze e mancanza di lavoro richiedono un cambio di paradigma.


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