Oltre la scissione il campo del futuro

Pubblicato il 25 settembre 2019, da Pd e dintorni

La scissione ormai è un dato di fatto, È alle spalle. Ogni scissione comporta scelte difficili anche alla base, con militanti obbligati a scegliere, ci possono essere autentici dolori (ricordiamo ai tempi della caduto di Prodi 1 le lacrime della deputata veronese incerta fino all’ultimo nella scelta tra Bertinotti e Cossutta), ci possono essere opportunismi (dove mi conviene andare), dubbi reali. Raramente la somma dei due dividendi supera l’originale. Speriamo che questa volta sia diverso e realmente Renzi non si limiti ad erodere qualche voto al PD, ma riesca ad essere attrattivo tra non votanti e elettori di centro destra non estimatori della piega imposta dal sovranismo salviniano. Si vedrà, e lo stesso si può dire per Calenda.

Per me che sono rimasto nel Partito Democratico il tema che avverto è: quale è la sua nuova missione. Perché non possiamo far finta di niente (e mi colpisce la scarsità per non dire l’assenza del dibattito nei territori): allontanato per il momento il pericolo del sovranismo salviniano con la sua richiesta smodata di pieni poteri, impostato un governo in cui per la verità l’unico comunicatore appare il redivivo Conte, non mi sembra che il PD abbia trovato forti parole d’ordine con cui rinsaldare il rapporto con l’elettorato. Le alleanze anche locali, se possibili, con i 5 stelle rischiano di non essere sufficienti.

Dobbiamo prendere atto: l’ipotesi di un grande partito a vocazione maggioritaria che era alla base della fondazione del PD non ha retto, per tanti motivi: oggettivi di evoluzione del sentire degli elettori, per errori compiuti, tra pigrizie e contemplazione del proprio ombelico, ed anche perché, per la verità, il fronte progressista ha governato sempre in condizioni difficili: abbiamo vinto con il primo Prodi con la desistenza con Rifondazione, con Prodi 2 con una risicatissima e litigiosa maggioranza, con il voto decisivo dei parlamentari esteri, con Renzi e Gentiloni non in virtù di una piena vittoria elettorale.

Rinvio alla interessante analisi di Stefano Allievi (un’altra intelligenza persa dal PD) nel saggio Un nuovo paesaggio del fronte riformista   , sul fatto che il PD abbia un problema di una crisi di senso, di rappresentanza, prima ancora che di proposta. Per Allievi la crisi del PD è ormai irreversibile, si tratta di un partito arrivato alla fine del suo ciclo di vita. D’altra parte constatiamo che nell’immobilismo del PD veneto (alle soglie delle elezioni regionali) chi vuol far qualcosa lo fa fuori dal PD: ad esempio a Treviso l’ex sindaco Manildo costituisce una fondazione con personalità interessanti che nel PD non hanno più o non hanno mai avuto voglia di lavorare. Questo declino è ciò che principalmente imputo a Renzi: nessuna cura nel coltivare il PD che c’era, nessun lavoro serio per costruire il PD di un possibile futuro: oltre all’Io niente

Voglio essere meno pessimista di Stefano, o meglio pensare all’ottimismo della volontà più che constatare il pessimismo della ragione. Certo è che mi sembrano insufficienti le due strade più semplici: immaginare ancora una forza attrattiva del PD nei confronti di forze politiche minori: perché la forza attrattiva non c’è e perché comunque aggregazioni a tavolino senza correnti di emozioni vive nel paese producono molto poco. Oppure semplicemente pensare alla riedizione dello schema a due punte: DS (nel frattempo smagriti), simil Margherita realizzata da Renzi, mi sembra che non ci sarebbe né i voti né la passione.

Forse bisogna tornare più indietro, alla forza generativa che aveva messo in campo l’Ulivo: la costruzione di un campo di alleanze forti, che rimodelli completamente il fronte progressista, su tradizioni ancora valide e su innovazioni di pensiero necessarie. È il fronte composito di cui parla Allievi nel suo saggio: la tradizione della sinistra diversamente articolata attorno al PD, la tradizione liberal progressista, l’ambientalismo, stranamente in Italia sempre irrilevante, la nuova cultura cattolica, movimenti civici, la ridefinizione del campo elettorale coperto dai grillini, ecc.

Non si tratta di mettere insieme ciò che c’è, anche se nell’immediato occorre fare di necessità virtù, partendo anche da alleanze territoriali come in Umbria. Occorre coltivare un campo nuovo, ognuno portando una dote di pensiero. Suggerisco la lettura dell’intervista di Bersani su Repubblica , per coloro che non sono prigionieri dei rancori del passato. Vedo tre grandi filoni che possono costruire una piattaforma aggregativa larga, in cui ci si può stare:

il tema della giustizia sociale, paradossalmente trascurata dalla sinistra, pensando che un nuovo grande ciclo della globalizzazione facesse salire tutti, mentre invece sono aumentate disparità ed esclusioni

un grande progetto ambientalista, che non può essere né l’ambientalismo del no, né l’ambientalismo delle correzioni ex post, m la definizione di un nuovo modo di produrre e consumare, in cui la tecnologia offre risorse un tempo impensabili

un nuovo progetto di democrazia inclusiva, che affronti le debolezze degli attuali sistemi democratici, che soffrono sotto le ventate sovraniste, populiste ed autoritarie che ormai sono al governo in larghe parti del mondo.

C’è un lavoro enorme da fare, ma senza questo lavoro non si otterrà niente. Il rischio del sovranismo momentaneamente allontanato si riaffaccerà con forza. Occorre muovere passioni nuove

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2 commenti

  1. adriano burattin
    13 ottobre 2019

    Caro Paolo,ascoltare i tuoi ragionamenti è sempre una consolazione. Sai unire la sintesi alla sobrietà del linguaggio andando dritto al problema senza virtuosismi accademici. Ma, sopratutto, apprezzo il fatto che delinei il problema, suggerisci possibili percorsi di soluzione ma lasci a chi ti ascolta il compito di pensare lui ad una soluzione.
    Di questi tempi purtroppo è merce rara.
    Grazie


  2. Paolo
    14 ottobre 2019

    Caro Adriano, ti ringrazio per la stima e sono lieto che ciò che scrivo sia utile. In effetti sono ormai un osservatore esterno e penso che il mio compito sia di suggerire alcune chiavi di lettura per chi pensa possono essere utili. Poi chi ha responsabilità dovrebbe agire, trovare le soluzioni, sperimentare percorsi, ecc.


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