La Guarigione (di Bersani…)

Pubblicato il 29 settembre 2015, da Relazioni e interventi

Antonio Martini, La guarigione, Alba Edizioni, 2015

Antonio Martini lo abbiamo conosciuto a fianco di Flavio Zanonato Sindaco come addetto stampa (almeno una volta si chiamava così). Lavoro immagino complicato con una personalità come Flavio, che ha svolto con misura e competenza.

Ora lo conosciamo alla prova del primo romanzo. Altro lavoro, sempre di scrivere si tratta, ma qui non basta la tecnica e l’efficacia della scrittura, occorre che ci sia poesia, introspezione psicologica, capacità di raccontare creando l’intreccio. Mi sembra che Antonio abbia superato ottimamente la prova.

E’ la storia ispirata dalla malattia e della sconfitta politica di Pierluigi Bersani, che campeggia in copertina con il suo inconfondibile toscano. Ispirata, perché poi c’è la fantasia e la sensibilità di Martini per ricreare personaggi che hanno una loro vita e loro pensieri.

C’è un quadrilatero su cui si basa il racconto: il Vecchio Segretario, il Nuovo Segretario, la Giapponese, il Traditore. Mai chiamati per nome, ma certo riconoscibili. Facile per il Vecchio e il Nuovo Segretario. La Giapponese, una giornalista che non si rassegna alla sconfitta e resta fedele ai valori espressi dal Vecchio Segretario, è chiaramente ispirata da Chiara Geloni, che nasce come giornalista del “Popolo” ma poi ha accompagnato la nascita del PD con You Dem e seguito l’avventura politica del Segretario Pierluigi Bersani. Infatti Antonio ha il vezzo nelle ultime righe del romanzo di passare dall’anonimato al nome Chiara, lasciando la chiave.laguarigione

Più complicata la figura del traditore. Non so se Antonio abbia in mente una persona specifica, ma qui naturalmente le persone sono tante, perché nei cambiamenti epocali degli assetti del potere la figura del traditore è una costante: chi sa adattarsi al nuovo corso rinnegando idee, rapporti umani, gratitudini che sarebbero doverose. Potremmo dire con il Leporello mozartiano a proposito delle conquiste femminili del licenzioso Cavaliere Don Giovanni “Madamina il catalogo è questo delle belle che amò il padron mio”. Un elenco sterminato, come potrebbe essere quello dei traditori in politica.

Poi naturalmente è la fantasia di Antonio che scolpisce i personaggi. Ad esempio il ritratto del Vecchio Segretario è probabilmente più crepuscolare di quanto sia in realtà Pierluigi Bersani, almeno per come l’ho conosciuto io. Perché Pierluigi è curioso del nuovo e bisogna anche dire che sul nuovo ha cercato di investire. Però avverte il peso della storia ed il valore della continuità. Anche come dimensione umana.

Il Nuovo Segretario assomiglia molto ad un possibile personaggio di Nanni Moretti come nel “Portaborse”: spregiudicatezza, strumentalità nei rapporti umani, assenza di principi. Qualcosa di Matteo Renzi ma portato all’eccesso. Penso che nella realtà Matteo Renzi sia molto migliore. Però la chiave di lettura di Antonio ben testimonia un problema che c’è: la percezione da parte di una parte dell’elettorato e della militanza tradizionale di una estraneità che prima che politica è di tipologia umana.

Il libro è bello, ben scritto ed è da leggere perché invita a scoprire, dietro le asprezze della contesa politica, che sempre ci sono state e sempre ci saranno, la necessaria dimensione umana: la fatica, le tante disillusioni, le relazioni che si creano e si distruggono, le amarezze e le gioie che accompagnano la vita politica. Di cui si deve cogliere non solo le apparenze, i talk show, i twitter, ma quella storia umana che la rende vera. In questo c’è un certo rinsecchimento: se leggiamo i diari di personalità politiche del passato, le corrispondenze dei grandi tra di loro, rintracciamo che non si facevano sconti sulle battaglie politiche, sulle durezze dello scontro per le leadership, però restava, in modo più diffuso rispetto al presente, la capacità di conservarsi il rispetto reciproco, di mettere in comune speranze e visioni del futuro, di non spezzare mai il filo del rapporto umano.

C’è anche una bella postfazione di Chiara Geloni. Che in effetti seguendola sui social è proprio una giapponese, nella ostinata difesa del bersanismo e della chiusura al renzismo, per usare termini un po’ caricaturali. Ma una giapponese senza alcuna motivazione di opportunismo o convenienza. Il che ci dice che anche lei aiuta a capire.

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1 commento

  1. Sabrina Di Napoli
    29 settembre 2015

    e quando fa riferimento a tanti nuovi che potevano prendere il posto di Bersani nelle elezioni del 2013, bruciando cosi il successivo avvento del renzismo, a chi si riferisce?


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