Il noi e l’io: dove sta la sinistra?

Pubblicato il 6 marzo 2017, da Politica Italiana

La tempesta mediatica sul caso del suicidio assistito del dj Fabo si è esaurita. Come spesso succede nel regno dei media, dal tutto per qualche giorno al niente dopo. Ho trovato appropriate le parole del Patriarca di Venezia Francesco Moraglia: “Di fronte a chi ritiene di non aver più futuro e si dibatte in gravissime sofferenze fisiche, psicologiche e spirituali c’è innanzitutto il senso di un profondo rispetto, di una grande vicinanza e solidarietà”. Servono anche a tacitare settori clericali senza umanità.

Che è qualcosa di diverso dallo spettacolo superficiale organizzato dalla maggior parte dei media. Aperture dei telegiornali, paginate, ecc. Con grande superficialità, appunto. In cui fenomeni diversissimi, come eutanasia, suicidio assistito, sospensione delle cure, testamento biologico hanno fatto parte di un unico minestrone. Soluzioni presentate come semplici e naturalmente con il ritratto grottesco di un Parlamento inetto che non decide.

Come se non fosse da qualche decina di secoli che l’umanità discute sul suicidio. Come se non esistessero enormi problemi legislativi, culturali, psicologici, se non interessano quelli spirituali, nel regolamentare queste questioni. In Italia, per fortuna, la media dei suicidi è poco più della metà della media UE: 6,6 per 100.000 abitanti rispetto a 11,7. Con punte elevatissime superiori al 16 nei paesi ex jugoslavi (le ferite profonde della guerra civile che persistono?), ai paesi nordici o alla Francia e l’Austria, attorno al 15. Potremmo anche considerare che il tema vero non è consentire l’eutanasia o il suicidio assistito per i relativamente pochi casi che ne usufruirebbero, ma piuttosto una banalizzazione del concetto. Se parliamo del suicidio come un gesto eroico. Perché per suicidarsi non occorre mica ricorrere alla Stato. Ed allora può essere la via d’uscita di fronte a difficoltà anche transitorie (vedi i suicidi per casi economici), i suicidi di anziani che si sentono di peso alla famiglia, giovani di fronte alle prime sconfitte della vita.

C’è una responsabilità dei media. La vita la raccontino tutta. Nella sua complessità. Che è fatta anche di famiglie che convivono con gravissime disabilità, spesso lasciate sole dalle istituzioni, eppure trovando un rapporto con il malato, di persone con gravissime malattie degenerative che pure riescono a dare un senso alla vita. Le scelte non sono eguali per tutti, e come dice Moraglia chi soffre merita rispetto.eutanasia

Poi non mancano mai magistrati creativi. Quelli per cui se il Parlamento non legifera come piace loro, vi si sostituiscono. Così a Trento decidono che l’art.12 della legge 40, che vieta espressamente la surrogazione di maternità, non esiste. Due genitori maschi perfettamente equiparati. La donna semplicemente non esiste. Anche qui una narrazione semplificata. Ci sono dei bambini, perché privarli di genitori affettuosi? Perché dietro cose che appaiono semplici si nascondono enormi complessità. Come hanno osservato una femminista storica come Marina Terragni e Daniela Danna, una sociologa esponente della comunità LGBT, scompare la donna. Quella persona senza la quale quel bambino non esisterebbe, che ha comunque sviluppato una relazione affettiva, non ha alcun diritto. Si può raccontare la favola bella della maternità surrogata per generosità, ma la realtà prevalente è quella di organizzazioni che lucrano sulla povertà delle persone, in cui le donne vengono retribuite per il ruolo di “fattrici” e come scrive la Danna: “i media camuffano l’introduzione di un nuovo mercato, con i bambini che diventano merci”. Non lo dice qualche fanatico clericale, ma una persona senza pregiudizi che ci invita a guardare, a guardare oltre.

Infine il Corriere della Sera, autorevolissimo quotidiano italiano, ha dedicato nei giorni scorsi una intera pagina (le pagine costano) al fondamentale tema della decisione di Trump di eliminare la disposizione introdotta da Obama per la realizzazione di cessi transgender nelle scuole. Possiamo proprio dire: bisogni indotti da una visione ideologica della vita, da minoranze influenti, che usano il popolo come sperimentazioni delle proprie ideologie. O c’è chi sostiene che la mancanza di cessi transgender nelle scuole sia un grave problema? Non so negli USA. In Italia ci accontenteremmo di avere le scuole a norma.

Metto insieme problemi diversissimi che però hanno in comune questo:

a)      La sinistra è stata nel tempo l’area politica del “noi”. Il noi viene prima dell’io, è la comunità il luogo in cui l’individuo diventa persona. Senza accorgersene, forse, si è ora impadronita di tutte le battaglie individualistiche, in cui ogni desiderio deve diventare un diritto garantito, in cui non ci si deve più interrogare sul significato sociale delle scelte individuali.

b)      ci si occupa di problemi di piccole minoranze (ma influenti ed abbienti) distraendosi sui problemi delle grandi masse popolari, disinteressandosi anche del fatto di come le masse popolari (termine antico) percepiscano queste battaglie. Se non si sentano abbandonate e trascurate. Ottenendo tra l’altro il risultato contrario. Perché se tu mi vuoi imporre la tua cultura (ad esempio occorre che nell’ultima versione della disneyana “La bella e la bestia” ci sia un personaggio dichiaratamente gay) può succedere che il tasso di omofobia latente aumenti invece di diminuire.

Poi vince Trump e ci meravigliamo.

 

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2 commenti

  1. Costantino Ruggiero
    6 marzo 2017

    Veramente splendido !!!!!!!!! (da uno che,come sai, con la sinistra non c’entra nulla )


  2. Paolo
    8 marzo 2017

    grazie Costantino


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