J’ai deux amours /Mon pays et Paris

Pubblicato il 9 dicembre 2015, da Nel Mondo

J‘ai deux amours /Mon pays et Paris /Par eux toujours /Mon cœoeur est ravi cantava con successo Josephine Baker, interpretando sentimenti diffusi. Ma Parigi è cambiata, simbolo nuovo di paure e insicurezze. E gli elettori riflettono i nuovi sentimenti.

E’ pur vero quello che scrive il mio amico Stefano Ceccanti sull’Unità di ieri che con il doppio turno i conti si fanno alla fine, ma questo è vero dal punto di vista istituzionale. Da quello politico invece resta il fatto che FN è in Francia il primo partito, anche se attualmente in parlamento ha solo due deputati (a dimostrazione che le leggi elettorali possono portare a deformazioni della rappresentanza inaccettabili). E lo era nei sondaggi anche prima dei sanguinari attentati. E del resto è un sentimento politico che si allarga in Europa. Così è successo da ultimo in Polonia.

Con questi fatti bisogna fare i conti. Non illudendosi che non ci riguardi. Guardando alla sostanza dei messaggi che riceviamo.

L’affermazione di Le Pen è una vittoria sul piano culturale. A noi della sinistra che abbiamo sempre una certa presunzione di supremazia culturale può fare schifo ma la sostanza è chiara. Le Pen vince parlando ai ceti popolari, ai pensionati, alle casalinghe agli operai, ai piccoli artigiani e commercianti spaventati, proponendo loro una rappresentazione dei loro sentimenti. Con promesse insostenibili (la pensione a sessant’anni ad esempio) ma facendoli sentire rappresentati. E l’inseguimento a destra di Sarkozy (Berlusconi con Salvini?) ne convalida le proposte. C’è anche una estraneità alle famiglie politiche tradizionali che affascina elettori vecchi e nuovi (come per M5S in Italia).Marion Marechal-Le Pen

La sinistra francese non ha elaborato una risposta. E’ dentro il passato. Così il Partito Socialista perde 5 punti. Perché ha abbandonato politiche di sinistra come anche in Italia i nostalgici del passato dicono? Difficile sostenere questa tesi se poi coloro che dovrebbero raccoglierne i frutti hanno sconfitte ancora più eclatanti: i verdi dimezzano i voti, il Front de Gauche resta ininfluente, calando dal 5.8 al 4%, giusto quello che serve per indebolire ulteriormente una proposta della sinistra.

Il tema si presenterà anche in Italia con l’appuntamento ormai vicino delle amministrative. Votano le maggiori città ed è inutile pensare che non possa prevalere un voto politico. Vengono al pettine certi nodi. Renzi ha coperto molto con la sua indubbia capacità comunicativa e con una positiva azione di governo. E i risultati francesi confermano: i voti dell’area tradizionale di sinistra non sono sufficienti per vincere, cosa che una parte dei dirigenti del PD non vuole accettare. Però ha fatto in una certa misura la parte più facile del lavoro. Dando espressione ad una voglia di cambiamento dell’opinione pubblica (la rottamazione), dando una immagine semplificata delle cose: siamo in ritardo per l’incapacità dei miei predecessori, adesso ci sono io. Le cose si fanno anche, ma anche lui deve fare i conti con i tempi che sono comunque lunghi, con difficoltà strutturali complicate da superare.

Ed allora emergono queste due questioni cui accenno brevemente: manca l’elaborazione di un pensiero strutturato capace di affrontare queste sfide. Non ci sono luoghi in cui possa avvenire questa elaborazione. Eppure ripeto: la sconfitta della sinistra francese è una sconfitta culturale, frutto della incapacità di offrire risposte alle nuove paure e insicurezze. Lo stesso ottimismo di Renzi può apparire eccessivo a chi comunque non vede cambiamenti delle proprie prospettive.

La crisi del partito è grave e non basta una iniziativa un po’ improvvisata di banchetti, buona per aver un po’ di spazio sui giornali non per correggere il problema che c’è. Il partito non ha guida. E sui territori Renzi nella fase iniziale ha scelto la fedeltà piuttosto che le capacità. E oggi purtroppo ci sono le conseguenze. Esiste forse il PD veneto? Mi sembra che non esista più né dal punto di vista organizzativo né politico, in attesa di un congresso che non si sa se e quando ci sarà. Occorre por mano con ostinazione a queste due questioni. Nascondersele peggiora la situazione.

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