Al lavoro e alla lotta

Pubblicato il 12 marzo 2018, da Pd e dintorni

Al lavoro e alla lotta era l’enfatica espressione con cui spesso si chiudevano i comizi del Partito Comunista nell’Italia degli anni 50. Fuor di retorica di parole disusate  dobbiamo sapere che occorre lavorare e lottare politicamente. Per ripartire. Perché ripartire bisogna, per rispetto dei 6 milioni di cittadini che hanno dato il loro consenso al PD. Perché serve all’Italia ed alla sua democrazia la forza di un partito progressista.

Depositati i lustrini della vittoria i due vincitori Salvini e Di Maio dovranno rispondere al paese. Perché hanno vinto ma non hanno i voti per governare. Non servono i linguaggi più educati e la minaccia del rivoto per far superare le enormi divergenze programmatiche con il PD, le incompatibilità finanziarie, una idea della democrazia molto distante. Una volta che riconosceranno la loro impotenza si vedrà cosa si potrà fare.

Intanto ripartiamo dal fatto che gli elettori hanno sempre ragione. Anche quando “sbagliano”, perché esercitano un loro diritto come meglio credono. Ai partiti sta l’esercizio di comprendere il perché di quel voto. Non c’è nessun destino cinico e baro, di cui parlò Giuseppe Saragat agli albori della Repubblica dopo una sconfitta elettorale, ci sono gli errori che si commettono. C’è anche una mutazione antropologica del paese. Perché gli elettori hanno sempre ragione quando esercitano liberamente il loro voto ma queste ragioni non sempre portano al bene comune. E certi sentimenti di solidarietà, di riconoscimento di diritti civili per tutti, ecc. si sono molto appannati per lasciare spazio a sentimenti di paura, rancore, disprezzo per il diverso, ecc. C’è chi nel mondo della scuola non accetta che il suo lavoro sia valutato, a tutela dei diritti degli alunni ad avere una buona istruzione, c’è chi non vuole perdere dei previlegi, chi ha paura della concorrenza, ecc.

Noi abbiamo veramente voglia di reagire? Non solo (necessariamente) partendo da un nuovo Segretario perché se squadra che vince non si cambia, quella che perde fragorosamente va cambiata. Renzi + gli eccessi del giglio magico. I precedenti non sono però molto incoraggianti. Penso al mio territorio in cui certe sconfitte le abbiamo vissute in anticipo. Ad esempio dopo il crollo alle elezioni regionali del 2015 (peggiore risultato di sempre) il PD veneto fece qualcosa? Analisi approfondita dei flussi elettorali, comprensione del M5S, del successo di Zaia con una sua lista civica, basi di pensiero e di organizzazione per rigenerare il PD, ecc.? Non fece assolutamente niente. Non bisognava disturbare il fulgore renziano. Il Partito si trascinò per un anno con un segretario dimissionario, in attesa di ricevere lumi dal giglio magico, e infine si procedette alla vigilia delle elezioni ad eleggere un segretario regionale più per esclusione che per convinzione.

Spero che questa volta sia diverso. Allora per il momento la prendo un po’ alla lontana. Nei momenti di disorientamento ci si può anche ispirare ad esempi del passato. Il tema è ridefinire il senso del PD in un’Italia fatta come è fatta. In cui ci sono cittadini elettori che scambiano le promesse elettorali per leggi già approvate…Occorre molto lavoro, di intelletto e di capacità organizzativa e comunicativa.

Ricorro alle parole di un giovanissimo Aldo Moro (devo la citazione all’amico Nicola Boscoletto) che scriveva nel 1944, in una Italia appena liberata al Sud ma ancora alle prese al Nord con la durezza della guerra e della rappresaglia nazifascista: “E adesso da dove ripartire? Ora dobbiamo percorrere una lunga e difficile strada: dobbiamo appunto ricostruire. Cominciamo da qui. Rimettiamoci tutti a fare con semplicità il nostro dovere. Chi ha da studiare, studi, Chi ha da insegnare, insegni. Chi ha da lavorare, lavori. Chi ha da combattere, combatta. Chi ha da fare della politica attiva, la faccia, con la stessa semplicità di cuore con la quale si fa ogni lavoro quotidiano”.

Un’altra testimonianza da un campo fieramente avverso a quello in cui avrebbe militato Aldo Moro: testimonianza di Palmiro Togliatti, il Migliore, capo carismatico del PCI. Togliatti risponde nel 1949 ad alcuni dirigenti locali del PCI che chiedono al Segretario nazionale come si debba svolgere il lavoro politico e come di conseguenza si debba studiare. Ci fa riflettere questa idea di una dirigenza politica che si sente legata al dovere dello studio. Comunque Togliatti risponde invitando ad entrare nel merito dei problemi, conoscerli da vicino, non limitarsi a “mettere insieme idee generali in forma più o meno polemica; questo sforzo non porta di solito a niente di serio […] quando manchi la ricerca attenta, paziente, larga dei materiali di fatto e quando manchi l’esame critico di questi […] Questo è vero studio e studio che rende, anche per comprendere meglio le posizioni generali. Ma richiede attenzione, applicazione, pazienza, sforzo, disciplina e ore e ore di lavoro”.

Un’altra Italia, naturalmente, altra società, altri partiti. E tuttavia questa idea che i risultati elettorali siano frutto di un lavoro in profondità nella società con applicazione, pazienza, sforzo non è superata. I risultati dei 5 stelle sono frutto di un lavoro di ideazione piuttosto intenso e così quelli di Salvini, che l’Italia l’ha girata per davvero. Altro che il treno di Renzi…

Non bastano gli errori di Renzi a spiegare la sconfitta. Insieme ci sta una idea in cui i dirigenti locali venivano cooptati per fedeltà al capo ed il lavoro politico non era considerata una necessità. Provate ad andare sui siti del PD nazionale e regionale, andate a vedere gli incarichi di settore dei vari dirigenti. Senza generalizzare, ma la maggior parte si sono accontentati dell’incarico come strumento per stare vicino alla sorgente del potere o crederci di esserci. Senza produrre alcunché in termini di idee, iniziative, progetti.

Abbiamo voglia di cambiare, non solo il Segretario, ma anche questa idea di dirigenti senza lavoro, senza responsabilità? Spero di sì. Tanti sono disponibili ad un nuovo inizio. Ma deve essere davvero nuovo, imparando dagli errori. Molti dei quali sono errori collettivi, se non altro per omissioni.

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1 commento

  1. Walter
    13 marzo 2018

    Al lavoro e alla lotta. Analisi piena e completa. Invito al lavoro politico con serietà e costanza.


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