Divisioni improduttive

Pubblicato il 11 dicembre 2017, da Pd e dintorni

Certamente la difficoltà del PD a diventare perno di una coalizione ha radici lontane. Vale sempre l’idea che si raccoglie quel che si è seminato.

Per troppo tempo Renzi ha coltivato una idea di autosufficienza, con una concezione delle alleanze alquanto strumentale. Possiamo anche ricordare come ha trattato Alfano: utilizzato al bisogno e poi accusato di essere un “cadregaro” o come non sia mai riuscito anche all’interno a riconoscere sul serio le generosità politiche. Cuperlo, che è un galantuomo, lo ha sostenuto nei momenti difficili del referendum e poi lo si è scaricato, senza neppure riconoscerli una presenza nella Direzione nazionale…Troppa strumentalità e di conseguenza poca credibilità nella sincerità delle alleanze. L’abbandono dell’impresa da parte di Pisapia fa venire meno un tassello importante.

Di questa concezione è un segno anche l’ultima Leopolda. Pur di apparire da solo ha inventato l’espediente dei millenials. Espediente appunto. Perché chi ha guidato il partito ormai da quattro anni, partendo proprio dalla spinta delle Leopolde, avrebbe in fondo dovuto presentare il frutto della sua azione, un nuovo gruppo dirigente nato dalla rottamazione. Solo che un gruppo adeguato non è nato e questo spiega una parte delle difficoltà del PD, registrate impietosamente dai sondaggi. Gli ultimi segnalano una perdita di 5 punti rispetto al momento della sua rielezione a Segretario. Un plebiscito allora, ma non un congresso politico. E queste sono le conseguenze.

D’altra parte i “Liberi e Eguali” parlano a un pezzo della militanza di sinistra. Ma cosa pensano di ottenere? La sconfitta di Renzi. Ma può essere questo un obiettivo nobile di fronte a ciò di pericoloso che si sta profilando in Italia e nel mondo? Perché al di là delle ambizioni i sondaggi sono come quelli siciliani. Le famose due cifre si vedono per il momento con il binocolo. E non posso dare torto a Renzi quando afferma nella sua ultima intervista a Repubblica: “Purtroppo ha vinto la linea di chi voleva la rottura, la linea di D’Alema. Del resto D’Alema ha combattuto Occhetto, Prodi, Veltroni, Fassino: che adesso combatta anche me è quasi rassicurante, si vede che non cambia mai”.

Anch’essi prigionieri della politica dell’immagine e del leaderismo superficiale. Con l’irresistibile richiamo per i magistrati. Adesso è la volta di Grasso. A 72 anni dovrebbe inventarsi il mestiere del leader politico. Ma quale leadership ha esercitato da Presidente del Senato? Certamente prima vengono le responsabilità dei gruppi parlamentari, ma vi posso assicurare che il Presidente poteri persuasivi ne ha eccome. Se ci riduciamo alla fine a discutere se sia più urgente il testamento biologico o lo jus soli una qualche responsabilità ce l’ha anche una Presidenza fin qui vissuta in modo burocratico.

Assicura Speranza che combatterà il PD collegio per collegio. Con quale risultato? Magari di arrivare alle sospirate due cifre, ma difficilmente alla conquista dei collegi. Otterranno a seconda delle località di far vincere nel maggioritario o la destra o il M5S. E intanto i sondaggi mostrano tutt’altro che un nuovo appeal elettorale a sinistra. Il permanere di una forza dei pentastellati e una rinascita incredibile del berlusconismo: stesse promesse, stessi argomenti propagandistici del ’94 (segno che nella sua lunga stagione da Presidente del Consiglio quelle promesse non le ha onorate), stessa (quasi) capacità di presa elettorale.

2001: Francesco Rutelli alla stazioni di Padova con il treno dell’Ulivo

Direte: troppo pessimismo. Può darsi, e vi è il rischio che il pessimismo sia inconcludente. Però non vedo una reazione ambiziosa. Qualche espediente di propaganda. Come ripresentare la questione dei vitalizi nella legge di stabilità. Il viaggio in treno, d’accordo, anche se mi ricorda quello fatto da Rutelli nel lontano 2001, e allora non fu una visita semiclandestina come quella fatta a Padova da Renzi.

Mi piacerebbe essere ottimista ma al momento non vedo segnali. Sempre su Repubblica Renzi afferma che “C’è una cosa che non accetto: la rassegnazione che parte del gruppo dirigente sembra avere al primo sondaggio. Un leader non si fa impaurire dai sondaggi, ma li cambia facendo una battaglia aperta, casa per casa. … Metteremo candidati credibili e radicati. Per rispetto alla nostra gente esigo solo una cosa: che il gruppo dirigente del Pd abbia voglia di vincere”. Giusto, ma per essere credibili occorrerà davvero scegliere il meglio nei collegi. Finora non è stato così. Nei territori si sono protetti i fedeli, non i migliori. Il Veneto è stato un anno senza segretario perché il gruppo renziano non trovava una sintesi e si divideva tra amici di Boschi e amici di Lotti (?!) per poi scegliere un segretario più sulla base di veti che di reali convergenze.

E allora mi riconosco nelle parole di Michele Serra, in una delle ultime “Amache”: “La politica per prima si è disabituata alla battaglia delle idee, non crede alle proprie parole, dubita dei propri sentimenti profondi, ed è soprattutto per questo che ha perduto quasi ogni potere di seduzione. Chi ancora va a votare lo fa soprattutto per evitare che vincano gli altri. Non per il piacere di vedere vincere un’idea, almeno una, per la quale valga la pena combattere, e magari anche perdere…” Magari se ripartissimo da qui…La divisione del prima non è ormai rimediabile ma c’è un dopo a cui pensare

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