Se viene rottamata la rottamazione

Pubblicato il 26 giugno 2015, da Pd e dintorni

La parola “rottamazione” è stata una geniale invenzione di Matteo Renzi. Che è piaciuta subito agli italiani (a me non troppo per l’implicita violenza che conteneva, in fondo anche la ruspa di Salvini…) perché dava espressione ad un desiderio di cambiamento del panorama politico, fatto di troppe delusioni, dal fallimento delle promesse berlusconiane al liquefarsi della carica innovativa del PD, partito nuovo per una Italia nuova. La rottamazione si è realizzata in una parte del sistema politico (PD e Lega, in questo caso per necessità giudiziarie), per niente nel resto dei partiti, per niente nel resto dei poteri: banche, media, ecc.

Il grande successo era dovuto anche al fatto che essa conteneva una gradita promessa: che sarebbe stato facile risolvere i problemi dell’Italia, che erano in gran parte dovuti ad una classe politica male invecchiata, che aveva perso vitalità e fantasia insieme con il senso del tempo. Non erano più capaci di desiderare e di volere, invece bastava volere per risolvere.rottamazione

Ora si presentano due problemi. Il primo è che la rottamazione è in fondo una cambiale. Vi prometto che allontanando quelli di prima più rapidamente risolveremo i problemi. Poi arriva la scadenza ed occorre che l’esito della rottamazione appaia in effetti come un miglioramento della classe politica, della sua autorevolezza e competenza, che effettivamente si possano vedere i problemi risolti. Nel caso del PD: che ci fosse uno che decide e realizza, senza dover subire il solito film, cioè divisioni e litigi. E’ la difficoltà che sta incontrando Renzi: avendo messo molto alta l’asticella anche gli indubbi risultati raggiunti dal governo non bastano. Perché le cose non erano e non sono semplici e Renzi sta incontrando le stesse difficoltà dei governi precedenti: tutti contenti se il cambiamento riguarda gli altri, ma quando tocca a noi…

Poi c’è il problema se la rottamazione scade ad un giovanilismo senza qualità: più giovani, più forza vitale, più fantasia. E se non ci sono queste qualità? Si scade appunto nel solo giovanilismo che è sempre stato un mito dei regimi autoritari. Possiamo prendere a prestito le parole di Vitaliano Brancati nel romanzo il Bell’Antonio quando descrive i discorsi dei giovani catanesi sotto il fascismo: “Si parlò della giovinezza che, sotto il nuovo regime, aveva preso il timone dello Stato: tutti indistintamente i ministri, i podestà, i federali erano giovani, e più giovane di tutti era…” Mussolini, naturalmente, anche se si stava avviando al mezzo secolo. Del resto l’inno del fascismo era “Giovinezza”: “Giovinezza, giovinezza, /Primavera di bellezza /Della vita nell’asprezza /Il tuo canto squilla e va!”. Anche Isabel Allende nella “Casa degli Spiriti” descrive bene il disprezzo dei giovani militari andati al potere con il colpo di stato di Pinochet verso il vecchio senatore conservatore Trueba, che pure aveva tramato per il loro successo: “fatti in là vecchio, non siete più voi a comandare”.

Restano invece validi i suggerimenti di Niccolò Machiavelli: “ nello eleggere un giovine in un grado che abbia bisogno della prudenza di un vecchio conviene … che a quel grado lo faccia pervenire qualche sua notabilissima azione. E quando un giovane è di così tanta virtù che si sia fatto in qualche cosa notabile conoscere sarebbe cosa dannosissima che la città non se ne potessi valere allora e che l’avesse a aspettare che fosse invecchiato con lui quel vigore d’animo e quella prontezza della quale in quella età la patria sua si poteva valere.”

Bene: Renzi si è fatto conoscere per cose notabili ed è bene seguire il consiglio di Niccolò, utilizzare fino in fondo la sua forza vitale. Coscienti però che anche la rottamazione può essere rottamata e non basta essere giovani e nuovi. In Regione gioventù, novità e sconfitta hanno camminato insieme. Perché conta anche la credibilità, la solidità, la competenza.

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4 commenti

  1. Giorgio Nardari
    26 giugno 2015

    Come non condividere tanta saggezza che il saggio, Paolo Giaretta, consiglia di seguire i suggerimenti dell’altrettanto saggio Nicolò Machiavelli? – MI auguro e auguro a tutti gli Italiani di veder Renzi portare a buon fine il suo programma di governo, senza i Fassina, i Civati, i Bersani la Rosy Bindi che pur rimanendo nel PD se ne abbiano a pentire di tanta cecità politico-amministrativa e culturale e si incamminino spontaneamente, ed a testa bassa, verso l’uscita del palazzo che ospitava l’antico Collegio Nazareno. E così sia per sempre.


  2. Pierluigi Petrini
    26 giugno 2015

    Il “cursus honorum” nella repubblica romana definiva per legge le tappe che obbligatoriamente dovevano percorrersi per arrivare ai vertici della carriera pubblica. Ogni incarico prevedeva un’età minima che progrediva con l’importanza della carica. Per il console, che era il magistero più alto, l’età minima in epoca repubblicana era di 40 anni. Età che ai tempi non poteva certo considerarsi giovanile. L’aver ottenuto ogni carica all’età più giovane possibile (“in suo anno” si diceva) era considerato un grande successo politico e Cicerone poté esprimere il suo orgoglio per essere stato eletto console “in suo anno”. Giovane ma non certo novizio. L’idea che chiunque possa fare qualunque cosa, che basti avanzare il proprio status di “persona comune” per sentirsi qualificato a rappresentare o governare sessanta milioni di persone in una delicatissima fase storica, mi atterrisce. Non basta essere persone oneste, sbandierare la propria buona fede e la purezza dei propri ideali per essere capaci. Nessuno affiderebbe la costruzione di una megastruttura a un capomastro, per bravo che sia. Nessuno chiederebbe a un neolaureato di operare un trapianto cardiaco o di gestire una multinazionale con migliaia di dipendenti. Solo la politica è trattata con tanta colpevole superficialità. E’, invece, arte difficile. Richiede la conoscenza delle leggi e delle procedure per capire quale sarà la ricaduta nell’economia e nella società di ogni singola novella normativa (si pensi al drammatico pasticcio degli esodati), ma più ancora richiede la capacità di ascoltare, approfondire e mediare per arrivare a sintesi che sono quasi sempre un compromesso fra interessi divergenti ed egoismi contrapposti, per dipanare l’eterno conflitto tra il necessario, il giusto e il possibile. Il Parlamento, oggi, è traslocato al bar sport ove i presidenti del consiglio sono ormai più numerosi dei commissari tecnici della nazionale. Dove è tanto bello quanto stupido pensare che esista un popolo buono e generoso, tradito da una politica cattiva e rapace, spazzata la quale torneremo d’incanto a vivere una nuova età dell’oro. Non sarà così ed io vado sempre più convincendomi che l’orribile rappresentazione politica cui abbiamo assistito in questi anni sia stata tale proprio perché, ahimè, ci rappresentava. Mala tempora currunt, sed peiora parantur.


  3. bruno magherini
    27 giugno 2015

    Sono pienamente d’accordo con le tue analisi, senza alcuna riserva. Il modo e la terminologia usata in un pur comprensibile processo di rinnovamento (ma in quanti altri modi si poteva realizzare!) denunciavano già un’arroganza ed una presunzione tipica di chi non ha rispetto degli altri e si crede, quasi sempre a torto, superiore e depositario unico di verità indiscutibili.
    L’effetto rimbalzo è lo scadimento nel grottesco e nel ridicolo.
    Sicuramente più appropriato al ruolo ed al momento assai difficile era lo stile e la maturità di una persona misurata e riflessiva come Enrico Letta, un giovane che non faceva del “giovanilismo” la propria cifra.
    Quanta arroganza e quanta mancanza di rispetto in quella defenestrazione!
    E quanta ottusa miopia!
    Nelle società patriarcali e non solo in quelle,gli anziani erano rispettati ed ascoltati perché depositari di saggezza, forse l’unico dono della vecchiaia.
    Saggezza è senso della misura, consapevolezza, lungimiranza, profondità.
    Quanta saggezza vi era nei motti dei nostri vecchi contadini!
    Ma in questo mondo, acritico ed impulsivo, superficiale ed ottuso, contano le mode, le ondate di fenomeni effimeri dove qualcuno “detta” e una moltitudine pecorile si uniforma.
    Le mode hanno sostituito la distinzione tra bello e brutto, tra sensato e stupido.
    Personalmente ho sempre preferito, per giudicare il valore delle persone,discernere non tra giovani e vecchi ma tra intelligenti e stupidi.
    Alcuni dei capolavori di Michelangelo, di Tiziano, di Verdi sono stati creati proprio in vecchiaia.
    Ma ad una generazione più vocata alla playstation che allo studio ed alla cultura questo non può che apparire estraneo.
    Il mio vecchio professore di latino e greco, un vero terrore per noi studenti liceali, ci regalava, oltre alla tremarella preziose pillole di saggezza.
    Una di queste diceva: se volete veramente capire la verità leggendo un giornale non date troppo peso ai titoloni, leggete i trafiletti, gli articoli nascosti, i dettagli. Lì scoprirete la verità.
    Aveva mille volte ragione.
    Dai dettagli, da un gesto, da un comportamento, da un’espressione, da un tono si capisce molto di più di una persona che ascoltando le sue parole, specie quando si ha a che fare con piazzisti o un imbonitori.
    La sovraesposizione mediatica è un boomerang terribile.
    L’assunzione di uno stile fatto di jeans scoloriti, di pacche sulle spalle, di maniche di camicia, di sorrisi di circostanza indirizzati al vuoto, insomma quell’aria a Fonzie catapultato verso responsabilità assai più grandi delle capacità, sta generando nel Paese una repulsa profonda, una antipatia viscerale, una perdita totale di credibilità.
    Perché quando la realtà è tragica, quando certi imprenditori si uccidono, quando molti non arrivano alla fine del mese, quando i giovani perdono la speranza nel futuro, quando le prospettive rischiano di essere catastrofiche, non ti puoi permettere di fare quella faccia ilare e tracotante, né andare alle inaugurazioni per ottenere qualche foto sui giornali.
    L’insistere in quello stile rende chiaro ai più (eccettuata la corte dei miracoli, s’intende) che soffri di narcisismo e di megalomania.
    Quella ostentata e falsa immediatezza alla fine scade in un evidente provincialismo.
    Non te lo puoi permettere a Palazzo Chigi ma al “bar dello Sport” di Rignano sull’Arno.
    E anche lì verrai sicuramente sulle scatole a molti avventori!


  4. Paolo
    29 giugno 2015

    Caro Pierluigi, è vero, anche Giulio Cesare era ossessionato dall’età e dalla necessità di raggiungere il successo il prima possibile. Poi fece la fine che sappiamo. E qui non siamo di fronte nè a Ciceroni nè a Cesari…


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