L’Italia che va

Pubblicato il 29 maggio 2017, da Politica Italiana

L’Italia è un paese davvero difficile per le riforme. Ne è un esempio la vergognosa sentenza del Tar Lazio che ha annullato la nomina di direttori di grandi musei perché non italiani. Gli italiani vanno in giro per il mondo a dirigere grandi istituzioni culturali ma il contrario non va bene. C’è sempre una corporazione che si muove a difesa di interessi di parte che trova udienza da parte di altre corporazioni.

Peccato, perché invece c’è un pezzo di paese che si muove. Ne ho avuta la riprova in un viaggio che ho fatto in questi giorni in Campania: la Reggia di Caserta, la Certosa di Padula, gli scavi di Paestum e Pompei. C’ero stato più di trenta anni fa, tranne che a Padula, allora non visitabile. Cose bellissime comunque, ma in uno stato di degrado: allora la Reggia assediata dalle auto, in uno stato deplorevole. Gli scavi in un grande disordine, immondizia dappertutto, percorsi mal segnalati, guide aggressive…

la Certosa di Padula

Oggi si visita un bel pezzo d’Italia, si possono constatare decisivi miglioramenti sia con appropriati restauri, sia con una migliore organizzazione dei siti. Visitandoli ci si può sentire orgogliosi di come il paese offra a tutto il mondo siti culturali di ineguagliabile bellezza.

la reggia di Caserta

Certo c’è ancora molto lavoro da fare ma sono processi che quando partono poi si rafforzano da soli, perché cresce una domanda più esigente da parte del pubblico. Faccio qualche esempio.

Senza generalizzare però si dimostra che c’è un grande lavoro da fare con il personale di custodia, che resta prevalentemente prigioniero di una visione burocratica del proprio lavoro. Così è più facile vedere personale annoiato che invece di vigilare sala per sala si riunisce in crocchi per chiacchierare ad alta voce del più e del meno, telefonare, farsi i fatti propri, un po’ infastiditi se qualche turista chiede qualcosa. Eppure il personale non mancherebbe e bisogna capire che anche chi non è giovanissimo può cambiare, imparare, migliorare per essere a servizio del visitatore, che alla fine è chi consente ai custodi di avere un lavoro.

Una parte importante dei visitatori è costituito dalle visite scolastiche, tra insegnanti trasumanati nel tenere uniti i gruppi e scolari più o meno annoiati e indisciplinati. Ci sarebbe bisogno di strutture didattiche molto più ricche, sfruttando fino in fondo la multimedialità, le app, l’integrazione dei supporti didattici, per rendere più agevole il lavoro degli insegnanti e più profittevole la visita per gli studenti.

Abbiamo un enorme patrimonio culturale: potenzialità ma anche difficoltà ad intervenire dappertutto. Vedendo gli enormi spazi della Certosa di Padula, con grandi aree verdi che avrebbero bisogno di molta manutenzione (e lo stesso potrebbe dirsi per il Parco della Reggia di Caserta) viene spontaneo pensare all’organizzazione di grandi campi di lavoro per la cultura. Capisco che ci vuole un po’ di rottura degli schemi tradizionali ma organizzare un campo di lavoro per gli immigrati sarebbe davvero possibile, utile per loro, per gli italiani e per l’immagine del paese. Tra l’altro sarebbe possibile organizzare nella stessa Certosa l’accoglienza.

Il problema è che per fare queste cose bisogna vincere tante resistenze, tanti luoghi comuni, tanti impicci di consuetudine burocratiche, tanti passaggi che si fermano al “ma non è mai stato fatto”. Eppure nel campo dei beni culturali si sono succeduti Ministri che hanno dimostrato di voler innovare, da Veltroni che ha dato l’impulso iniziale a Franceschini che ha cambiato molto nell’immobilismo ministeriale. Bisogna insistere: un po’ meno attenzione nel dibattito pubblico alle riforme elettorali e molta attenzione e volontà per le riforme che cambiano in meglio la vita dei cittadini.

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