Non pagare il debito: bello e impossibile

Pubblicato il 23 marzo 2014, da Politica Italiana

Dice Grillo: “Semplicissimo, basta non pagare il debito. Del resto l’ha fatto anche la Germania nel 1953”. E’ sempre sbagliato snobbare affermazioni fatte da leader che raccolgono il consenso di milioni di persone. Specie se queste affermazioni, ancorchè infondate, possono essere molto popolari. E se compiacciono quello spirito italico (molto presente anche se per fortuna non maggioritario) per cui i problemi non si risolvono ma si scansano. Bisogna sempre rispondere nel merito.

Intanto la verità storica. Nel ’53 si consentì alla Germania di non pagare i pesantissimi danni di guerra comminati dalle potenze vincitrici. In un clima di guerra fredda si pensò (giustamente) che era interesse dell’Occidente una Germania che si rimettesse rapidamente in piedi. Un periodo di intensa crescita economica, in cui gli Stati Uniti, vincitori militarmente, politicamente ed economicamente, facevano un po’ da banca dell’Occidente. Danni di guerra quindi, non debiti cumulati per dissennate politiche economiche. Un contesto e un fatto tutti diversi.

Ma alla fine sarebbe possibile e conveniente non pagare il debito per decisione unilaterale? Quali sarebbero le conseguenze? Tutto sarebbe sopportabile se l’Italia fosse un sistema economico chiuso, che non avesse bisogno di nessuno. Così non è e le conseguenze sarebbero immediate. Non solo le pesantissime sanzioni economiche previste dai trattati. Ma anche sanzioni di tipo commerciale. L’Italia deve comprare molte materie prime all’estero. E chi si fiderebbe di vendere all’Italia: solo a prezzi alti e con denaro sull’unghia. L’Italia con una delle economie più aperte al mondo in termini di import export si troverebbe un paese isolato. E chi investirebbe in un paese dove non c’è certezza del diritto?euro

Soprattutto: chi presterebbe denaro ad uno Stato che non onora il debito? Nessuno. E l’Italia non ha solo il problema di pagare i debiti passati. E’ che come ogni altra istituzione ha bisogno di finanziarsi sui mercati per la gestione ordinaria. Cosa che diventerebbe impossibile, con tutte le conseguenze del caso, compreso il possibile non pagamento di pensioni e stipendi.

E poi: a chi non restituiamo il debito? Il debito pubblico è in mano a fondi di stati sovrani, alle banche ed altre istituzioni finanziarie, alle famiglie. Non è che facciamo un dispetto ad una specie di Spectre, ad un Grande Vecchio della Speculazione Internazionale. Gli stati: non è che si fanno fregare in silenzio, farebbero il possibile per recuperare i propri denari: guerre commerciali, chiusure alla circolazione di merci e persone, cessazione di cooperazione, ecc. Le banche: se dovessero incorporare una perdita così pesante ci possiamo aspettare di tutto: dal crack bancario a, come minimo, una ulteriore restrizione del credito: meno denaro per le imprese e le famiglie e tassi molto ma molto più elevati.

Infine le famiglie. E questo è l’aspetto paradossale. Perché non restituire il debito (che sembra molto popolare a sinistra) significa anche mandare in fumo i risparmi dei piccoli risparmiatori che si concentrano sui titoli di stato. Cosicchè il pensionato che ha investito i risparmi di una vita in titoli di stato vedrebbe il proprio piccolo patrimonio azzerato. Un bel risultato davvero. Bello ed impossibile, canta Gianna Nannini. Qui siamo in un altro campo, ciò che appare bello non è tanto bello e resta comunque impossibile.

 

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4 commenti

  1. Sergio Broggio
    24 marzo 2014

    Quello che sostieni nella tua risposta al demagogo Grillo non fa una grinza. Quello che non capisco è che dopo sei anni di politiche di austerità il rapporto debito pil non cala e il debito complessivo non diminuisce. La disoccupazione e con essa la disperazione è in crescita esponenziale. La crescita economica, se ci sarà, non farà crescere l’occupazione. Quale allora la prospettiva? Perché non si comincia con una politica che prenda da chi più ha? Si proceda ad una redistribuzione del reddito. Infine una domanda: è mai possibile pensare ud uno sviluppo come quello dall’ultimo dopoguerra in avanti? No! Non basta qualche cerotto alla situazione che ci ritroviamo. Ci vuole un intervento di fondo: radicale.


  2. Davide Gionco
    24 marzo 2014

    Dei cittadini affidano allo Stato parte del loro denaro, per un tempo definito, in cambio di un tasso di interesse corrisposto.
    Il contratto che regola questa operazione sono i titoli di stato.
    L’ammmontare di tutti i titoli di stato emessi si chiama: “debito pubblico”.

    Dei cittadini affidano al sistema bancario parte del loro denaro, per un tempo definito, in cambio di un tasso di interesse corrisposto.
    Il contratto che regola questa operazione si chiama “deposito bancario”.
    L’ammontare di tutti i depositi bancari si chiama “depositi bancari degli italiani”.

    Domanda: perché nel primo caso si pensa che il “debito pubblico” debba essere ridotto, mentre nel secondo caso nessuno chiede alle banche di ridurre l’ammontare dei depositi?

    Eppure si tratta, concettualmente, della stessa cosa.


  3. Paolo
    26 marzo 2014

    Caro Sergio, concordo. Il debito cresce perchè la spesa cresce più del pil: il paese cresce pochissimo o non cresce del tutto, ma le spese continuano a correre ed il rapporto peggiora. Occorre un nuovo paradigma dello sviluppo: più equo, più sostenibile, più stabile


  4. Paolo
    26 marzo 2014

    giusta riflessione a completamento del mio intervento


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