Il lobbying in una società democratica

Pubblicato il 26 gennaio 2010, da Interventi al Consiglio d'Europa

Esprimo a nome del gruppo dell’ALDE il voto favorevole sulla proposta di raccomandazione alla nostra attenzione.

L’angolazione da cui affrontare la questione della possibile regolamentazione giuridica della attività di lobby per la nostra assemblea è certamente quella della qualità della democrazia: una regolamentazione è possibile ed è utile?

Lo stato democratico è chiamato oggi ad un duplice compito: produrre buone regole, che consentano il libero esercizio dell’attività dei cittadini in condizione di eguaglianza dei diritti e produrre quei beni collettivi fondamentali per il pieno godimento dei diritti umani che il mercato non è in grado di produrre assicurandone l’accesso senza discriminazioni di reddito.

In un contesto globalizzato la regolamentazione è divenuta una procedura molto più complessa, più forti sono gli interessi da regolamentare e quindi la loro capacità di influire sul decisore pubblico.

Del resto la presenza di interessi da rappresentare e quindi le attività per far prevalere le aspettative di questi interessi è un fatto fisiologico per una buona democrazia. In parte la mediazione è assicurata dal ruolo dei partiti: dove essi sono meglio strutturati e offrono reali canali di partecipazione può essere meno necessaria l’organizzazione di una attività lobbistica nelle sedi parlamentari e di governo.

Tuttavia la ricchezza partecipativa di una moderna democrazia si avvale di una pluralità di canali ed il legittimo esercizio di una attività di lobby può costituire un fondamentale collegamento tra le istituzioni e la società civile, migliorando il processo decisionale pubblico ed aumentando il grado di conoscenza dei decisori e dell’opinione pubblica.

Ad esempio bell’ambito delle istituzioni comunitarie a Bruxelles operano migliaia di organizzazioni lobbiste, tuttavia con caratteristiche molto diverse rispetto agli interessi rappresentati: il 65% appartiene agli interessi economici: associazioni di categoria, singole imprese, studi legali specializzati. Il 25% alla società civile: organizzazioni non governative, associazioni di consumatori, ecc. Infine il 10% a rappresentanze delle istituzioni locali e territoriali.

Una volta il Presidente statunitense John Kennedy disse: “I lobbisti sono quelle persone che per farmi comprendere un problema impiegano dieci minuti e mi lasciano 5 fogli di carta. I miei collaboratori impiegano tre giorni e decine di pagine”.

Tuttavia il lobbismo diventa un fenomeno patologico della democrazia quando non è  trasparente il rapporto tra interesse e rappresentanza e quando vengono poste in essere pressioni che configurano illeciti di varia natura fino alla vera e propria corruzione per orientare il decisore pubblico. Quando il lobbista non si limita a fornire informazioni ben organizzate e selezionate ma orienta il decisore con vantaggi diretti di carattere economico o di altra natura.

Per questo è da condividere la sollecitazione per la elaborazione di un Codice Europeo di buona condotta per le attività si lobbying al fine di meglio definirle, distinguendole da altre forme di rappresentanza di interessi e di rendere più trasparente il rapporto tra gli interessi organizzati e l’attività decisionale pubblica.

Tuttavia l’esperienza dei paesi che hanno da tempo posto in essere una regolamentazione dell’attività di lobby dimostra che una regolamentazione non è strumento sufficiente per impedire dei fenomeni patologici. Ad esempio negli Stati Uniti circa il 30% del budget elettorale dei candidati al Congresso è originato da associazioni lobbistiche, a cui vanno aggiunti i fondi che le associazioni di interesse possono spendere per sostenere un determinato punto di vista o sollecitare l’elezione di un determinato candidato.

Si realizza in questo modo, nonostante la regolamentazione introdotta, una dipendenza del singolo legislatore da interessi economici specifici. Del resto il Presidente Obama all’atto del suo insediamento ha evidenziato il problema che permane di una eccessiva influenza degli interessi lobbistici. “I lobbisti non hanno finanziato la mia campagna elettorale e non gestiranno la mia casa Bianca”.

Dunque una ragionevole regolamentazione delle attività lobbistiche può facilitare il diffondersi di una cultura del pluralismo e di una democrazia aperta al dialogo. La trasparenza delle relazioni tra lobbisti e decisori pubblici sono un buon deterrente contro la corruzione, indicando i soggetti che agiscono, le questioni interessate, i capitali impiegati.

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2 commenti

  1. maurizio benassuti
    29 luglio 2010

    visto che lei è veneto

    http://www.fainotizia.it/2010/07/28/federalismi-italiani-lobbying-regionale

    http://www.ilchiostro.org/?p=683&lang=it&cpage=1#comment-593

    commento: pessimo approccio tecnico e politico dei suoi colleghi in regione, il PD veneto su questo tema non ci farà una bella figura …


  2. Ppranavi
    7 febbraio 2012

    sricve:Certo, Zauberei. Io non è che abbia particolari competenze (ci tengo a sottolinearlo, dato che su questo sito ci sono moltissime persone esperte, se non addirittura professori…), ma esprimo il mio punto di vista da ascoltatore. Questo sì. Molta, moltissima musica…Io ricordo Alice, Elisa e forse gli Avion Travel: artisti che, comunque, hanno avuto molto meno a che fare con questo meccanismo di voto. Da lì sono partiti e sono diventati davvero bravi. Perciò, se il talento c’è, usciti dall’ “Ariston” si può andare avanti. Letto anche l’articolo di oggi sul televoto e sulle sue spese. E qui si che qualcuno dovrebbe fare una riflessione.Grazie.


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