Il bambino capriccioso e i problemi del paese

Pubblicato il 19 settembre 2018, da Politica Italiana

Ci sono temi importanti, di cui la gente discute. Chi gridando da tifoso, chi cercando di capire. Ad esempio il tema delle pensioni minime e del reddito di cittadinanza è un tema vero. Giusto porlo nell’agenda del paese, ma il Governo continua a fare propaganda e il Vicepresidente del Consiglio Di Maio ingiunge al ministro Tria di “trovare i soldi”. “Pretendo” anzi. Come un bambino capriccioso, Come se il ministro li potesse stampare, come se non fosse un atto eminentemente politico e perciò collegiale del Governo decidere a chi prendere e a chi dare. Perché trovare i soldi facendo tutti contenti esiste solo nelle fiabe dei bambini.

Ma perché il PD invece di parlare di cene e di date di congressi non parla di questi problemi, che interessano i cittadini? Su cui seriamente avrebbe certamente molte cose da dire. Cosicché uno come me se vuole aiutare i cittadini a capire deve ricorrere alle parole semplici e chiare di Maurizio Ferrera, uno dei massimi esperti di welfare e di Alberto Brambilla, tecnico della Lega per le pensioni.

Scrive Maurizio Ferrera: “Il tempo stringe, ma non si capisce ancora che cosa i Cinque Stelle intendano per «reddito di cittadinanza». … Nell’imbarazzo della scelta, la prima e scontatissima mossa sarà l’aumento delle pensioni minime… Perché non si costruisce partendo da ciò che già c’è? Abbiamo un sussidio alla povertà: si chiama Rei. Va migliorato, non fatto fuori. Esiste già anche un’assicurazione contro la disoccupazione, allineata agli standard europei. Che senso ha — come si sente proporre — scippare questo schema dei suoi introiti contributivi per finanziare il reddito di cittadinanza? Di Maio vuole anche reintrodurre la Cassa Integrazione per cessazione di attività. Ma se un’azienda chiude, non ci sono più ore di retribuzione da «integrare». Come in tutti gli altri paesi, si deve ricorrere alle prestazioni di disoccupazione (da noi la Naspi).

La nuova misura, si ripete, sosterrà i bisognosi permettendo loro di rientrare nel mondo del lavoro. Per questo si potenzieranno i centri pubblici per l’impiego. La maggioranza delle persone povere risiede al Sud… Anche se i centri per l’impiego diventassero più numerosi ed efficienti di quelli tedeschi, non si capisce quali e quanti posti di lavoro essi potranno offrire. L’esito più probabile è che si aumentino i dipendenti dei centri regionali e poi si trasformino i beneficiari in lavoratori socialmente utili a vita. Altro che rivoluzione. Un rovinoso ritorno al peggiore assistenzialismo della prima repubblica.”

Mi sembra sufficientemente chiaro. Leviamo pure qualche tecnicismo ma chi conosce la fine che hanno fatto i lavori socialmente utili al Sud sa di cosa parliamo: serbatori di emarginazione, di corruzione, di stipendio percepito senza lavorare. Ma naturalmente i 5 stelle non possono dire miglioriamo quello che c’è, devono dire che è una cosa totalmente nuova. Che nuova non è, perché appunto è un ritorno all’assistenzialismo.

Scrive Alberto Brambilla sulle pensioni: «Primo: a chi vogliamo darla questa pensione? Agli invalidi civili? Bene, sono quasi un milione. E per coprire la differenza tra quanto prendono ora (282 euro al mese per tredici mensilità, n.d.r.) e i 780 euro bisognerebbe spendere circa 6,3 miliardi in più all’anno. Vogliamo darla a chi prende l’assegno o la pensione sociale (453 euro al mese, n.d.r.)? Sono altre 860 mila persone e in questo caso bisognerebbe sborsare altri 4 miliardi. Ci riferiamo invece ai 3,2 milioni di pensioni integrate al minimo (502 euro al mese, n.d.r.) o alle oltre 900mila pensioni con la maggiorazione sociale? Servirebbero altri miliardi ancora. Non ci sono le risorse. E si tratterebbe di un’operazione ingiusta».

«Perché qui parliamo di pensioni per le quali non sono stati pagati contributi sufficienti o non ne sono stati pagati affatto. Su 16 milioni di pensionati oggi in Italia, più della metà sono a parziale o a totale carico dello Stato. Le pensioni minime, sono prestazioni dove il titolare, in tutta la sua vita lavorativa, non è riuscito a pagare i contributi per almeno 15 anni, il che fa scattare appunto l’integrazione al minimo. Solo considerando queste pensioni e quelle con l’aggiunta delle maggiorazioni sociali, si tratta di 4 milioni di assegni. Altri 4 milioni sono invece le prestazioni totalmente assistenziali, per le quali cioè non è stato versato neppure un euro di contributi: le pensioni d’invalidità e quelle sociali, appunto.

Portare tutto a 780 euro significa caricare la spesa sulle giovani generazioni che, tra l’altro, spesso non arrivano loro a guadagnare questa cifra pur lavorando

Prenda un commerciante o un artigiano. Con un reddito medio di 1.350 euro al mese, per maturare una pensione di 780 euro, deve lavorare e pagare contributi per 38-40 anni. Chi glielo fa fare di continuare a versare all’Inps se il governo comunque gli garantisce 780 euro?».

Anche qui: dati precisi, opzioni politiche, spiegando chiaramente che ciò che appare semplice in realtà semplice non è se si vuole fare davvero giustizia sociale. Ecco, perché non ho potuto utilizzare del materiale elaborato da esponenti del PD? Eppure le competenze ci sarebbero. Forse la rottamazione non è che abbia prodotto grandi frutti, né elettorali, né di competenze.

PS ieri sera a Porta a Porta Graziano Del Rio ha parlato chiaramente…Magari sarebbe un buon segretario.

  • Facebook
  • Twitter
  • LinkedIn
  • RSS
  • Pinterest
  • Add to favorites
  • Print
  • Email

Scrivi un commento