Amor ch’a nullo amato amar perdona

Pubblicato il 6 ottobre 2015, da Cattolici e società

Mi addentro in un argomento molto delicato. Giudicare senza conoscere è difficile, anzi impossibile.

Dunque per quanto riguarda le scelte private del monsignore polacco che decide di fare outing meglio comportarsi come il Papa: “chi sono io per giudicare”. Al massimo si può constatare che l’amore, come ci insegna la letteratura di ogni epoca può far perdere la testa e fa perdere il senso della misura. Libera sentimenti che non si sanno più regolare. Come cantava Ariosto: “Dirò d’Orlando in un medesmo tratto/ cosa non detta in prosa mai, né in rima:/ che per amor venne in furore e matto,/ d’uom che sì saggio era stimato prima”.

A noi può invece interessare questa questione che riguarda la dimensione pubblica delle nostre scelte, se si hanno dei ruoli pubblici, anche in senso lato, se richiesti ed accettati. E la valutazione delle conseguenze delle nostre scelte. Richiamo ancora l’insegnamento di Max Weber sull’etica della responsabilità.gay

Cosa esattamente voleva ottenere Monsignore mostrando felice il suo amore al mondo intero, alla vigilia di un difficile Sinodo sui problemi della famiglia? Liberarsi di un peso, di una contraddizione che non poteva più sopportare, fare una scelta di verità? Scelta da rispettare, ma se fosse solo questo sarebbero scelte da fare fuori dal clamore mediatico. Con un minimo di pudore. Perché sempre di un fallimento si tratta. Il venir meno ad impegni assunti liberamente, ben conosciuti e immagino ben soppesati. Poi si può cambiare idea, si può fare i conti con sé stessi e rendersi conto che non si può più mantenere quelli impegni, che non li si sente più adatti a sé. Succede, fa parte della vita e questo non deve togliere il rispetto. Ma voler anche avere ragione questo è troppo. E considerare il peso troppo grande per sé come un peso ingiusto per tutti è un poco vile. C’è un fragile limite tra l’esibizionismo e l’utilizzo dei media per sollevare un problema.

Altro tema è naturalmente considerare valore e limite del celibato, che non è una verità di fede, o l’atteggiamento della Chiesa nei confronti dell’omosessualità. Ma per cambiare le regole bisogna avere il coraggio anche della testimonianza e della lotta. Riconosce monsignore per la verità che questa lotta dall’interno della Chiesa non l’ha neppure tentata, pur avendo ruoli di elevata responsabilità.

Il problema è che Monsignore ha pensato evidentemente di utilizzare una sua decisione personale, certamente sofferta, per provocare un clamore mediatico alla vigilia del Sinodo della famiglia. Occorre chiedersi: questo clamore mediatico è un aiuto al Papa e a quella parte della gerarchia che ritiene necessario su questi temi una nuova riflessione? Appunto, solo chi “venne in furore e matto” può pensare di avere aiutato il Papa. Un Papa che aveva detto parole importanti sul tema dell’omosessualità, che aveva proseguito con la stessa determinazione di Ratzinger la battaglia contro la pedofilia nelle Chiesa, che vuole aprire una nuova riflessione sui temi della famiglia, che non è più solo quella tradizionale. Può avere scoperto un nuovo amore, ma non avrebbe dovuto dimenticare l’amore per la Chiesa. E per un Papa che con il suo gesto ha certamente messo in difficoltà di fronte alla parte più tradizionalista dell’episcopato.

 

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1 commento

  1. Paolo
    6 ottobre 2015

    Sono completamente d’accordo, meno clamore avrebbe giovato di più’ a lui ed alla chiesa: così’ si danneggia la chiesa e gli sforzi del papa e di chi si adopera per trovare una soluzione tra due fronti contrapposti.


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