Frizzi compagno di strada

Pubblicato il 30 marzo 2018, da Politica Italiana

Togliatti (sì, è un po’ di tempo che parlo di Togliatti) pretendeva che i suoi dirigenti si occupassero anche di calcio perché affermava che nulla di ciò che muove gli interessi delle grandi masse popolari doveva essere estraneo ai dirigenti di un grande partito. E difatti mi raccontò il compagno Armando Cossutta l’aneddoto della destituzione in tronco del segretario della federazione milanese del PCI negli anni ‘50, reo di non aver saputo informare tempestivamente Giancarlo Pajetta sull’esito della partita Milan – Roma.

La grande emozione popolare per la morte di Fabrizio Frizzi deve perciò essere oggetto anche di una riflessione politica. Sulle contraddizioni del nostro paese, privo di leadership politiche appassionate e durature, che cerca in altri campi la possibilità di riconoscersi in un sentimento condiviso. Neppure lo sport nazionale, il calcio, offre da qualche tempo il grande rito collettivo di una emozione condivisa.

Qual è la contraddizione che emerge? Che nel campo politico sono state maggiormente premiate forze politiche che hanno lanciato messaggi di rottura, di divisione, di interpretazione di rancori e di paure. Poi vedremo come questo consenso possa essere concretamente tradotto in una capacità di governo del paese. In politica insomma viviamo una fase di polarizzazione sulle estreme.

Eppure Frizzi rappresentava una idea di televisione che non aveva nulla in comune con questa idea di società. Non è stato il protagonista di format televisivi destinati alla eccitazione dei rancori, dei litigi, delle contrapposizioni aspre. Al contrario piaceva a molti per la sua televisione rasserenante, sorridente, capace di unire più che dividere, di far emergere ciò che può fare incontrare. Una idea di società in cui la bontà dei singoli, l’adempimento decoroso del proprio dovere, la buona educazione senza parole urlate siano ancora virtù civili necessarie.

Questo è piaciuto a molti. Come hanno dichiarato tanti telespettatori anziani che sono andati ai funerali Frizzi era diventato un amico, un rimedio contro le solitudini, un compagno di viaggio nella vita. Perciò le emozioni. La trasmissione dei suoi funerali ha registrato il 42% di share. Potremmo paragonare i suoi funerali a quelli di Enrico Berlinguer, al netto che allora era più chiaramente un fatto di rilievo politico e vi era anche una solida organizzazione partitica. Ma al netto di questo ci fu una autentica emozione popolare a muovere un popolo: la scomparsa di un amico (di un compagno) con cui si erano condivise passioni e speranze, più che di un leader politico. E potremmo chiederci: oggi ci sarebbe questa passione?

Potremmo dire che c’è una domanda inespressa di serenità, oltre il popolo del rancore (più o meno giustificato) c’è un popolo alla ricerca di modelli positivi e rasserenanti. Anche in politica. Perché l’aumento impetuoso dei pentastellati, concentrato esclusivamente al Sud, non può rappresentare tutto il paese. E il consenso molto elevato di Gentiloni, alle prese con una difficile funzione di governo, deve dire pur qualcosa da non sottovalutare: perché resta il politico più stimato e perché vince con largo margine nel collegio uninominale incerto che gli era stato attribuito?

Guardando all’esperienza di leadership renziana forse c’è stata una sottovalutazione di questo popolo. Perché Renzi ha parlato al paese attorno a due polarità: da un lato un ottimismo volontarista che non era in sintonia con preoccupazioni profondamente radicate nell’opinione pubblica, dall’altro una narrazione sempre divisiva e ansiogena (rottamati, gufi, sindacati sorpassati, ecc.): sempre di corsa, con un giovanilismo esibito che non è servito a convincere i giovani e non ha curato le paure dei più anziani.

Pensando alla ripartenza del PD bisognerà anche fare i conti con questa parte del paese, che esiste ed è probabilmente maggioranza. La maggioranza silenziosa si diceva una volta. È inutile inseguire l’Italia dei rancori. Bisogna pensare a quella parte d’Italia che crede nella forza tranquilla di una leadership moderata e rasserenante. La forza tranquilla di cui parlava in Francia François Mitterrand quando al terzo tentativo riuscì finalmente a conquistare la Presidenza. Sapendo che dentro l’Italia dei rancori ci sta gente spaventata ed incerta che in mancanza d’altro si rifugia lì o nell’astensione del voto. Ma aspetta qualcosa d’altro. Bisogna provvedere.

  • Facebook
  • Twitter
  • LinkedIn
  • RSS
  • Pinterest
  • Add to favorites
  • Print
  • Email

Tags: , , ,

Scrivi un commento