Le parole del nuovo inizio

Pubblicato il 9 novembre 2014, da Pd e dintorni

Riporto qui il testo del mio intervento, un po’ ampliato, all’Assemblea straordinaria del PD della città di Padova “Le parole del nuovo inizio”. Molti interventi e positiva voglia di discutere. ora bisogna trasformarli in proposta politica…Io ho scelto la parola “partito”

Partito è stato una parola importante nel passato. Può essere una parola del nuovo inizio? Penso di sì, se si ricorda il lascito che riceviamo, in termini di valori di militanza e se abbiamo la creatività di immaginare forme nuove.

Una volta la si pensava con la P maiuscola. Quando avevo l’età del nostro giovane segretario comunale mi chiamava il segretario dell’on Gui, allora leader indiscusso della politica padovana, dicendomi: “Il Ministro la prega di parlare a nome del Partito ai giovani di…” Mi intimidiva un poco parlare a nome del partito, anche perché bisognava sapere cosa il partito pensasse sull’argomento della serata. Ma questo obbligava ad informarsi, a studiare i documenti ufficiali del partito, ricordava il dover parlare non a titolo personale ma a titolo di una comunità.  Così ed ancor più era importante il Partito in casa comunista: Partito con la maiuscola e con il grassetto. Un luogo in cui si viveva un ideale che attraversava la vita intera.

Però la società è cambiata. Necessariamente: stessi valori, ma forme diverse. Si parla di una società disintermediata, con meno propensione all’identificazione ideologica ed alla rappresentanza. Non è detto che questa sia una società migliore, ma è la società dentro cui dobbiamo lavorare. Perciò dal partito casa al partito “grande tenda”, capace di accogliere ed integrare diversità, di essere accogliente per “militanze a tempo” e rispettoso di chi  se ne va oggi ma può tornare domani. In cui i diritti degli elettori non sono molto minori di quelli degli iscritti. Cosciente che la chiave della partecipazione non è solo la tessera. Del resto i grandi partiti del passato avevano a differenza di oggi milioni di iscritti eppure erano coscienti di non poter arrivare da soli dappertutto: si parlava di collateralismo, di cinghia di trasmissione. C’era bisogno di altro oltre al partito per capire e rappresentare la multiforme società.Cattura

A maggior ragione occorre essere aperti oggi. Nel Veneto avevamo l’anno scorso 18.000 iscritti. Alle elezioni europee 900.000 elettori veneti hanno scelto il PD. Non si può pensare che una frazione così piccola dell’elettorato possa essere sufficiente a capire la società ed organizzare il consenso. Potremmo dire del Comune: possono un paio di decine di iscritti leggere e rappresentare una comunità di quartiere di 30.000 persone? Così diversa, articolata nelle professioni e negli stili di vita?

Richiamare questo aspetto vuol dire disprezzare la militanza? Sottovalutarne il valore della generosità che esprime? Non vale la pena allora di iscriversi, far vivere i circoli? Al contrario, c’è un grande compito comunque da fare: quello di organizzare quella grande e necessaria infrastrutturazione democratica che è un partito in una società liquida. Del resto non è che il milite della Croce verde od il volontario ospedaliero trova poco significativo il proprio servizio perché non conta nelle politiche sanitarie. E’ bello essere iscritti e far parte di una comunità che organizza la partecipazione democratica, anche per chi pensa a forme di impegno più leggere.

Attenzione però. Non è che il nuovo partito viva solo della leadership nazionale. E che sul territorio basti essere interpreti del rito dell’adorazione del leader, magnificandone qualità ed idee. Il partito tenda è molto, molto, molto più difficile da far vivere del partito tradizionale. Non è faticare di meno, è faticare molto di più. Se è più debole la base ideologica deve essere molto più forte la base progettuale. L’idea capace di attrarre entrando nella vita concreta delle persone, di suscitare curiosità ed interesse: la capacità di conoscere il proprio territorio. Faccio un esempio: Padova è risultata quinta nella classifica nazionale delle smart cities. Un risultato straordinario, che significa servizi migliori per i cittadini. Perché al di là del termine incomprensibile ai più, dietro a questa denominazione ci sta qualità della vita, risorse tecnologiche per la vita dei cittadini, mobilità migliore, accesso alla cultura, ambiente, mobilità sociale, ecc. Lascito di buona amministrazione da parte di chi ci ha amministrato. Credo che i nostri circoli sappiano tutto sulle primarie e sulle polemiche (spesso superficiali) che le accompagnano, ma molto poco di questo ed altri fatti. Non lo si è approfondito, non lo si è proposto ai cittadini, non si sono forniti i dati. E per primi non lo abbiamo studiato.

Ritorna spesso nel nostro dibattito (ed è una costante anche di altri partiti che si sono succeduti e che ho attraversato) il tema delle realtà territoriali, di quanto contino nella definizione della linea politica. I segretari di circolo dicono: noi lavoriamo, facciamo i gazebo, rappresentiamo la base ed abbiamo poca voce in capitolo. Giusto porre questo tema, e poiché tutto è volontariato nel lavoro sul territorio c’è sol oda ringraziare. Però suggerirei di non guardare solo sopra rivendicando maggior spazio, ma di guardarsi anche attorno. Un segretario di circolo conta soprattutto perché è un leader di opinione nel proprio territorio, un punto di riferimento per una società un po’ ampia. Perché è difficile contrapporsi ad un vertice come rappresentante di una base, se questa base si limita ad una ventina di iscritti, di cui magari solo la metà effettivamente partecipanti, su una comunità di elettori di decine di migliaia di persone. Io penso che più che rivendicare potere si dovrebbe rivendicare strumenti per aiutarci a stare nel territorio. Quasi tutti i circoli fanno meritevolmente gazebo con molta frequenza. Però tutto questo avviene in modo spontaneo, senza che si costruisca una campagna di opinione a livello comunale, che si costruiscano i materiali da diffondere in modo efficace, che vi sia una formazione dei militanti sugli argomenti, ecc. .

E’ solo un esempio. Ma occorre essere convinti che il pensiero viene prima dell’organizzazione. Senza pensiero e senza conoscenza non si va da nessuna parte. Ed il pensiero nasce dallo studio, dalla riflessione, dal confronto, dalla formazione. E’ questo che fa il partito attraente, libero dalla noia, dall’arrivismo personalistico. Una volta chiesero a  Paolo VI: “come deve stare il cristiano nel mondo?” E il Papa rispose: “stare nel mondo studiandolo, amandolo, servendolo”.

Laicamente dovrebbe essere l’atteggiamento di un partito di popolo come il nostro nei confronti della realtà. Conoscere la realtà in cui si opera dedicando tempo allo studio, alla analisi, al dibattito ed al confronto sulla concreta realtà. Amarla vuol dire accettarla come è, per cercare di trasformarla, non pensare che gli elettori che non ci votano sono degli ignoranti. Il primo passo per conquistare i voti è rispettare le opinioni diverse, comprenderne le motivazioni. Servirla significa che le legittime ambizioni personali devono essere il frutto di un lavoro politico che produce offerta agli elettori più che esclusione di concorrenti.

Per un nuovo inizio può servire un partito così.

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