I capitani dimezzati

Pubblicato il 6 settembre 2019, da Politica Italiana

A me sembra che sia nato un governo interessante. Perché la discontinuità è reale, anche oltre le apparenze. Il presidente del Consiglio torna al suo ruolo costituzionale e non più a quello di notaio dei due litigiosi vice premier. Il salvinismo di Di Maio esce sconfitto. Ha un ministero importante ma sotto controllo: tra Presidente della Repubblica, Presidente del Consiglio ed apparato del ministero e degli ambasciatori c’è poco spazio per improvvisazioni personali e governo dei tweet. Zingaretti ha saputo tenere unito il partito e presenta una squadra rinnovata.

Certo il programma è piuttosto generico e non muove alcuna emozione. Un elenco di cose generiche senza un solo numero. Però sappiamo che ciò che conta è la condivisione di un progetto ed una reciproca lealtà. Il dettagliato contratto di governo con tanto di notaio non ha impedita la crisi politica repentina e del resto anche il secondo governo Prodi che aveva la base di un librone del programma di 200 pagine è lo stesso caduto a metà legislatura.

Si vedranno i fatti naturalmente. Di fronte ad una situazione che resta molto difficile per i fondamentali economici. Intanto ci siamo liberati della quotidiana eccitazione di paure e di odio, dello spargimento di veleni alimentati dal Ministro dell’Interno, con una macchina propagandistica pagata da tutti i cittadini. E non è poco.

Ci riconquistiamo una dignitosa presenza in Europa, l’Italia torna ad essere partner rispettato ed affidabile. Sassoli presiede il Parlamento Europeo, Gentiloni sarà un commissario di peso, forse andrà al posto di Moscovici.

Alzando lo sguardo dalla quotidianità (vedremo il passaggio alla Camera e soprattutto quello più delicato al Senato) possiamo accorgersi che la politica si fa globale e così nello stesso tempo due prepotenti (Matteo Salvini e Boris Johnson) vengono sconfitti dalle regole sia pur indebolite delle democrazie parlamentari. In cui la prepotenza può non funzionare molto.

Il capitano è diventato un capitone, schiuma rabbia per l’errore che sa bene di aver commesso anche se lo vuole negare con ogni artificio. Pensava di essere diventato padrone dell’Italia ma come bene gli aveva ricordato Giorgetti fin dal primo giorno i conensi che si prendono su ondate emotive se ne possono andare in fretta. I consensi ci sono ancora, la proposta politica di Salvini resta comunque in campo ma per il momento la pretesa del potere assoluto è stata sconfitta dalle regole democratiche, che sono sempre fatte di equilibri. Se in parlamento c’è una maggioranza la si deve esercitare perché i cittadini votano per cinque anni e non a piacimento di un leader politico che avrà visto crescere impetuosamente i suoi consensi ma resta pur sempre una minoranza.

Lo stesso film lo vediamo nel Regno Unito. Boris Johnson scambia il mandato avuto, dopo il fallimento del suo predecessore, per una licenza appunto per il potere assoluto: chiusura del Parlamento, Brexit senza accordi, ecc. Ed il sistema democratico appunto reagisce. Gli dimostra che il Parlamento deve essere rispettato, che il suo è un potere che per essere legittimo deve seguire le regole previste e rispettare interamente gli altri poteri. Ed anche lì si difende invocando elezioni subito ma non ha i voti per pretenderle. Perché anche su questo ci sono delle regole, pur essendo il sistema inglese avvezzo allo strumento delle elezioni anticipate per intercettare il momento più opportuno per incassare il dividendo politico.

È la democrazia, bellezza. Leaders cresciuti troppo in fretta, con il consenso facilmente conquistato, tendono a dimenticare la fatica delle regole che giustificano l’esercizio del potere e per questo vengono sconfitti. Perché avere una maggioranza relativa dei voti, che magari diventa maggioranza assoluta in Parlamento grazie a legge maggioritarie, non giustifica e non consente l’arbitrio del potere.

  • Facebook
  • Twitter
  • LinkedIn
  • RSS
  • Pinterest
  • Add to favorites
  • Print
  • Email

2 commenti

  1. claudio ranghetto
    6 settembre 2019

    Anche se è il colore del partito di Berlusconi, in questa foto ammiro molto l’azzurro della neoministra dell’agricoltura Bellanova, è proprio bella e nuova, come dice il suo nome, e l’azzurro del suo abito dà una nuova luce ad un nuovo governo dopo tante tenebre. Viva l’azzurro, e viva la ministra, che sono sicuro che sarà anche bravissima… nel suo campo non è certo l’ultima arrivata,


  2. Fiorenza Carnovik
    8 settembre 2019

    Il vecchio proverbio “chi troppo vuole, nulla stringe” sembra essere ancora vero, ma saremo vigili abbastanza per evitare che alcune idee “diventino gambe che camminano nella storia?


Scrivi un commento