Ascoltare Mattarella

Pubblicato il 2 gennaio 2019, da Politica Italiana

Il discorso di Capodanno di Mattarella va preso molto sul serio. Non è un discorso d’occasione. È un discorso che con grande lucidità indica che vi sono dei mali sociali da curare. Occorre una rinnovata alleanza tra chi intende reagire all’idea di una Italia fatta di nemici, di rancore, di invidie. Senza vere speranze.

Cito tre segnali tra i molti di questa Italia malata. Più malata di altri paesi.

La tragedia di Corinaldo. Come in altri casi la commozione del momento, la promessa di una stretta nelle regole e nei controlli. In genere regole più stringenti che servono a rendere più difficile l’attività volontaria e benefica: sagre, feste di beneficienza, ecc. Dove si muovono soldi si trova il modo di pagare qualche multa e di riuscire ad avere occhi distratti.

Siamo un paese proibizionista in materia di droga, tuttavia tolleriamo che vi siano dei luoghi dove lo spaccio avviene regolarmente. Si va lì e si sa che si trova la dose. Ciò che colpisce di Corinaldo è la frequentazione del concerto da parte di adolescenti quasi bambini. Con genitori premurosi che preoccupati della sicurezza li accompagnano. Ma dove li accompagnano? Non solo in luogo in cui come si è visto lo spaccio per lo sballo è regola, ma in cui l’attesa è per un giovane cantante, un rapper come si dice, i cui testi sono un invito a considerare la vita con la sola ambizione di fare soldi e di considerare il sesso una merce come un’altra.

Un assaggio dei testi di Sfera Ebbasta: “Hey troia! vieni in camera con la tua amica porca”, oppure: “Sono una merda ragiono col cazzo, oggi ti prendo, domani ti lascio”. Difficile essere educatori oggi, ma colpisce l’indifferenza o l’ignoranza. Dai poeti maledetti dell’800 a Ginsberg, ai vari generi musicali degli anni ’70 e ’80 ad oggi non sono una novità i testi che si muovono in quella direzione. Però si abbassa l’età fino alla prima adolescenza, mentre si fa più flebile la voce di chi invita considerare la vita una avventura migliore di quella proposta in questi testi.

Un morto per il calcio. Anche qui nulla di nuovo. Emozione, promesse di interventi più drastici, poi tutto continua come prima. A differenza di altri paesi. Società prigioniere di bande criminali, razziste e xenofobe travestite da tifoserie, costi enormi di un calcio miliardario che trasferisce sul pubblico i costi della sicurezza che non è capace di gestire. In Inghilterra il fenomeno c’era con i famosi hooligan, è stato estirpato.

Da noi continua. Marco Piovella, il capo dei delinquenti travestiti da interisti ha una laurea al Politecnico di Milano, un’azienda che si occupa di lighting design, ossia di architettura della luce, nessun precedente penale sulle spalle. Non è sottoproletariato urbano. Semmai questo viene utilizzato e pagato. È borghesia annoiata, alla ricerca di emozioni forti. Decenni fa le trovava magari nel gioco al terrorismo rosso e nero. Persone senza un orizzonte di quei valori richiamati da Sergio Mattarella. In questo caso però una politica debole. Il calcio sostanzialmente non si tocca, con i suoi pregi ed i suoi evidenti difetti.

Anche noi progressisti che abbiamo governato non in modo transitorio in Italia non siamo stati capaci di intervenire con energia e visione. Anche queste sono riforme mancate, anche queste omissioni si pagano elettoralmente.

L’ultimo rapporto CENSIS parla di un paese ripiegato su sé stesso. Così dice il Rapporto: “È una reazione pre-politica con profonde radici sociali, che alimentano una sorta di sovranismo psichico, prima ancora che politico. Che talvolta assume i profili paranoici della caccia al capro espiatorio, quando la cattiveria ‒ dopo e oltre il rancore ‒ diventa la leva cinica di un presunto riscatto e si dispiega in una conflittualità latente, individualizzata, pulviscolare”. L’Italia risulta essere il paese più pessimista d’Europa. Eppure certamente non è il più povero. Sempre il Rapporto, commentando una serie di dati statistici: “Sono i dati di un cattivismo diffuso che erige muri invisibili, ma spessi”.

Gli esempi potrebbero continuare, ma mi fermo qui. Per questo è di assoluto valore il discorso del Presidente della Repubblica. Da valorizzare, da usare come guida dell’azione politica per chi crede nei valori che ci ha indicato: “Sentirsi “comunità” significa condividere valori, prospettive, diritti e doveri. Significa “pensarsi” dentro un futuro comune, da costruire insieme. Significa responsabilità, perché ciascuno di noi è, in misura più o meno grande, protagonista del futuro del nostro Paese. Vuol dire anche essere rispettosi gli uni degli altri. Vuol dire essere consapevoli degli elementi che ci uniscono e nel battersi, come è giusto, per le proprie idee rifiutare l’astio, l’insulto, l’intolleranza, che creano ostilità e timore. So bene che alcuni diranno: questa è retorica dei buoni sentimenti, che la realtà è purtroppo un’altra; che vi sono tanti problemi e che bisogna pensare soprattutto alla sicurezza. Certo, la sicurezza è condizione di un’esistenza serena. Ma la sicurezza parte da qui: da un ambiente in cui tutti si sentano rispettati e rispettino le regole del vivere comune”.

GRAZIE ANCORA PRESIDENTE

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