Il muro di Zanonato, le mura di Bitonci

Pubblicato il 28 settembre 2015, da Realtà padovana

Ritorno sulla vicenda del parco Prandina. Perché non è giusto dimenticarla subito. Ne ha scritto benissimo nei giorni scorsi sulle colonne del Mattino Adina Agugiaro. Su Facebook l’ex assessore al verde Micalizzi.

Resta il fatto che ancora una volta Padova va sulle cronache nazionali con una immagine negativa. La paginata di Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera mette ancora in luce Padova come città insicura (eh sì cari sceriffi Bitonci e Zaia) e spaventata. Tanta da far dire ad Alessandro Gassman che si tratta di apartheid. Il che contiene una parte di verità ma è profondamente sbagliato come comunicazione.

Perché le paure manifestate dalle mamme nell’intervista di Aldo Cazzullo sono le paure di sempre, quelle che manifestavano anche a me quando ero Sindaco: che il parco giochi fosse sicuro dagli spacciatori, che fosse ripulito dalle siringhe, che non ci fosse il pericolo dei pedofili, che i più grandi non utilizzassero danneggiandole le attrezzature riservate ai bambini, che i cani non sporcassero, ecc. Per questo si sono sempre fatte delle ordinanze per tutelare gli utenti più piccoli.

Cosa c’è ora di diverso? Che c’è un Sindaco che le paure le vuole eccitare ed accrescere, invece di appianarle. Così, con la narrazione ossessiva che si fa, con l’allarmismo all’eccesso, nasce non solo la legittima preoccupazione, ma la paura del Diverso, dell’Uomo Nero. Se fa una fotografia chissà cosa ha in mente, se sorride ad un bambino (magari pensando al fratellino che ha lasciato in Africa, come riconosce una mamma) chissà cosa può succedere.prandina

Perché le mura più pericolose non sono quelle fisiche. Zanonato fece un muro per liberare un rione della città. Bitonci erige muri psicologici, quelli che nascono nella testa delle persone, per rendere le persone prigioniere della Paura.

La tendopoli in inverno non potrà restare alla Prandina, dunque il problema si sarebbe comunque risolto. Vedendo le cose da un altro punto di vista poteva anche essere l’occasione di un bel dialogo con i bambini. Che tanto sono informatissimi, e che la convivenza con popoli diversi la vivono fin da piccoli nelle aule dell’asilo, delle elementari. Così era l’occasione di raccontare di come ci siano loro coetanei che muoiono in mare, che vengono trascinati per le strade d’Europa nella speranza di non vedere tagliare la testa ai loro genitori o a sé stessi (intervista ad una bambina siriana di sei anni). Di spiegare cosa vuol dire per una mamma ed un papà lasciare la propria casa, i propri beni, i propri amici con i bambini per mano o sulle spalle senza sapere bene dove si riuscirà ad arrivare, per fare che cosa. Interrogandosi se sia la scelta giusta.

I bambini crescono in fretta e sono capaci di capire le diversità più di noi adulti.

Naturalmente Bitonci trascinato dalla propaganda ne fa una più di Bertoldo. Così come vuol chiudere un kebab perché ci sono gli spacciatori in piazza anche se l’esercizio non c’entra niente (e la ordinanza viene subito sospesa dal TAR e cadrà nell’esame di merito) adesso per non essere accusato di apartheid vuole vietare l’accesso a tutti i parchi urbani agli adulti che non accompagnano bambini. Come se fosse una colpa non avere figli o nipoti. Ed un adulto non abbia il diritto di potersi sedere su una panchina in mezzo al verde. O fare un po’ di corsa o una passeggiata in un parco. Ottenendo il risultato di rendere i parchi insicuri, perché come ha osservato Micalizzi, solo la frequenza di tante persone scaccia le derive malavitose.

Non importa. L’importante è la coltivazione della diffidenza e della paura. Perché in città cresca l’inimicizia e la divisione invece di quel sentimento di comune appartenenza ad una storia condivisa che sempre ha fatto grandi le città.

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1 commento

  1. Lorenzo Munari
    28 settembre 2015

    analisi molto pacata e condivisibile


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