Le preferenze insegnano, se si vuole

Pubblicato il 30 maggio 2019, da Pd e dintorni

Uno dei modi per capire l’insediamento sociale di un partito e come esso viene percepito dagli elettori può consistere nel guardare al modo con cui gli elettori esprimono il voto di preferenza, quando c’è. Faccio un piccolo esercizio con le preferenze attribuite ai candidati del PD nella circoscrizione Nord Est, limitatamente ai candidati eletti ed ai più votati nel Veneto. La tabellina qui sotto riporta i candidati in ordine di preferenza per i consensi avuti nel Veneto, quelli avuti fuori Veneto con la differenza tra i due valori.

VOTI DI PREFERENZA PD nella circoscrizione Nord Est

Candidati Veneto Nord Est Voti fuori Veneto
CALENDA 120.746 275.161 154.415
VARIATI 48.279 49.861 1.382
PUPPATO 39.995 47.967 7.972
MORETTI 37.640 51.043 13.403
CALO’ 26.861 32.832 5.971
GUALMINI 19.286 77.177 57.941
DE CASTRO 14.627 52.087 37.460

Propongo queste considerazioni:

Calenda non solo è il primo nella circoscrizione, ma è il candidato più votato in tutta Italia. In Veneto prende 120.746 preferenze, vale a dire che lo ha votato un elettore su 4 del PD. Anzi siccome sappiamo che le preferenze vengono esercitate normalmente da meno del 25% degli elettori potremmo dire che lo hanno votato tutti coloro che hanno espresso almeno una preferenza. E’ un risultato straordinario per un candidato che non è del territorio, che non è iscritto al PD, che da una parte non marginale di quadri militanti era considerato troppo di destra, e poi esponente di un governo battuto nelle urne e se vogliamo anche di una cosiddetta élite liberal democratica. Per gli elettori tutto questo non è contato per nulla. Hanno riconosciuto un buon Ministro, che si è dato da fare per l’economia senza trascurare gli aspetti sociali, che è stato convincente nei dibattiti televisivi, che ha saputo trasmettere passione e parole mobilitanti.

Variati è primo in Veneto dopo Calenda. Solo che prende il 97% dei suoi molti voti in Veneto, non riesce ad aggiungere pressochè nulla fuori, e per le europee questo è dirimente. Tuttavia dimostra un solidissimo radicamento nel proprio territorio, non solo a Vicenza. Politico di lungo corso, di grande esperienza amministrativa, non è stato danneggiato dalla retorica della rottamazione, così vivace dentro il PD. Gli elettori, almeno quelli veneti che lo hanno potuto conoscere, lo hanno premiato per queste virtù.

Puppato ha dimostrato di possedere solide e diffuse reti di consenso. Non ha attualmente incarichi amministrativi, è fuori dalla regione e dal parlamento in cui è stata. Vorrà dire che ha lasciato un buon ricordo e che alcune battaglie specie su temi ambientali le hanno conservato un rapporto di fiducia. Anche qui: consenso di origine sociale più che partitico.

Moretti ha confermato quanto conti la visibilità televisiva. Dopo l’ultima performance non proprio felice come candidato presidente della regione Veneto, è riuscita ad essere eletta, tornando nel parlamento europeo dove era stata già eletta con grande consenso, conseguendo significativi consensi anche fuori Regione. Anche in questo caso non si poteva dire che fosse in cima alle preferenze nella rete territoriale del PD.

Poi ci sono le esplicite reti sociali: vale per De Castro, fortemente sostenuto da tutta la filiera agricola o per Calò, che è stato candidato graditissimo nel mondo del volontariato sociale.

Forse le strutture partitiche hanno contato di più nel caso di Gualmini. Non conosciuta dall’elettorato veneto ma da quel che ho potuto vedere le fragili strutture territoriali comunque hanno tenuto molto presente nelle loro indicazioni la proposta Gualmini. Possiamo dire che quel po’ di capacità di indirizzo elettorale che resta è più legata alla tradizione di eredità diessina.

Una considerazione conclusiva un po’ semplificatoria. Il popolo si esprime con le preferenze in modo abbastanza diverso da come si esprimono i ceti dirigenti. Fatto secondario quando c’è il voto di preferenza, in grado di correggere le scelte degli apparati (fragili) di partito. Drammatico quando il voto di preferenza non c’è e il candidato viene imposto dai vertici partitici, come è successo alle ultime parlamentari. Con i risultati per il PD che si sono visti. Bisogna saper riconoscere e valorizzare le leadership che si manifestano (come quelle di tanti bravi sindaci) al di fuori degli angusti recinti della vita partitica. Si dovrebbe essere dirigenti per questo.

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1 commento

  1. claudio ranghetto
    30 maggio 2019

    Le preferenze insegnano, se si vuole… e allora perchè lasciare scegliere chi viene eletto solo dai dirigenti del partito, anzichè tornare alle preferenze, che mi sembrano molto più uno strumento di democrazia.


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