25 aprile: ricordare per il futuro

Pubblicato il 25 aprile 2016, da Politica Italiana,Relazioni e interventi

Commemorazione del 25 aprile ad Este

 Ricordare. Perchè ricordare a ormai tanti anni di distanza? Ricordare con i gesti simbolici che abbiamo compiuto, con queste brevi riflessioni, qui come nelle migliaia di comuni italiani che organizzano gli appuntamenti della festa nazionale del 25 aprile. C’è un dovere della memoria. Non è vuota retorica, né stanca ripetizione di una abitudine.

E’ certo l’espressione di una riconoscenza non immemore ai coraggiosi che ci hanno restituito la democrazia. Ma non è solo questo. Non è soprattutto questo. Ricordiamo soprattutto per noi. Per orientare il nostro presente, per non tradire quei valori perenni chi i resistenti ci hanno trasmesso e che sono alimentazione necessaria della vita democratica.

Non a caso il messaggio ripetuto che ci viene dalle carceri dove erano torturati, dalle celle dove scrivevano l’ultimo saluto ai familiari, dai carri bestiame che li portavano nei lager nazisti era spesso la parola “Ricordate”. Scritta con il sangue sulle mura della sede delle SS in via Tasso a Roma o di Palazzo Giusti a Padova o di Villa Triste a Firenze e di tanti altri luoghi di tortura dei partigiani, scritta sui libri lasciati nelle celle, nelle ultime lettere ai parenti, sui foglietti lasciati cadere dalle tradotte ed affidati alla pietà di qualcuno. L’idea che l’enorme sacrificio che stavano compiendo diventasse vano se non ci fosse stata la memoria, perché non si ripetessero quegli orrori, quelle violazioni dell’umanità. Badate: non ci chiedono di essere ricordati loro, ci chiedono di ricordare il perché. Perchè gli orrori si possono ripetere sempre se non si fanno vivere nel presente e non si coltivano per il futuro i valori del rispetto dei diritti umani, della inalienabile libertà di ogni persona, di una pienezza di vita democratica come ostacolo alle sopraffazioni.

Abbiamo ricevuto testamenti preziosi con le ultime parole scritte ai familiari di tanti partigiani torturati e massacrati dai nazifascisti. Parole semplici, espressioni di verità semplici e solide che non potevano essere tradite a costo della vita stessa. Prive di retorica ma ripiene di verità e di fiducia in un avvenire migliore.IMG_7589

Così scriveva ai figli Pietro Benedetti artigiano romano, incarcerato e fucilato da un plotone di fascisti italiani: “Amate lo studio ed il lavoro. Una vita onesta è il migliore ornamento di chi vive. Dell’amore per l’umanità fate una religione e siate sempre solleciti verso il bisogno e le sofferenze dei vostri simili. Amate la libertà e ricordate che questo bene deve essere pagato con continui sacrifici e qualche volta con la vita. Una vita in schiavitù è meglio non viverla. Amate la madrepatria ma ricordate che la patria vera è il mondo e ovunque vi sono vostri simili quelli sono i vostri fratelli”.

Così scriveva ai suoi compagni di liceo Giacomo Ulivi, per motivare il proprio impegno contro il fascismo “Il nostro interesse e quello della cosa pubblica finiscono per coincidere. Per questo dobbiamo prepararci. Può anche bastare che con calma ricominciamo a guardare in noi e ad esprimere desideri. Come vorremmo vivere domani? No, non dite di essere scoraggiati, di non volerne più sapere. Pensate che tutto è successo perché non ne avete voluto sapere” Giacomo venne fucilato a 19 anni.

Nella repressione nazifascista morirono anche oltre trecento preti e religiosi: perché attivi nell’organizzare la Resistenza, nel nascondere partigiani ed ebrei o semplicemente colpevoli di voler stare con il proprio popolo. Come don Ferrante Bagiardi, che chiede la liberazione dei 74 ostaggi rastrellati dai tedeschi nel proprio paesino ed avutone un rifiuto decide di morire con i propri parrocchiani dicendo: “Vi accompagno io davanti al Signore”. E come dimenticare il gesto di coraggio di don Tarcisio Mazzarotto, parroco a Lozzo Atestino che si offrì in ostaggio per evitare in la fucilazione di 70 prigionieri. Ci furono le stragi compiute dai nazisti in ritirata, che hanno insanguinato tanti paesi della nostra provincia anche nella bassa padovana, massacrando bambini, donne, uomini innocenti ed inermi.

Non dimentichiamo mai questi morti innocenti, ma vedete quanta ricchezza di insegnamento per il presente. Ci dice Piero Benedetti che la patria vera è il mondo e ovunque vi sono nostri simili quelli sono i ostri fratelli. Non sapeva di globalizzazione, di migrazioni, di profughi, ma aveva capito tutto. Ci ricorda Giacomo Ulivi che il disimpegno, il girare la testa di fronte ai problemi, il non volerne sapere è il modo certo per stare inconsapevolmente dalla parte dei profittatori e dei disonesti.

Dalla Resistenza nasce la Repubblica, con il referendum del 1946, sessanta anni fa, e dalla Repubblica il 1 gennaio 1948 nasceva la Costituzione. Resistenza, Repubblica, Costituzione, le tre colonne su cui gli italiani riscattarono la dignità della Patria: con la rivolta contro gli orrori del nazifascismo si schieravano dalla parte dell’umanità offesa, con la scelta repubblicana aprivano una pagina per il futuro Per chiudere la pagina del disonore, di una monarchia succube della violenza fascista, con la Costituzione costruivano una patria comune delle regole della democrazia. E sono molto giuste le note parole con cui uno dei più autorevoli costituenti Pietro Calamandrei spiegava qualche anno dopo nel 1955 a giovani studenti universitari e medi questo nesso indissolubile: “Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono torturati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità dell’Italia andate lì con il pensiero perché lì è nata la nostra Costituzione”.

E un altro autorevole costituente Giuseppe Dossetti ricordava: “Anche il più sprovveduto e ideologizzato dei costituenti non poteva non sentire sulle sue spalle l’ evento della guerra globale appena finita. Non poteva, anche se lo avesse voluto, dimenticare le decine di milioni di morti…Nel 1946 certi eventi di proporzioni immani erano ancora troppo presenti per non spingere in qualche modo tutti a cercare in fondo al di là di ogni interesse e strategia particolare un consenso comune, moderato ed equo.”

Ecco dunque. Non ricordo astratto ma alimentazione per affrontare il nostro tempo. Il modo migliore per rispettare quel passato è di fare vivere nel presente i valori che lo hanno ispirato. Ognuno con il proprio ruolo

Come fanno tanti italiani dando il loro contributo alla crescita della comunità nazionale: studiando con impegno, lavorando con responsabilità, costruendosi con fiducia una famiglia, offrendo tanto tempo ad iniziative di solidarietà. Pensando che l’onestà sia un dovere che abbiamo verso il prossimo. Partecipando in tante forme alla vita pubblica, non rinchiudendosi in un pessimismo rinunciatario. Come ha ricordato in questi giorni il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella “La democrazia ha bisogno della partecipazione di cittadini consapevoli, protagonisti, non soltanto spettatori dei comportamenti e delle scelte”.

Nella narrazione pubblica troppo spesso appare della politica solo la parte negativa: di chi ruba, di chi abusa delle istituzioni, di chi la usa come occasione di personali carriere, di cittadini che pensano che non val la pena di impegnarsi, rinchiudendosi in un generale giudizio negativo. Ma la politica nobile c’è e di essa abbiamo bisogno. Con cittadini che escono di casa e si rimboccano le maniche, con uomini delle istituzioni che accettano un impegno di servizio al prossimo rispettando fino in fondo le belle parole della Costituzione, adempiendolo con disciplina ed onore.IMG_7587

Penso a tanti nostri sindaci ed amministratori locali della nostra provincia, di ogni colore politico, che con questo spirito servono le istituzioni. Che per svolgere bene il loro lavoro hanno bisogno della partecipazione civica generosa dei cittadini. Consentitemi in questa occasione di esprimere un ringraziamento particolare al Sindaco di Este Giancarlo Piva che conclude in questi mesi il suo mandato decennale a servizio della sua comunità. Adempiuto appunto con disciplina ed onore.

E pensiamo con gratitudine a quanti, appartenenti alle forze armate ed alle forze dell’ordine, in questi mesi hanno onorato l’Italia affrontando l’emergenza umanitaria dei milioni di profughi che fuggono dai luoghi di guerra, così come dovettero fare tanti nostri concittadini nei paesi devastati dalla tragedia della seconda guerra mondiale.

E’ questa bella Italia che ci deve rendere fiduciosi nel futuro, all’altezza del ricordo dell’energia, della volontà e del coraggio di tanti cittadini italiani che in quei lontani giorni di barbarie permisero alla nostra Nazione di risollevarsi.

W la Resistenza, W la Repubblica, W la Costituzione, W l’Italia

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1 commento

  1. Tostato Francesco
    25 aprile 2016

    Un Boooh al nostro Sindaco Bitonci che ai cippi commemorativi dei caduti x la resistenza stamattina ha fatto trovare al posto delle canoniche ghirlande di alloro anonimi vasi di ortensie. A che pro ?


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