La mancanza del dolore

Pubblicato il 20 agosto 2018, da Politica Italiana

Ciò che colpisce dei funerali di Genova non è il miserabile applausometro funebre, come l’ha definito Massimo Giannini. Mi ha riferito un amico genovese presente ai funerali che la contestazione ad esponenti del PD è stata del tutto limitata all’ingresso dai pochi soliti faziosi senza dignità. Più vasto il consenso agli esponenti del governo, anche se la maggior parte dei presenti era concentrata sul funerale e non su altro. E lo Stato ha avuto la sua rappresentanza più alta nella figura nobile, austera ma umanamente profondamente coinvolta del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. E per questo rispettata ed amata da così tanti italiani.

Sul clima che alcuni hanno voluto costruire attorno al funerale di Stato ha scritto parole definitive il mio amico Mario Cavallaro: “Spero che tutti convengano che funerali con fischi, applausi, sms che ne sollecitano la pubblicazione e da ultimo i selfie eccellenti non sono funerali di Stato, ma dello stato.” Sì perché non è mancato il grottesco invito di Casalino, portavoce 5S imprestato al presidente del Consiglio ai giornalisti: “attenti che vi controllo”, come nella Russia di Putin.

Ciò che mi colpisce di più è la mancanza del senso del dolore da parte di una fascia di partecipanti. Sono lì per sfogare la mia rabbia, il mio rancore e i funerali mi servono per manifestare il peggio di me. Senza rispetto per il dolore altrui. Ci sono stati molti altri funerali di stato in cui il lutto è diventato anche protesta. Ma sempre con compostezza dignitosa.

Penso ad un episodio lontano, la terribile strage di Piazza Fontana nel 1969. Era anch’esso un periodo molto difficile tra autunno caldo e manifestazioni studentesche. Mariano Rumor che era allora Presidente del Consiglio nelle sue memorie così descrive quel funerale a Milano: “una folla pressoché tutta di lavoratori gremiva la piazza del Duomo e gli accessi circostanti, senza vessilli, senza bandiere: era il popolo di Milano, ancora attonito, che veniva a dare il suo ultimo saluto alla barbarie omicida…il silenzio profondo dominante la piazza era rotto soltanto dai singhiozzi dei parenti…nella mia vita politica non ricordo di aver mai partecipato ad un momento di tanta compostezza, di tanta austerità, di tanto rispetto”. E così ricorda quella giornata Antonio Pizzinato, allora segretario della FIOM di Sesto San Giovanni: “Il 15 dicembre, durante la cerimonia funebre celebrata in Duomo, centinaia di migliaia di lavoratori e cittadini presidiano silenziosi la Piazza e le vie percorse dal corteo sino al Castello Sforzesco ed oltre. La giornata è buia, nebbiosa, plumbea e triste, ma il mondo del lavoro, la classe operaia con fermezza e unità sono presenti in forze e costruiscono una barriera in difesa della democrazia, delle istituzioni, contro il neofascismo e il terrorismo”.

I funerali delle vittime della bomba alla Banca dell’Agricoltura – 1969

D’accordo, un’altra Italia, altri linguaggi, altre strutture, poi sarebbero venute altre stragi, altri momenti drammatici cui non sempre lo Stato è riuscito a dare risposta. Però anche in questa occasione emerge il profondo mutamento antropologico del paese. Anche nella sguaiata ed indecorosa pratica dei selfie, come se si fosse ad un evento mondano, senza pudore senza appunto senso del dolore. Ne ho parlato diverse volte: occorre capire fino in fondo questo mutamento antropologico del paese. Se non lo si fa, si usano linguaggi vecchi, si pensa che si tratti di una parentesi, non si andrà da nessuna parte. Cambia il mondo. Non vi dice niente che Putin (a suo tempo guida dei comunisti) si reca al matrimonio della capa dell’estrema destra austriaca? Pensiamo di poter continuare ad usare vecchi schemi interpretativi? E’ una parte d’Italia aggressiva, rumorosa, faziosa, che si sente più di altre Italie.

Questa Italia c’è e questo governo vi aderisce, sa interpretarne rancori, odi, pressapochismi. Li eccita e li ingigantisce. Lavora scientificamente sulla divisione del paese che ne consegue. Con abilità comunicativa. Con una idea autoritaria, in cui la giustizia si fa in piazza, urlando forte. Scriverò qualcosa nei prossimi giorni sul concetto di populismo. Intanto consiglio nel merito la lettura del pezzo di Roberto Bin http://www.lacostituzione.info/index.php/2018/08/19/apprendisti-stregoni-e-danni-conseguenti/ e quello del Foglio https://www.ilfoglio.it/politica/2018/08/17/news/impiccalo-piu-in-alto-210177/ .

Però c’è un’altra Italia da rappresentare. E qui faccio un appello a tutti i dirigenti del PD grandi e piccoli. È in atto nel paese una torsione antidemocratica, bisogna usare le parole giuste finché siamo in tempo. Ci sono naturalmente argini istituzionali, a cominciare dalla figura alta e nobile del presidente della Repubblica. Ma non basta, occorre mettere in campo una iniziativa politica: forte, chiara, coraggiosa. Finora non si è vista ed è grave. Ognuno di noi deve fare la sua parte. Non si può subire impauriti e silenziosi.

Perché c’è un altro popolo. Un vero popolo anch’esso. E’ forse smarrito, disorientato, ma attende una rappresentanza. Conserva i valori di solidarietà, di eguaglianza, del rispetto della legge, del riferimento nei valori costituzionali. Non vuole intristirsi nella società dei rancori. Ma occorre ridargli speranza e prospettiva.

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4 commenti

  1. BARISON GABRIELE
    20 agosto 2018

    Sono assolutamente d’accordo. Non è facile trovare la persona/persone che ci possano rappresentare e dire tutte le ragioni che il crollo del ponte ha portato con sé. Da parte mia, anche se sempre in minoranza, cerco di evidenziarle quelle ragioni ( responsabilità politiche ed imprenditoriali) che nulla hanno a che vedere con le idee di giustizia sociale, solidarietà ed pari diritti che rappresentano il centrosinistra alla quale aspiro.


  2. Elio Ciaccia
    20 agosto 2018

    Condivido pienamente.
    Grazie.
    Elio Ciaccia


  3. Paolo
    21 agosto 2018

    grazie Elio


  4. Paolo
    21 agosto 2018

    Giusto!


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