Governare non è scrivere tweet

Pubblicato il 17 agosto 2018, da Politica Italiana

Di fronte alla tragedia genovese che addolora tutto il Paese la prima cosa che dovrebbe fare un governo serio sarebbe di agire. Perché il cordoglio doveroso del governo è diverso da quello del singolo cittadino: ha il dovere di tradursi in azione. Per dare casa a chi l’ha persa, per ristabilire un collegamento essenziale non solo per Genova ma per tutta la logistica del nord Italia. Non con le chiacchiere, gli annunci, la propaganda.

Ci può stare anche la revoca della concessione? Certo, se non la si riduce ad un argomento propagandistico, facendo finta di ignorare la complessità della operazione. Evitando di raccontare bugie, come finanziamenti inesistenti della famiglia Benetton a Renzi. E magari ricordando che gli atti delle convenzioni sono stati resi pubblici proprio dal ministro Dal Rio. Si completi la desecretazione ricordando ciò che hanno fatto i predecessori.

Parliamo di una società quotata in borsa. Circa il 50% del capitale sociale è in mano a migliaia di piccoli risparmiatori proprietari di azioni che hanno già ricevuto un gravissimo danno dagli annunci del governo senza avere alcuna responsabilità sulla conduzione della società. Non è che questi risparmiatori siano diversi da quelli danneggiati da alcune banche. E dei 6.000 dipendenti della società il Governo della dignità cosa intende farne?

Viviamo in uno stato di diritto e parliamo di una società che gestisce 3.000 km di autostrade. La concessione può essere revocata alle condizioni previste dalla convenzione stessa. In particolare la concessione prevede: “in presenza di un grave e perdurante inadempimento da parte di Autostrade per l’Italia ai determinati obblighi convenzionali è previsto l’avvio del procedimento di decadenza dal rapporto concessorio”. Per valutare l’effettivo grave (e perdurante) inadempimento non basta una dichiarazione del Governo. Occorre intanto che si esprimano tutti gli organi tecnici e farlo senza una valutazione della magistratura espone l’atto di revoca ad infiniti ricorsi. E risarcimenti miliardari.

E occorre anche tener conto che per costruire autostrade, che siano società private o che ci siano società pubbliche (come la conglomerata Ferrovie/Anas) occorre approvvigionarsi sui mercati finanziari. Difficile trovare capitali (a costi accettabili) se ci procedesse non secondo le regole dello stato di diritto ma secondo le regole della Turchia di Erdogan, dove il Governo fa a meno della Magistratura.

Poi naturalmente bisogna pagare, al netto dei danni che possono essere imputati alla società. Pagare parecchi soldi, vale a dire il valore della concessione residua. Che scade nel 2038. Ammesso che si proceda concretamente, affrontando tutte le complessità tecniche, giuridiche e finanziarie restano tutti i problemi.

Intanto si è davvero convinti che lo Stato sia un gestore più efficiente? Che si ritorni ad una grande politica di statalizzazione? Forse che i mille chilometri di autostrade gestite dall’ANAS sono in condizioni migliori? Dopo le autostrade magari l’Ilva, l’Alitalia e via cantando? E i soldi dove si trovano? Perché le privatizzazioni furono fatte in un momento di grave crisi finanziaria, per trovare le risorse necessarie ad evitare la bancarotta. Sarà bene ricordarlo agli smemorati. Sempre che si parli di uno stato di diritto che non procede per espropri proletari…

La storia delle autostrade è una storia gravemente segnata da una mancanza di concorrenza e da mancanza di controlli adeguati. Questo è il vero problema. Lo Stato ha proceduto prevalentemente con la proroga delle concessioni a fronte di nuovi lavori. Non senza motivi: evitare che risorse strategiche andassero in mani straniere. Ma ci sono gravi storture da correggere: la mancanza di adeguati controlli sulla attuazione di quanto previsto dalle convenzioni e l’abuso da parte della società della pratica di fare i lavori senza gara, utilizzando società partecipate (con un primo intervento fatto con il codice degli appalti che ha posto un tetto del 40%, che andrebbe abbassato). Il governo “del cambiamento” avrebbe davvero dei cambiamenti da fare in questa materia.

In ogni caso: ammesso che si proceda alla revoca della concessione, quanto tempo ci vorrà, cosa si farà nel frattempo, chi gestirà i 3.000 km di autostrade e quali politiche si faranno? Si farà una gara o lo si darà in gestione all’ANAS? Possiede questa società le strutture adeguate? No.

E in concreto a Genova: ultimata l’emergenza per la salvezza delle vite umane, chi agirà immediatamente: per mettere in sicurezza l’area e per partire subito con la ricostruzione e la soluzione del nodo viabilità? Toninelli pensa di far ricostruire il ponte crollato e tutto il tratto che scorre sopra le case di Genova? Com’era dov’era? E chi lo costruirebbe se si libera Società Autostrade dall’obbligo che ha di risolvere a proprie spese la drammatica emergenza? E se gli si dice di farlo è evidente che la storia della revoca della concessione è un’altra favoletta. L’alternativa è quella della gronda, osteggiata dai 5 stelle convinti che “la favoletta dell’imminente crollo del ponte Morandi” servisse ad ingannare l’opinione pubblica per convincerla ad accettare il progetto della gronda. E si vuole capire che in un paese in cui il 90% delle merci e l’80% delle persone viaggiano ancora sulla rete stradale bisogna investire sul ferro, altro che bloccare i progetti dell’Alta velocità.

Aggiungo tre documenti: uno elaborato da  Gino Favero, l’articolo di Stefano Allievi sul Corriere del Veneto di oggi ed il post di Matteo Renzi.

GENOVA. Grazie a chi sta lavorando senza sosta da due giorni. Le qualità dei soccorritori italiani sono straordinarie. E…

Pubblicato da Matteo Renzi su Giovedì 16 agosto 2018

Per discutere di merito e non di propaganda emotiva. Perché il compito di un governo è risolvere i problemi, non limitarsi a prendersela con i predecessori. Governare è più complesso della scrittura di un tweet.

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