Si sbagliava da professionisti

Pubblicato il 21 agosto 2020, da Politica Italiana

Non basta una intervista estiva alquanto equivoca dell’on. Di Maio per considerare aperta una nuova fase dei rapporti tra Pd e M5s. Sarei prudente nei giudizi, spesso i dirigenti del Pd sono troppo incauti e generosi. E infatti, ovviamente, sul territorio effetti non se ne vedono. Tuttavia è ormai ora di affrontare il punto cruciale: governare insieme è semplicemente la transitoria iniziativa difensiva (evitare le elezioni pretese da Salvini con la crisi del governo gialloverde) o è l’apertura di una fase nuova per la politica italiana, dotata di prospettiva ambiziosa?

Il nodo va affrontato. Non esiste più (anche per gli errori commessi) l’idea di un Pd a vocazione maggioritaria, l’idea di un sistema politico assestato su un bipartitismo costruito attorno a PD e Forza Italia (preistoria politica…). Siamo in presenza di un sistema tripolare, con la fragile e equivoca gamba del grillismo, che deve decidere, anche a costo di dividersi, cosa fare per il futuro. Tenere insieme quelli che erano per l’acqua pubblica, quelli che avevano simpatia per il fascismo, quelli che il Pd non era abbastanza di sinistra e quelli che i comunisti hanno rovinato l’Italia, ecc. non è più possibile, cavalcare solo l’indignazione popolare ed eccitarla non è una ricetta di governo.

Occorre coraggio, ma occorre anche un metodo. Aprire un rapporto politico serio e nuovo richiede ambedue le cose. Non basta certo che si stia governando insieme. Il Governo nasce come reazione alla scommessa di Salvini (se Salvini non avesse deciso di staccare la spina i grillini avrebbero avuto obiezione a continuare?) e si trova subito ad affrontare l’emergenza Covid. Ma nessuna delle eredità legislative perniciose del governo gialloverde è stata corretta e per il momento l’erogazione eccezionale di fondi pubblici per fronteggiare l’emergenza Covid non ha fatto emergere una idea condivisa di futuro.

Si dovrebbe partire da almeno due cose. Spiegare agli elettori la necessità di un nuovo corso, spiegando anche gli errori commessi, per rispetto e premessa necessaria. Vale soprattutto per M5S. Hai fatto un governo con la Lega, hai rivolto al Pd i peggiori insulti. Li hai accusati di ogni nefandezza. Sei stato messo alla porta da Salvini e ti sei acconciato ad un governo con il Pd. Spiega le ragioni per cui hai cambiato idea. C’è l’esigenza di una pedagogia pubblica, se no resta solo l’opportunismo del potere e gli elettori lo capiscono e (giustamente) ti rifiutano. Vale in misura minore anche per il PD, da pericolosi populisti ad alleati di governo non è un passaggio semplice. Anche qui serve il rispetto degli elettori.

Poi: su quali basi progettuali, su quale idea di Italia per il futuro si costruisce questa alleanza futura? Su quale progetto riformatore? Al momento non ve ne è alcuna traccia, neppure nella esperienza di governo. Finora per reggere il Governo il Pd si è dovuto sostanzialmente assumere la responsabilità di accettare il malfatto precedente e non disturbare l’agenda grillina: tacere sul fallimento del reddito di cittadinanza, su norme sulla prescrizione indegne di un paese civile, sulla inadeguatezza palese di alcuni ministri, su una riduzione del numero dei parlamentari al di fuori di ogni razionale disegno di riforma costituzionale.

E poi se il dialogo dovesse proseguire quale sarebbe l’esito? Un moderno processo riformatore o un appiattimento ad una collaborazione tra una sinistra passatista che rientra nei confini storici del fu Pci e la parte di “sinistra” del grillismo, con una richiesta di statalismo e centralismo? Probabilmente esito insufficiente per vincere e che comunque aprirebbe uno spazio politico inevitabile ad un centro riformatore, attorno alle idee per esempio di Calenda.

Si potrebbe anche ricorrere alla storia se si volesse essere aiutati. Anche i due nemici storici del dopoguerra, Dc e Pci, ad un certo punto si sono incontrati. Ma con un processo esigente. Partendo dalle cose in comune, ad esempio la lotta al terrorismo e il comune patriottismo costituzionale, con un severo giudizio su ciò che servisse al paese, con figure di leader carismatici come Aldo Moro ed Enrico Berlinguer. Processi politici, non improvvisazioni opportunistiche, una lunga pedagogia per i propri elettori per far comprendere la natura della sfida.

Per ricostruire serve una idea e un cantiere, ha detto Renzo Piano parlando del ponte di Genova. Vale anche per la politica: serve una idea ambiziosa per il paese, serve un cantiere, con uomini coraggiosi e lungimiranti, al centro e nei territori. Senza non si combina nulla, ci si illude ed il risveglio all’appuntamento elettorale sarà doloroso.

P.s. Il testo di una bella canzone di Paolo Conte “Boogie” ad un certo punto recita “Quei due sapevano a memoria dove volevano arrivare…Era un mondo adulto, si sbagliava da professionisti”. Ecco si può sbagliare e anche Moro e Berlinguer possono essere soggetti al giudizio critico della storia, ma semmai si sbagliava da professionisti. E bisognerà che i leader grillini spieghino all’opinione pubblica che si sono accorti che la politica è un mestiere esigente, che richiede competenza, studio, preparazione. Professionalità appunto, come in ogni campo della creatività umana.

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1 commento

  1. Gian Claudio Luzi
    21 agosto 2020

    Chiaro: finalmente avete capito di aver imboccato un vicolo cieco ,


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