Casaleggio, Ruffilli, democrazia

Pubblicato il 26 luglio 2018, da Politica Italiana

Dell’intervista di Davide Casaleggio molto si è parlato. Giusto così visto che è il capo del maggior partito italiano. Capo perché lo possiede giuridicamente e fisicamente. Infatti è il proprietario senza controllo della piattaforma Rousseau, lo strumento senza l’accesso al quale nel m5s non si ha ancor diritto. Con tutti i loro difetti Parlamento e partiti tradizionali sono meglio di questa sudditanza tecnologica.
L’intervista però non è una intervista banale. Vi sono riflessioni e considerazioni sul futuro del mondo globalizzato che riprendono argomentazioni che circolano in rete, in letteratura, che sono oggetto di saggi di un certo rilievo. Se vogliamo una macedonia di argomenti, ma argomenti che possono affascinare, che hanno risonanza in spezzoni di opinione pubblica, specialmente giovanile. A cui sarebbe bene che i dirigenti del PD contrapponessero qualcosa di più che critiche un po’ saccenti. Bisogna invece esprimere in modo convincente visioni diverse ma non appiattite sul contingente. C’ è bisogno di un respiro, di capacità affascinatrice. Non tutto può essere ridotto al tweet di giornata. Non mancherebbero menti, nel partito e tra intellettuali disposti a spendersi per il PD, capaci di sostenere un dibattito anche su questi temi.
Che poi come afferma Casaleggio possano cambiare in futuro le forme della democrazia rappresentativa può essere perfino una ovvietà. Il problema è che il futuro che tratteggia Casaleggio è peggio del presente. Il cittadino senza alcuna mediazione visibile, in realtà un cittadino manipolato dai detentori dei nuovi poteri. La rete non è affatto neutrale, come dimostrano ormai studi approfonditi e la stessa vicenda delle manipolazioni nei processi elettorali occidentali da parte della Russia di Putin.
Per il momento l’idea plebiscitaria di democrazia si è sempre tradotta in una deriva autoritaria. Il rapporto diretto di un mitico ed astratto “popolo” come entità unitaria con il potere senza mediazione di corpi intermedi, istituiti rappresentativi, partiti, sindacati indipendenti, ecc. ha significato il potere senza reale controllo di chi sta in alto, così è stato per le grandi dittature che hanno caratterizzato il 900′, così è stato in tanti regimi autoritari dell’America Latina, così è per i regimi autoritari contemporanei, dalla Russia di Putin alla Turchia di Erdogan, all’Ungheria di Orban, regimi tutti caratterizzati da mandati plebiscitari è da limitazioni nelle libertà fondamentali dei popoli.
L’infrastruttura telematica come abbiamo visto non è affatto neutra, viene manipolata, l’utente è preso per mano ed indirizzato inconsapevolmente dove vuole il gestore. Un grande spazio di potenziale libertà in cui in realtà si realizzano grandi solitudini, si diventa indifesi. Una recente ricerca registra che l’80% degli italiani non è in grado di avere sufficienti difese rispetto alle fake news che circolano in rete.
Il problema non è immaginare in un futuro lontano forme diverse di espressione della democrazia. Del Parlamento ho conosciuto anche i difetti.
Ma pur con forme diverse la democrazia funziona con due presupposti: che ci sia una opinione pubblica che abbia la possibilità di accedere ad una informazione indipendente e plurale, e che i poteri abbiano i necessari contrappesi, con reciproci controlli. La delega diventa necessaria perché per il funzionamento di organismi complessi, per la soluzione di questioni complicate servono delle competenze. E semmai il vero problema è come il cittadino possa esercitare pienamente la delega. In passato un sistema importante è stata la presenza di partiti vitali che selezionavano e proponevano le èlites parlamentari ed anche il voto di preferenza za quando correttamente usato era uno strumento importante in mano ala cittadino.
Ma come abbiamo visto nella imperfetta sperimentazione di nuove forme democratiche da parte del Movimento 5 stelle non esiste il principio dell’uno vale uno. Chi domina la piattaforma Rousseau ha un potere pieno ed incontrollato nell’indirizzare il voto, nel decidere se e quando proporlo, nel validare o meno i risultati non soggetti ad alcuna forma di controllo democratico.
Roberto Ruffilli, il giurista assassinato dalla brigate rosse, parlava in un suo bel saggio del cittadino come arbitro. Descrizione più veritiera del ruolo del cittadino nei processi democratici…

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2 commenti

  1. Walter
    26 luglio 2018

    Non condivido completamente le conclusioni: deriva autoritaria del Web. L’internet può rappresentare una fase dove il cittadino può partecipare nelle scelte politiche. I partiti della seconda Repubblica erano e sono dominati dal culto della personalità del suo fondatore. Gli attuali regimi autoritari sono contro internet. Con affetto W.V.


  2. Paolo
    26 luglio 2018

    Certamente la rete è uno strumento ambivalente che fornisce nuove possibilità di partecipazione. Tuttavia è importante capire che è uno strumento assolutamente manipolabile da chi ne ha le capacità , il potere e le risorse finanziarie. C’è ne siamo accorti tutti quando una modifica degli algoritmi da parte di Facebook nrll’individuazione degli “amici” ha alterato i precedenti canali comunicativi


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