Catalogna, ci riguarda tutti

Pubblicato il 6 ottobre 2017, da Nel Mondo

L’evoluzione della situazione catalana rischia di essere drammatica, per la società catalana attraversata da una profonda frattura (le piazze piene non significano consenso pieno) e le la Spagna nel suo insieme.

Chi conosce un po’ di storia sa che prevedere le conseguenze di singoli atti che possono essere sottovalutati è sempre difficile. Che un colpo di pistola sostanzialmente di un esaltato a Sarajevo fosse il detonatore un conflitto che avrebbe procurato 15 milioni di morti nessuno lo pensava. Così come nessuno pensava che dalla dichiarazione di indipendenza della Croazia nascesse un sanguinoso conflitto con epurazioni etniche e religiose. In proposito si può leggere anche la testimonianza di Ivo Rossi http://www.ivorossi.it/sito-nuovo/la-citta/360-il-kosovo-la-catalogna-e-noi-quando-il-calcio-veste-la-maglia-della-politica

È evidente che in Spagna è mancata la politica. Un governo centrale con una maggioranza parlamentare fragile, formatosi dopo tre successive elezioni, una classe politica catalana a sua volta debole che ha scelto la strada di un populismo identitario. Nuovi movimenti come Podemos che non sa bene come fare. Forze di sinistra che si illudono che il nazionalismo possa essere un vettore rivoluzionario. L’esaltazione conflittuale della identità nazionale piega sempre a destra. Il vecchio leader dell’indipendentismo catalano Jorgi Pujol aveva sempre usato i bastoni e la carota con lo Stato centrale, restando nei limiti della legalità. Bisognerebbe ascoltare con più attenzione le parole preoccupate di intellettuali democratici come Cercas, Savater, ecc che della Spagna hanno indagato i drammi della guerra civile. Ed è la buona politica che dovrebbe suggerire a tutti di fermarsi prima di compiere atti irreparabili le cui conseguenze nessuno può prevedere.

Emerge anche in Italia un dibattito molto superficiale. Nei vari format televisivi e anche a livello di cittadini che discutono, un dibattito che mette in luce un aspetto di cui da tempo sono preoccupato: una fragilità della cultura democratica, una sua grave semplificazione.

Sembra che il voto sia l’unico strumento della democrazia. Si dimentica la regola fondamentale che chi ha una maggioranza ha diritto a governare, ma è un diritto che si esercita dentro regole condivise, dentro la patria comune delle regole che è la Costituzione. Il voto non basta a definire la democrazia. Non la ha definita per i plebisciti di Mussolini ed Hitler, o per i plebisciti con cui ancora oggi viene eletto il dittatore della Bielorussia.

manifestazione degli unionisti

Così c’è la domanda di chi non vuole compromettersi: “Ma perché non li hanno fatti votare?” Perché appunto non si può votare contro le regole fissate dalla Costituzione. E se il garante delel regole che è la Corte Costituzionale dichiara una procedura anticostituzionale non si può fare finta di nulla. In Veneto andremo a votare per il referendum. La Corte Costituzionale ha cassato 3 dei quattro quesiti presentati da Zaia. Non li votiamo. E se Zaia avesse preteso di farli votare sarebbe stato dovere dello Stato impedirlo. Ed erano quesiti molto più innocui (comunque un referendum consultivo senza effetti giuridici). In Catalogna è diverso. Da un referendum senza numero legale deriva secondo la legge approvata dal parlamento catalano la dichiarazione della secessione, la formazione di un nuovo stato. Contro ciò che la Costituzione prevede.

Si è votato come si è potuto. La sensazione è che la prova muscolare sia avvenuta a Barcellona, ma che nel resto della Catalogna si sia votato liberamente. Ma si è votato anche con schede autoprodotte, con liste elettorali incerte, con la pressione di una opinione pubblica esaltata. Ci sono molte testimonianze di cittadini che hanno votato più volte. Sono stato diverse volte osservatore elettorale per conto del Consiglio d’Europa a garanzia delle regolarità delle procedure elettorali in paesi difficili come Armenia, Georgia, Turchia, Tunisia. Certamente non avremmo potuto certificare la regolarità delle elezioni con queste procedure.

L’uso della forza è sempre antipatico. Il manganello contro giovani e anziani disarmati. Però bisogna anche uscire da una rappresentazione romantica. Di fronte all’illegalità la forza va usata. Cosa faremmo se da noi la Sudtirol Volkspartai proclamasse un referendum illegittimo per separare il sud Tirolo dall’Italia. Dovremmo non fare nulla? C’è violenza e violenza. Io ha amici catalani che mi raccontano il clima di isolamento e di repressione che subisce negli uffici, nelle associazioni, ecc. chi non è per la separazione. La difficoltà a sostenere un dibattito pubblico potendo argomentare le proprie ragioni. Si è creata una grave frattura nella società catalana che peserà gravemente negli anni futuri.

C’è il tema delicatissimo di cosi significhi l’autodeterminazione dei popoli. Fino a che punto una maggioranza (ammesso che ci sia, la legge catalana non prevedeva il quorum per la validità del referendum) ha diritto di decidere per tutti il cambiamento della nazionalità di chi non è d’accordo? E fino a che punto senza una procedura consensualmente definita uno spagnolo deve sentirsi straniero in Catalogna?

Esempi di separazione consensuali ce ne sono stati, ad esempio Cechia e Slovacchia si sono separate di comune accordo. Separazioni non consensuali hanno determinato una enorme quantità di problemi ed il più delle volte conflitti gravissimi, se non militari certamente economici. Ci ricordiamo la separazione della Crimea dalla Georgia. Le sanzioni che sono state date alla Russia?

Non banalizziamo questa vicenda. Potrebbe avere esiti gravi, Anche culturali. Che la risposta ad un mondo globalizzato sia un ritorno alle piccole patrie è una illusione pericolosa. Perché chi ne approfitterebbe sarebbero le potenze globali, dalla Cina, alla Russia ed ahimè, dagli Usa trumpiani con il suo incerto rapporto con una solida democrazia.

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1 commento

  1. sergio basalisco
    6 ottobre 2017

    Totalmente d’accordo.
    Ma qs riflessioni vanno trasformate in considerazioni semplificate e sintetizzate da divulgare sulla stampa locale , sui volantuini da distribuire nei banchetti dei mercati periferici, etc , come avvio a serene discussioni con i cittadini esasperati dalle problematicità che investono la loro vita quotidiana e li inducono a farsi persuadere dai demagoghi di turno .Partiti , sindacati , associazioni in qs momento sono urgentemente chiamati ad una attività di smascheramento delle anestetizzanti balle che populisti di ogni genere propinano al Paese


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