Politica: più umiltà meno superbia

Pubblicato il 16 maggio 2016, da Politica Italiana

Ha fatto bene Renzi a ricordare a proposito delle unioni civili che le cose che si ritengono giuste si devono fare anche se possono far perdere nell’immediato dei voti. Poi non serve esagerare. Dire che ha giurato sulla Costituzione e non sul Vangelo è una ovvietà che si poteva risparmiare. Anche chi come lui pensa che i 63 governi democratici che lo hanno preceduto non abbiano fatto molto dovrà riconoscere che politici cattolici come De Gasperi e Moro, solo per fare due nomi, hanno dimostrato cosa voleva dire non confondere lo Stato con la religione, in tempi in cui la Chiesa Cattolica italiana davvero era influente nel formare le opinioni pubbliche e “disobbedire” poteva politicamente costare molto. Ma non hanno mai avuto bisogno di fare affermazioni così.

In ogni caso è stata fatta una buona legge, poi tra un anno potremo fare un bilancio: cosa ha funzionato, cosa non ha funzionato, quante unione saranno state costituite, ecc. Anche per distinguere tra i reali diritti per i cittadini che devono essere esigibili e qualche estremizzazione ideologica che in questa materia non manca mai.

Sapendo che il buon politico non deve mai piegarsi a rappresentare una lobby, per quanto espressione anche di interessi legittimi, ma guardare sempre agli interessi generali, agli equilibri possibili, sapendo che c’è una storia prima e ce ne sarà un’altra dopo di noi.

La nostra deputata PD Michela Marzano (che aveva avuto il suo momento di notorietà di massa ai tempi delle polemiche sul gender) ha deciso di lasciare il PD. Pur ritenendo importantissima la legge sulle unioni civili la considera incompleta e compromissoria, in conflitto con la sua coscienza e ha deciso di lasciare il gruppo del PD. Naturalmente non il seggio parlamentare, che dal PD gli è stato affidato, in virtù delle sue competenze (è una apprezzata filosofa), non certo della sua forza rappresentativa. In questo caso la coscienza dorme. Ci ritorno sopra perché ne ha parlato Michele Serra su Repubblica nella sua sempre godibilissima rubrica “L’Amaca”. Scrive Serra: “In un ipotetico dibattito le chiederei se il fine dell’attività politica è di essere coerenti con sé stessi; o se la natura stessa della politica, che è attività collettiva per eccellenza non preveda deroghe, anche molto faticose e persino dolorose, alla coerenza con sé stessi; anche perché la politica non ha come parametro il sé, ma quel guazzabuglio che è la società. Ma poi: se i coerenti se ne vanno, a chi lasciano la politica? Ai soli incoerenti?”tonno

Sottoscrivo queste parole di Serra. Se si accetta di fare politica bisogna essere disponibili a mettere da parte quella cosa che a volte è molto ingombrante e prepotente che è l’io ed avere più fiducia nel noi. E’ un po’ troppo comodo riconoscere che con questa legge si sono fatti dei passi in avanti ma poi voler conservare immacolata una propria astratta coscienza, quella superbia intellettuale che in genere in campo politico ha sempre prodotto danni rilevanti. Se tutti ragionassero così nella vita collettiva molto pochi sarebbero stati i passi in avanti. La Costituzione alla Costituente non sarebbe mai stata approvata se ogni costituente fosse stato irrigidito dalla regole della coscienza individuale come arbitro assoluto. Tra il trasformismo di chi non ha principi e la rigidità di chi pensa che la propria coscienza non si deve piegare all’incontro con le ragioni degli altri e con le condizioni storiche e di consenso in cui si opera c’è una strada maestra, quella del nobile compromesso che consente all’umanità di avanzare ed anche alle leggi di entrare nella coscienza del paese.

La crisi dei partiti come comunità ha moltissime ragioni. Tra queste c’è anche la presenza di questo atteggiamento. Resto finché vedo riconosciute le mie ragioni, me ne vado quando non mi piace più, anche solo per una singola posizione su un singolo tema. Si perde completamente la dimensione comunitaria della politica, e la politica diventa fragile e perciò inutile. O io o nessuno? Non va bene. Lo possiamo vedere anche nelle vicende locali. La svolta renziana ha avuto all’inizio protagonisti che ora sono completamente spariti. Eppure erano fermissimi nei giudizi, nelle loro convinzioni che diventavano indiscutibili. Sembrava che il futuro dovesse essere nelle loro mani. Poi sono spariti. Invece la politica ha bisogno di dedizione, di accettare di essere anche minoranza, di vedere solo parzialmente riconosciute le proprie ragioni, di accettare la fatica di un cammino che deve durare nel tempo.

Del resto anche la parabola del M5S dalla diversità (apriremo il Parlamento come una scatola di tonno) alla normalità di un simil partito senza democrazia interna ci dice qualcosa: 13 sulle 17 amministrazioni locali governate da loro hanno problemi con le procure. Anche qui: meno superbia e più umiltà.

 

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1 commento

  1. cosimo
    16 maggio 2016

    ….ma, la risposta della Marzano, alla strigliata di ‘Serra’,ha avuto modo di leggerla?


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