Che barba, che noia: cambiare passo

Pubblicato il 19 giugno 2019, da Pd e dintorni

“Che barba, che noia, che barba” era il famosissimo intercalare di Sandra Mondaini nella sit com di successo con Raimondo Vianello.

Non voglio sembrare qualunquista ma a sentire dei litigi tra i dirigenti del PD mi viene spontaneo ripeterlo anch’io. Naturalmente comprendo benissimo che ci possano essere delle ragioni politiche. Il problema è che neppure ad una persona come me (che di politica ne ha fatta molta) appaiono chiari (e soprattutto un po’ appassionanti) i motivi del dissenso. Non ho ancora capito se nella nuova segretaria del PD non ci siano tutte le minoranze per scelta del segretario o per scelta delle minoranze stesse. E d’altra parte se hai scelto di essere minoranza farai la minoranza, ruolo così importante per la vita democratica…E in ogni caso a me piacerebbe conoscere le ragioni politiche del dissenso. Anche per vedere come ricucirle.

Invece in tutto questo rinfacciarsi tweet, post, dichiarazioni sui media non c’è pressoché nessuna parola sul paese ed al paese, su temi che possano appassionare l’opinione pubblica, far comprendere il senso di certe battaglie politiche. Nulla di tutto questo, perciò che barba e che noia, solo che intanto il paese rischia di andare a ramengo. Condivido le parole di Maurizio Martina: “Vi prego, fermatevi. Fermiamoci. Così siamo solo respingenti. Dovremmo avere l’ossessione di aprire, unire e rinnovare. Senza ripicche. Conta il paese reale, non il nostro ombelico”. Oppure quelle di Carlo Calenda: “Noi possiamo assumere due prospettive. Rinunciare a coordinarci e quindi dire che il Partito democratico sarà un caos da adesso fino alla fine dei suoi giorni, che a quel punto saranno molto vicini, oppure dire che proviamo a rilanciarlo”. Zingaretti in direzione ha lavorato per smussare le polemiche, ma intanto il danno nell’opinione pubblica è fatto e resta.

Qui non c’è solo un partito da ricostruire. C’è una discontinuità necessaria, parole e schemi nuovi per una società che è cambiata. La storia ci insegna questa necessità. Alla discesa in campo di Berlusconi accompagnata da un enorme successo elettorale si rispose cambiando l’assetto politico, il campo ampio dell’Ulivo (ed il deprecato D’Alema guidò il Pds in questa impresa), Marco Da Milano ha ricordato sull’Espresso una intervista di Prodi dell’agosto del 1994: “non è tempo di ritiri sotto le tende, c’è una emergenza e bisogna coagulare le forze in grado di affrontarla. Non so se si chiamerà partito democratico so solo che occorre riunire tutte le energie democratiche”. Vale anche per oggi. E prima ancora Moro e Berlinguer cercarono con coraggio strade nuove. Come disse Moro nel 1968, di fronte ad una società che si ribellava allo statu quo, con un famoso discorso: “Tempi nuovi si annunciano ed avanzano in fretta come non mai… sono tutti segni di grandi cambiamenti e del travaglio doloroso nel quale nasce una nuova umanità…Nel profondo, è una nuova umanità che vuole farsi, è il moto irresistibile della storia…questo è il fatto nuovo e difficile della nostra condizione, dobbiamo agire con l’animo di chi, consapevole delle strette politiche e delle ragioni del realismo e della prudenza, crede profondamente che una nuova umanità è in cammino, accetta questa prospettiva, la vuole intensamente, è proteso a rendere possibile ed accelerare un nuovo ordine nel mondo”. Lo stesso Bettino Craxi seppe dare al Partito Socialista, stretto tra le larghe intese DC/PCI un progetto, uno schema di gioco fortemente innovativo, cambiando la natura del Partito Socialista. Ecco, leader diversi che seppero però accettare la sfida del cambiamento, almeno combatterono per orientare la storia

Qui invece si parla delle sottocorrenti di un PD in crisi, senza un discorso sulla Nazione. Zingaretti prigioniero del giustizialismo per la vicenda Lotti? Il giustizialismo non c’entra niente, visto che Lotti non è neppure indagato per le vicende del CSM. C’entra il decoro delle istituzioni e se non si capisce che non sta bene che un parlamentare indagato in una procura partecipi a maneggi per decidere il capo di quella stessa procura forse è perché ci sono state carriere politiche senza scuola, senza gavetta, senza crescita sociale e non si ha ben chiara l’importanza dell’etica pubblica.

In televisione vanno persone che spesso danno l’idea di conoscere superficialmente la materia, con slogan fatti e senza una vera esperienza di vita, di lavoro, di costruzione di un proprio curriculum, ed escono regolarmente battute, dai populisti naturalmente, che usano parole semplici e concetti altrettanto semplici ma che fanno presa, ma anche da chi argomenta nel campo progressista. L’altra sera Ettore Rosato è uscito distrutto da Cacciari e una supponente Alessia Morani da Gianrico Carofiglio. Persone nostre che dovrebbero essere utilizzate.

Si prenda atto: se dentro ciò che è restato nel partito non emergono leadership emozionanti, capaci di racconti coinvolgenti, che facciano trasparire competenza e visione si cerchi anche fuori. Non discuto le scelte di Zingaretti, certo nel complesso non mi sembra che nei nomi fatti per la direzione ci siano le competenze, culturali, politiche, di leadership per la grande sfida. E’ in gran parte un già visto, competenze usurate, linguaggi tutti interni ad un ceto politico.

Ma come volete che ci si appassioni di queste cose? Cerchiamo fuori, con coraggio, con gusto del rischio. Non si potrebbe che migliorare.

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