Il PD e la Comunità di Sant’Egidio

Pubblicato il 10 aprile 2017, da Realtà padovana

Sempre a proposito di PD, fuori dalle dinamiche congressuali. Abbiamo capito che sui media il congresso si ridurrà a vedere se Renzi prenderà più o meno voti tra gli elettori rispetto agli iscritti e quanti andranno a votare. Ignorando la portata comunque unica di milioni di cittadini che si recano a votare. Noi intanto però possiamo interrogarci su cosa fare per contrastare il declino politico ed organizzativo che comunque c’è. Vi racconto due esperienze.

Qualche giorno fa presentazione alla Sala Rossini a Padova del libro promosso dalla Comunità di Sant’Egidio “Una idea per Padova, Ripensare la città per vivere insieme”. Un libro davvero interessante, di cui ho già parlato. Ed altrettanto interessante la presentazione. Sala piena, pur essendo nella mattina di un giorno lavorativo. Argomentazioni suggestive. Per vecchia abitudine misuro l’interesse delle cose che ascolto dagli appunti che prendo. Se sono molti vuol dire che ho imparato parecchie cose. In questo caso sono stati molti. Ascoltando mi dicevo: perché il PD non riesce (quasi mai) ad organizzare cose così? Eppure chi parlava era gente del PD o al PD vicina, o con il PD disponibile a interloquire: da Stefano Allievi, a Mario Bertolissi, a Gilberto Muraro, a Romolo Bugaro, a don Marco Cagol. Nel libro c’è anche un bel saggio di Giampiero Dalla Zuanna. Perché lì si e nel PD no? E perché quando si fanno come alle Feste dell’Unità viene poca gente? Per debolezza organizzativa, per scarso interesse culturale, per prevenzione nei confronti dei partiti, perché ai pochi iscritti rimasti non interessa, perché nell’organizzare iniziative di partito occorre tener conto degli equilibri interni e si diventa noiosi? Forse per un mix di questi motivi.

Seconda esperienza. Il congresso del Circolo di Padova Centro per il Congresso Nazionale. Un circolo ancora robusto con 95 iscritti e 53 votanti. Un po’ meno presenti all’assemblea ma comunque una piccola comunità vitale. Di gente che esce di casa e viene. Svolgimento: presentazione delle mozioni Orlando e Renzi. Per Renzi il nostro senatore Dalla Zuanna argomenta con passione. Poi in mancanza di un rappresentante della mozione Emiliano la garante Vitacchio la presenta, così prevede il regolamento. Secondo me un assurdo. La presentazione non può essere la recita di un testo altrui. Presentare una mozione è frutto di cuore ed intelletto. Se non c’è nessuno non c’è nessuno. Chi vuole si vada a leggere la mozione sul sito…pdcittadina

Dopo la presentazione delle mozioni fine della trasmissione, al voto e fine del congresso. Poi ci si chiede perché i partiti non attraggono. Tanto valeva fare semplicemente un seggio elettorale, come si fa per le primarie. Se il partito non è comunità, fatta di gente desiderosa di ascoltare ed esporre idee, votare certo, per contare, ma anche avere un luogo di confronto per capire, per suggerire, a che serve un partito?

Vi racconto un altro episodio. Della storia della partecipazione politica nella nostra città. Ho avuto occasione di leggere il verbale del primo congresso della sezione cittadina della Democrazia Cristiana. È il 23 settembre del 1945. La Liberazione è avvenuta da pochi mesi. I partiti si organizzano per organizzare la vita democratica. Esili presenze, visti i tempi? Dopo ampia discussione si recano al voto 459 iscritti. Tanti sono che si deve interrompere la votazione e riprenderla nel pomeriggio. In pochi mesi così tanti iscritti. Quale passione li muoveva? Iscritti nuovi, perché le votazioni dimostrano che si tratta di una nuova dirigenza che si affaccia alla vita democratica. La generazione prefascista appare marginale. Cesare Crescente, vicesindaco del Comune e fondatore nel 1919 del Partito Popolare padovano risulta solo 11esimo tra gli eletti, Luigi Gui, giovane esponente politico prende solo 16 voti e risulta 51esimo. L’anno dopo però sarà eletto tra i Costituenti, inaugurando una lunga e autorevole carriera politica.

Perché da 459 a 53 votanti? È cambiato tutto, naturalmente. Un intero ciclo storico si è concluso. Però la mia tesi è che le cose possono cambiare ancora. E dire che alla gente non interessano più i partiti è certamente vero. Però non può diventare un alibi per non fare nulla. Perché più propriamente si dovrebbe dire che alla gente non interessano più questi partiti. Che offrono molto poco. Che se offrissero di più forse la gente dopo le ubriacature della società senza politica prima ancora che senza partiti, le illusioni dei social, potrebbe riscoprire le virtù delle comunità partito, certo non nelle forme di massa che abbiamo conosciuto nel passato italiano, ma comunque comunità utili alla vita democratica, così come avevano previsto i Costituenti. Per il PD e per i suoi antecedenti il radicamento territoriale e di ambiente è sempre stato un valore aggiunto. Guai a perderlo. Come fare? Alla prossima puntata.

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1 commento

  1. Amedeo
    11 aprile 2017

    Occupazione inerte del potere e incapacità di coltivare e motivare una successione adeguata.


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