Sinistra da rigenerare

Pubblicato il 22 gennaio 2018, da Pd e dintorni

Le campagne elettorali dividono anche i vicini. È inevitabile, quando il voto è emotivo e non strutturato ognuno cerca di pescare ovunque, e specialmente nell’elettorato contiguo. Solo che bisognerebbe non ridurre tutto a propaganda superficiale e pensare un po’ anche a cosa può succedere il giorno dopo le elezioni. Se esistono solo rovine difficile ricominciare.

Qui potremmo imparare qualcosa dai leader del passato. Ad esempio a quello che una volta disse Giancarlo Pajetta. Polemista di punta del PCI, dalle battute fulminati, propagandista populista potremmo dire oggi. Però per lui “ciò che rende diverso un politico da un cretino è che il cretino crede alla propria propaganda”. Va bene la propaganda ma conoscerne i limiti. Oppure lo stile sempre usato da De Gasperi. Che di campagne elettorali durissime ne dovette fare. Quella del ’48 innanzitutto, oppure la campagna elettorale per le elezioni romane del 1952, in cui Pio XII voleva imporre a De Gasperi una alleanza innaturale con monarchici e fascisti, nel timore che il Comune cadesse in mano alle sinistre. De Gasperi si ribellò (da cattolico adulto), impedì quella alleanza, si mise capolista della DC a Roma e vinse. Però sempre De Gasperi non pensava solo alla vittoria della DC, pensava a non umiliare i possibili alleati per il dopo.

Anche dal piccolo angolo di lettura di questo blog si può registrare la profondità della frattura: chi non vuol più sentir parlare di Renzi, chi non vuol più sentir parlare di D’Alema & c. Eppure al dopo bisognerebbe pensare. E capire che due debolezze non fanno una forza. Io non riesco ad immaginare che sia più facile per LeU fare una alleanza con M5S (ammesso che ci siano voti e volontà) piuttosto che ricostruire un campo politico con il PD, o per il PD immaginare di trovare punti di incontro con una destra con così forti pulsioni populiste.

Se penso alla crisi mondiale dei modelli democratici, generati dal crescere di diseguaglianze, paure, incertezze, affievolimento dei diritti e confusione sui doveri trovo che invece bisogna essere coscienti dei rischi e comprendere che occorre ricostruire un robusto fronte progressista. Scriveva qualche giorno fa Michele Serra “forse ci siamo dimenticati quale potenza, nel bene e nel male, possa avere quella che una volta si chiamava “la battaglia delle idee”.

A me interesserebbe vedere un processo che si ponga il tema di come rigenerare l’area della sinistra nel nostro paese. Penso che siano degli illusi (o degli illusionisti) coloro che pensano ad una autosufficienza del partito di Renzi o alla possibilità di ricostruire attorno al nucleo di Liberi e Eguali quella grande esperienza che è stata l’Ulivo e poi il PD. Su cosa potrebbe avvenire una ricomposizione? Non certo sul passato, con rinfacci reciproci. Sul futuro deve avvenire.

C’è una parola che potrebbe tenere insieme le “idee ricostruttive” necessarie. È la parola sostenibilità, Parola che include soluzione di problemi esistenti e apertura di nuove opportunità.

Sostenibilità ambientale, che porta con sé scelte pubbliche, cambiamenti nel modo di produrre, valorizzazione di stili di vita consapevoli delel conseguenze sulla natura.

Sostenibilità sociale, comprendendo meglio che non ci può essere crescita economica se non c’è una infrastruttura sociale che sostiene questa crescita. La società delle diseguaglianze accresciute, delle esclusioni dal benessere, delle marginalità non curate è una società che non può sostenere la crescita.

Sostenibilità umana, che vuol dire investire sulla persona umana, sulle sue capacità cognitive e relazionali.

Il discorso si farebbe lungo e non è questa la sede. Ma sono temi in cui in letteratura esiste ormai una saggistica approfondita, piena anche di buone idee realizzabili. Idee che attendono l’imprenditore politico capace di costruire su di esse un messaggio al paese, un progetto con idee forza capaci di guidare. Le ricette del passato non servono più. Possono insegnare a evitare errori, ma serve la creatività del futuro.

Chi lo deve fare? Lo deve fare il PD. Il PD come è nato, che va ricostruito. Guardando avanti. Francamente non penso che il futuro possa avere il nome di D’Alema (69 anni) o Bersani (67 anni). Non è una questione anagrafica, è che hanno avuto il loro tempo per fare, per fare bene e anche per sbagliare. Non penso che il futuro sia Pietro Grasso (73 anni) che si inventa con un po’ di presunzione il mestiere del leader politico. Ma non lo è neppure per Renzi. Che ha avuto i suoi mille giorni di governo con molte cose buone, ha preso in mano un partito ancora robusto e lo ha destrutturato senza costruire il nuovo e si trova oggi ultimo nella classifica di gradimento dei leader. Perfino dopo Grasso e la Meloni!

Torniamo ad avere fiducia nelle grandi idee. Nella loro capacità di muovere la Storia. Mettiamo tra parentesi le leadership individuali. Queste servono a far camminare le idee. Ma se le grandi idee non ci sono anche grandi uomini diventano piccoli ed inutili.

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2 commenti

  1. Mario
    22 gennaio 2018

    Sono d’accordo Paolo. Due cose mi permetto aggiungere, per me bene che se ne sono andati i Bersani e c. Un PD più moderato è meglio senza i disfatisti del L’Ulivo, della mancanza alla elezione da Presidente di Prodi, senza contare al disfattismo voluto ad una riforma dello Stato mancata per colpa dei D’Alema e c. Su Renzi, Giusto pensare e dire che è meglio Gentiloni per un futuro Governo. Penso però, che senza Renzi, oggi,il PD sarebbe molto più sotto nella percentuale di voto indicata e sono anche convinto, che supererà quel 25% avuto con Bersani a capo. Si quel Besani che è stato preso a schiaffi da Grillo. Buona giornata Paolo.


  2. Paolo
    30 gennaio 2018

    Caro Mario, un partito che restringe il suo campo politico non è mai un partito previdente. Anche perchè all’allontanamento di molti non corrisponde una linea politica chiara ed ambiziosa. Renzi sull’Europa usa le stesse parole populiste di un Fassina


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