C’era una volta il PCI

Pubblicato il 23 marzo 2017, da Politica Italiana

Pubblico questo ricordo di Riechlin che ha scritto Umberto Minopoli. E’ interessante non solo per il ritratto che fa di Riechlin ma per la rievocazione di forme di vita di partito attualmente del tutto sconosciute  che spiega perchè i partiti fossero comunità forti, capaci di far crescere nuovi dirigenti 

Un ricordo personale. Lui era un ingraiano, io un migliorista. Lui un capo del PCI, un leggendario nobile e aristocratico partigiano, io un provinciale e giovane funzionario di federazione. Ero noto per le mie intemperanze e caparbieta’ di comunista di destra. Lontanissimo, come hpoli opposti, dalle posizioni di Alfredo. Correva il 1986, l’anno del XVII congresso del PCI. Ero funzionario della federazione PCI di Napoli. La mia federazione era attraversata da una lotta politica interna, a tratti furibonda, tra ingraiani, ( guidati da Antonio Bassolino) e riformisti, come ci chiamavano allora ( riformista era un dispregiativo nel PCI di allora) guidati da Giorgio Napolitano. Perdemmo il congresso. Fu una tragedia umana per alcuni di noi: io dovevo lasciare il mio lavoro di funzionario e allontanarmi da Napoli. Fu durissimo. Potevo finire male. Mi aiuto’ il mio amico fraterno

Claudio Velardi. A sorpresa fu Reichlin, allora responsabile economico del PCI che, mediato da Claudio, mi salvo’. Mi offri’ il posto di suo collaboratore a Roma. Ricordo che quando Velardi, mio vicino di casa, me lo comunico’ ero a letto con la febbre. Febbre da congresso. Reichlin era capo della Sezione Economia del PCI. Mi offri’ di diventare responsabile delle fabbriche: una cosa, capirete, prestigiosissima in un partito operaio come il PCI. E poi data a me, comunista di destra, amendoliano e seguace irriducibile di Giorgio Napolitano e Gerardo Chiaromonte, gia’ allora capi riconosciuti della “sensibilita’ ” ( si chiamavano così’ le correnti) riformista e dei togliattiani di “destra” del PCI. Non me l’aspettavo: diventare, io riformista e legato a Napolitano e Chiaromonte, strettissimo collaboratore di Reichlin e, per di piu’, alle fabbriche, proprio non me l’aspettavo. Lui diceva di stimare la mia preparazione. E di trovarmi un simpatico napoletano. Noi napoletani godiamo, per natura, di questa piccola franchigia della simpatia che spesso ci aiuta.

Alfredo Reichlin

Alfredo Reichlin

Alfredo amava molto civettare con la storia delle correnti e con la sua nomea di “togliattiano di sinistra” e protagonista ( ci teneva molto) da ingraiano, dell’epopea dell’XI congresso del PCI: il vero spartiacque, per noi ex comunisti, della nascita nel PCI delle due anime, di destra e di sinistra del Partito; degli ingraiani e degli amendoliani. Che storia! Eravamo, con Alfredo, su posizioni opposte ma stabilimmo un bellissimo rapporto. Lui era fluviale e tenacissimo nelle sue idee ingraiane di cui non condividevo nulla. Ma ci divertivamo. Oltre il lavoro cazzeggiavamo di politica e correnti. Alfredo era un intellettuale che preferiva la polemica culturale al lavoro di partito. E ci facevamo tirate divertentissime in cui lui poteva sfogare su di me l’asprezza ( cordiale) dei suoi dissensi radicali dai miei capi ( Napolitano, Chiaromonte, Macaluso, Bufalini ) e io sfogavo, benevolmente, su di lui la mia feroce distanza dagli ingraiani e dal mio amico Bassolino, di cui mi definivo scherzosamente ( ma non tanto) lo sconfitto “esiliato”. Era uno spasso. I conflitti nella sua generazione, tra quegli uomini che erano diventati costruttori del PCI di Togliatti nel dopoguerra, erano epica politica e culturale. Niente della banale lotta di gruppi e correnti che conosciamo oggi. È niente a che vedere con la banale narrazione (falsa) del centralismo burocratico e chiesastico del partito comunista.

Allora ce le davamo di santa ragione nel PCI. Ma si era anche amici e ci si divertiva a darsele. Il lavoro di funzionario di partito, per me, non e’ mai stato tanto divertente come quel lungo periodo a Botteghe Oscure nello staff di Alfredo Reichlin. Mi coinvolgeva, me migliorista, in tutti i suoi rapporti. Pomeriggi e serate, nella sua bellissima casa di via Dandolo, con la sua meravigliosa compagna, erano indimenticabili. Ho incontrato persone autorevolissime. Lui mi presentava come un “simpatico napoletano e destro pericoloso” ma mi associava a quasi tutte le sue relazioni sociali e politiche. Per me, giovane dirigente, quegli incontri erano una lezione universitaria. Imparai a volergli bene. E, proprio, mentre la distanza politica e di corrente si faceva ogni giorno maggiore. Fino alla fine del PCI. Ho imparato da Reichlin. E del mio lavoro con lui mi resta, impressa nel cuore, la bellezza di un partito, l’unico partito della mia vita, il PCI, in cui la lotta di corrente, come l’ho conosciuta io, non era incomunicabilità’, crudelta’, slealta’, inimicizia, veleno. Come e’ oggi nei partiti attuali. Compreso il Pd a cui mi sono iscritto. Come sposato ad una seconda moglie Ma senza piu’ nemmeno un po’ dell’amore provato per la prima. Ciao Alfredo. E grazie dell’aiuto che mi hai dato. Senza di esso la mia vita sarebbe stata diversa e peggiore. Sei stato importante per me. E, anche, discreto.

 

  • Facebook
  • Twitter
  • LinkedIn
  • RSS
  • Pinterest
  • Add to favorites
  • Print
  • Email

Scrivi un commento