Paolo VI, un grande cristiano, un grande democratico

Pubblicato il 19 ottobre 2014, da Cattolici e società

La beatificazione di Paolo VI ci ricorda un grande uomo di Chiesa, che ha segnato profondamente anche la vita democratica italiana. Figlio di un senatore popolare negli anni 20, negli anni del fascismo protettore degli antifascisti e costruttore di una nuova classe dirigente di cattolici impegnati nella vita democratica, portatore di una visione della politica aperta al futuro, di incontro più che di contrapposizione. Cui toccò il compito difficile di dare attuazione alla grande intuizione di Giovanni XXIII del Concilio Vaticano. Come disse un giornalista “Giovanni XXIII ha avuto il compito più facile, far decollare l’aereo, ma Paolo VI ha avuto quello molto più difficile di far atterrare un grande aeroplano in una pista molto corta”. Per comprendere la figura di Paolo VI si può leggere la bella biografia di Andrea Tornielli “Paolo VI” edizioni Mondadori.

Riporto qui due scritti di Paolo VI agli estremi della sua vita pubblica.

Il primo è del 1926, giovane prete già a Roma, scrive ai familiari, dopo una serie di attentati fascisti alle organizzazioni cattoliche della provincia di Brescia. In quegli anni a Padova fu distrutta la tipografia del giornale diocesano La Difesa del Popolo. Sono considerazioni di straordinaria attualità e con un giudizio già nettissimo contro il fascismo. Quando nella Chiesa molti pensavano all’uomo della provvidenza e molti che divennero antifascisti poi guardavano con interesse o con indifferenza al fascismo. ”

Carissimi, l’espresso del papà mi ha riempito l’anima di amari e di grandi pensieri. Bisogna essere coraggiosi…Evidentemente c’è lo studio di creare spavento, è una forma per incatenare spiriti che sfuggono. I governi precedenti avevano la paura del coraggio; questo ha il coraggio di mostrarsi pauroso; è la propaganda del sospetto, è la smania di individuare gli avversari; è la logica della rivoluzione. Il fascismo morirà di indigestione se così continuerà e sarà vinto dalla propria prepotenza. Quello che è doloroso è che il popolo italiano venga così a ricevere la esiziale educazione della volubilità e dell’avventura e che sia continuamente eccitato non a contenersi nell’ambito del diritto ma a sfrenarsi nella brutalità improvvisa degli odi di parte”.

Il secondo è all’estremo opposto della vita. Un papa già malato e sofferente (morirà tre mesi dopo) rivolge il famoso appello alle Brigate Rosse che avevano rapito Aldo Moro, trucidato la sua scorta e preso avrebbero assassinato Moro.

“Io scrivo a voi, uomini delle Brigate Rosse: restituite alla libertà, alla sua famiglia, alla vita civile l’onorevole Aldo Moro. Io non vi conosco, e non ho modo d’avere alcun contatto con voi. Per questo vi scrivo pubblicamente, profittando del margine di tempo, che rimane alla scadenza della minaccia di morte, che voi avete annunciata contro di lui, Uomo buono ed onesto, che nessuno può incolpare di qualsiasi reato, o accusare di scarso senso sociale e di mancato servizio alla giustizia e alla pacifica convivenza civile. Io non ho alcun mandato nei suoi confronti, né sono legato da alcun interesse privato verso di lui. Ma lo amo come membro della grande famiglia umana, come amico di studi, e a titolo del tutto particolare, come fratello di fede e come figlio della Chiesa di Cristo.

Ed è in questo nome supremo di Cristo, che io mi rivolgo a voi, che certamente non lo ignorate, a voi, ignoti e implacabili avversari di questo uomo degno e innocente; e vi prego in ginocchio, liberate l’onorevole Aldo Moro, semplicemente, senza condizioni, non tanto per motivo della mia umile e affettuosa intercessione, ma in virtù della sua dignità di comune fratello in umanità, e per causa, che io voglio sperare avere forza nella vostra coscienza, d’un vero progresso sociale, che non deve essere macchiato di sangue innocente, né tormentato da superfluo dolore. Già troppe vittime dobbiamo piangere e deprecare per la morte di persone impegnate nel compimento d’un proprio dovere. Tutti noi dobbiamo avere timore dell’odio che degenera in vendetta, o si piega a sentimenti di avvilita disperazione. E tutti dobbiamo temere Iddio vindice dei morti senza causa e senza colpa. Uomini delle Brigate Rosse, lasciate a me, interprete di tanti vostri concittadini, la speranza che ancora nei vostri animi alberghi un vittorioso sentimento di umanità. Io ne aspetto pregando, e pur sempre amandovi, la prova. PaoloVIconferenza_300Dal Vaticano, 21 aprile 1978”

Poi avrebbe detto la dolorosa e disperata preghiera alla messa per i funerali: “«Ed ora le nostre labbra, chiuse come da un enorme ostacolo, simile alla grossa pietra rotolata all’ingresso del sepolcro di Cristo, vogliono aprirsi per esprimere il “De profundis”, il grido, il pianto dell’ineffabile dolore con cui la tragedia presente soffoca la nostra voce. Signore, ascoltaci! E chi può ascoltare il nostro lamento, se non ancora Tu, o Dio della vita e della morte? Tu non hai esaudito la nostra supplica per la incolumità di Aldo Moro, di questo uomo buono, mite, saggio, innocente ed amico; ma Tu, o Signore, non hai abbandonato il suo spirito immortale, segnato dalla fede nel Cristo, che è la risurrezione e la vita. Per lui, per lui. Signore, ascoltaci!»

Un grande cristiano ed un grande democratico.

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