Caro PD, servono parole per il futuro

Pubblicato il 14 giugno 2018, da Pd e dintorni

Ne vedremo delle belle, o meglio delle brutte. Chi si illudeva che M5S fosse una forza culturalmente di sinistra si accorgerà della componente fascista che sta in una parte importante del voto grillino. Lo dimostrano anche i flussi di voto alle comunali. Dove non c’era la lista grillina la maggior parte degli elettori grillini ha votato per la Lega. Parole forti? Sì, ma tecnicamente così si chiama la mobilitazione di persone utilizzando l’odio per chi la pensa diversamente, il disprezzo della rappresentanza, il totalitarismo dei giudizi. Il Governo è culturalmente dominato da Salvini e di fronte alle concrete difficoltà del Governo ci sarà l’eccitazione di ogni irresponsabilità: la colpa sarà sempre di qualchedun altro.

C’è bisogno perciò di una forte iniziativa politica. Ci sarebbe bisogno del PD (anche). Ma gli esiti della rottamazione sono davvero singolari. Perché non c’è solo un silenzio incomprensibile. Avverto nei nuovi dirigenti la mancanza di strumenti culturali per comprendere appieno il nuovo che si è affermato. Novità di linguaggio, di criteri di giudizio, di orientamenti antropologici. Che richiederebbero una radicale reimpostazione del progressismo italiano. Sembra quasi che subiscano una egemonia culturale della destra, appaiono impauriti. Ma vivaddio esiste un’altra Italia rispetto a quella spaventata e rancorosa che il governo gialloverde vuole rappresentare. C’è e sarebbe robusta se gli si dà espressione, prospettiva, speranza.

“La crisi del Paese è andata sempre più coincidendo con la crisi del suo racconto” ha scritto nel suo ultimo editoriale Alessandro Barbano, abbandonando la direzione del Mattino di Napoli “E cioè con l’imporsi di una retorica che ha svuotato di senso le parole su cui si fonda il patto civile tra rappresentati e rappresentanti, tra cittadini e istituzioni. Con l’effetto di indebolire la delega del sapere e del potere, annullare la valenza simbolica dell’autorità, azzerare le forme della democrazia, instaurando nel discorso pubblico un analfabetismo che ci fa vedere l’Italia peggiore di quanto sia nella realtà. Così sfuma ogni differenza tra le élite e la casta, tra il compromesso e l’inciucio, tra le prerogative quirinalizie e i veti eterodiretti. …A una babele di parole irrilevanti è ridotta la politica. La tattica detta i tempi e occupa gli spazi di una dialettica pubblica caduta in un’impasse permanente, senza esiti né direzione”. Parole da meditare

L’attività del nuovo governo farà emergere le cose positive fatte dal governo Renzi. Chi lo criticava da sinistra per il bonus degli ottanta euro si trova la flax tax e la legittimazione dei condoni fiscali, chi criticava Minniti si ritrova Salvini.

Tuttavia occorre capire, una riflessione va fatta. La strada al populismo attuale è stata aperta anche da Matteo Renzi. In buona compagnia peraltro. Anche quella grande stampa che ora si dimostra preoccupata. La rottamazione è servita anche a trasmettere l’idea che esperienza e conoscenza fossero cose secondarie, che un intraprendente giovanilismo fosse sufficiente, che il Parlamento fosse un luogo per ritardare, a servizio di gufi e professoroni, che partiti e sindacati erano out. Pensava che farsi ritrarre mentre digitava qualche tweet significasse essere padroni del mezzo, ma M5S e Salvini dimostrano cosa voglia dire essere veramente padroni delle nuove tecnologie. Abbiamo abbattuto la vecchia “ditta” in mezzo a lazzi superficiali ed offensivi per chi aveva dato una parte della propria vita per costruirla, ma nulla di nuovo è stato realizzato.

C’è un partito da ricostruire dalle fondamenta. Mettendosi tutti in discussione davvero. Utilizzando tutte le risorse che pure ci sono. Ma occorre che ci sia una visione generale sulla società, una rigenerazione dei criteri di giudizio, il possesso delle tecniche necessarie. Ci sono ossature che hanno retto il dibattito pubblico negli anni del dopoguerra: i valori costituzionali, il sogno europeo, l’eguaglianza delle opportunità, ecc. Dobbiamo capire che contano molto meno di una volta, che si può rinnegarli senza conseguenze avvertibili.

Perciò davvero occorre una nuova pedagogia, un nuovo linguaggio, una nuova “patria” dei valori. Quei tanti italiani, quelli che ci hanno votato, i tanti che ci hanno abbandonato per delusione, quelli che sono in attesa, hanno il diritto di sapere chi siamo, cosa vogliamo rappresentare nella società italiana. Vedrete che l’innamoramento gialloverde passerà presto. Ma occorre offrire una alternativa credibile. Nell’immobilismo o nella noiosa e stanca ripetizione di parole d’ordine del passato o con la rivendicazione delle cose fatte da Renzi non si raccoglierà niente. Occorre essere creativi di un pensiero nuovo, non attorcigliato attorno al passato.

  • Facebook
  • Twitter
  • LinkedIn
  • RSS
  • Pinterest
  • Add to favorites
  • Print
  • Email

1 commento

  1. Giovanni Gasparin
    14 giugno 2018

    Ragionamento che non fa una grinza!


Scrivi un commento