A quando la prossima manovra? L’incompetenza al governo

Pubblicato il 7 settembre 2011, da Interventi al Senato

Intervento in Aula del Senato sulla manovra correttiva dei conti, 7 settembre 2011

Signor Presidente, nella storia di un Paese ci sono dei momenti in cui non è permesso temporeggiare o rinviare le responsabilità. Ognuno le deve esercitare fino in fondo, con una visione lungimirante. Questo è uno di quei momenti.

Il Presidente del Consiglio ha parlato nei giorni scorsi di opposizione criminale ed antitaliana. Una battuta infelice e profondamente ingiusta di un uomo stanco e amareggiato, che non riesce a fronteggiare una situazione figlia, in gran parte, degli errori commessi da lui e dal suo Governo e, per questo non più in grado di guidare il Paese. Segnalo che gli unici miglioramenti strutturali della manovra uscita dalla Commissione sono figli proprio di iniziative della opposizione e del PD in particolare: revisione generalizzata della spesa pubblica, riorganizzazione terriotriale del sistema giudiziario, recupero delle rate mancanti degli evasori condonati.

Errori, dicevo: dapprima la manovra di luglio, che rinviava gli aggiustamenti alla prossima legislatura, poi una manovra integrativa caratterizzata dall’assenza di un messaggio chiaro. Norme confusamente affastellate, approssimativamente predisposte, sbagliate tecnicamente, modificate o ritirate a poche ore dalla presentazione, fino a questa mattina. II Governo stesso ha dimostrato di non credere in ciò che sta facendo.

II problema nostro è un problema di credibilità. Si è affermata nell’opinione pubblica internazionale, quella più diplomatica delle Cancellerie, almeno nel luogo pubblico, e quella più impietosa dei mercati, l’idea che l’Italia non possa farcela con una crescita troppo bassa e con un debito così elevato.

E che soprattutto la maggioranza politica che guida il Governo non ne sia consapevole e per questo siamo puniti dai mercati.

Avete fatto di tutto per confermare questo pregiudizio. Dopo la famosa lettera Trichet-Draghi avete preso degli impegni, di fronte all’opinione pubblica e di fronte alle autorità finanziarie e politiche europee, e non li avete onorati. Preoccupati più delle reazioni immediate di interessi parziali inevitabilmente toccati, che della direzione di marcia del risanamento. Si parla molto di costi della politica, colleghi, ma non c’è costo più elevato di una politica che viene meno al dovere della fermezza e della coerenza.

Bisogna rimediare. Proprio la vicenda greca dimostra che ciò che non si vuole fare oggi si è costretti a fare domani con un costo molto più elevato ed un effetto molto più debole. Le correzioni ora introdotte vanno anche nella direzione giusta per rafforzare coperture inesistenti, ma non rimediano all’insufficienza strutturale della manovra: manovra sbagliata, peggiorata ad Arcore, ora comunque inferiore alle necessità.

Per fare di più bisognava ristabilire due pilastri ben piantati che reggono tutta l’ossatura e a cui abbiamo conformato le nostre proposte. Il primo è quello dell’equità. Se bisogna chiedere dei sacrifici occorre che siano ripartiti secondo le possibilità con un principio di giustizia. Ed è la così evidente violazione di questo principio (che è etico, prima ancora che politico) a rendere la manovra insostenibile. La pretesa che chi più ha non sia chiamato in nulla a contribuire al risanamento e che agli altri debbano pagare in silenzio.

Il Capogruppo della Lega ieri ha criticato il Partito Democratico per la presenza di propri dirigenti ai cortei della CGIL invece di essere in Senato. Oggi il senatore Bricolo, mentre si discute di una manovra che influisce sulle condizioni di vita di tutti gli italiani, non è presente. (Applausi dal Gruppo PD. Commenti del senatore Gramazio). Ma in piazza non c’erano pericolosi criminali. C’erano tanti cittadini italiani che hanno manifestato pacificamente contro l’iniquità della manovra. Il senatore Bricolo ricorderà con quale sostegno ed attiva partecipazione i parlamentari della Lega sostenessero gli evasori delle quote latte mentre sparavano letame contro la polizia. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Pardi). Ecco, noi, senatore Bricolo qui assente, siamo andati da un’altra parte. E se permettete i nostri dirigenti non frequentano, con una costanza degna di migliori interlocutori, malavitosi ricattatori come tale Lavitola di cui si occupano le cronache.

Il secondo pilastro è la presenza di una visione chiara del Paese, di un orientamento generale che regga i singoli provvedimenti. La certezza che i sacrifici di oggi servono ad evitarne di più gravi in futuro.

Ecco, questi sono gli elementi che rendono debole la manovra e nei nostri emendamenti abbiamo tenuto conto di questi elementi: più equità, maggiori misure strutturali e una maggior attenzione alla crescita. Ed è su questo punto che desidero soffermarmi.

Bisogna agire con la revisione generale della spesa pubblica. C’entra naturalmente con il miglioramento delle potenzialità di crescita. È possibile per questa strada non solo contenere l’espansione della spesa, ma cambiarne profondamente la distribuzione nel senso di sostegno allo sviluppo. Pierluigi Ciocca, ex vicedirettore generale di Bankitalia, ha recentemente sottolineato come bloccando in termini nominali tre voci di spesa (personale, consumi intermedi, trasferimenti alle imprese, che insieme costituiscono il 24% del PIL) vi sarebbe l’opportunità di realizzare una manovra espansiva sulla domanda globale pari all’1,3% nel quinquennio.

La coesione sociale è un valore per la crescita. La coesione porta con sé la concertazione che sempre ha dato risultati positivi: più investimenti e più salari. Con le norme dell’articolo 8 non solo disperdete una convergenza acquisita tra le parti sociali, ma andate in direzione opposta e aggravate in modo intollerabile il dualismo del mercato del lavoro. Proprio quella realtà che la Commissione europea sottolineava nell’esame del nostro piano per le riforme come debolezza da correggere.

Abbiamo proposto un pacchetto di politiche industriali per la crescita e avete detto di no: un pacchetto di proposte per l’efficienza energetica, la green economy, la tecnologia italiana e la ricerca. Con pochi fondi si possono ottenere effetti moltiplicativi importanti, compreso un allentamento del patto di stabilità per gli investimenti dei Comuni che avrebbe un effetto espansivo importante.

È importante agire sugli oneri eccessivi sul fattore lavoro. L’ultima grande operazione di riduzione del cuneo fiscale sul lavoro è stata fatta dal Governo Prodi. Ora aumentate l’aliquota IVA, con gli effetti sui redditi bassi ben noti, e sprecate l’occasione: si sarebbe dovuto destinare il gettito ad abbattere il costo del lavoro e semmai a sostenere i redditi familiari per neutralizzare gli effetti negativi dell’aumento dell’IVA. I conti si sarebbero messi in sicurezza con l’introduzione di una modesta patrimoniale, imposta che non ha effetti recessivi e per cui c’è nel nostro Paese amplissimo margine. Con l’aumento dell’IVA, non accompagnato dalla riduzione di altre tassazioni, si incrementa non solo il record della pressione fiscale, il record della sua iniquità, ma anche il peso dell’aumento delle tasse sulla manovra, superiore a due terzi del suo complesso.

Infine, per quanto riguarda le liberalizzazioni e le semplificazioni, ci avete fatto sopra un Ministero ma nulla di concreto è avvenuto. In attesa della inutile ed ideologica modifica dell’articolo 41 della Costituzione, nulla viene fatto, mentre servirebbe un disegno organico per ridurre gli oneri amministrativi, stimolare la concorrenza e migliorare la regolazione dei mercati.

È incredibile che non abbiate voluto accogliere gli emendamenti dell’opposizione. In molti settori a rete, essenziali per la competitività del Paese, la concorrenza resta scarsa: servizi energetici, del gas in particolare, ferrovie, poste, autostrade ed aeroporti. Abbiamo formulato proposte precise, come per i mercati dei farmaci, delle assicurazioni, delle banche in cui i consumatori vengono particolarmente penalizzati.

Per le professioni almeno fosse stata introdotta in modo chiaro la rimozione dei vincoli attuali che impediscono l’esercizio della professione in forma societaria per accrescere la competitività delle nostre strutture sul mercato europeo.

Nulla è stato accolto. Ma senza maggiore crescita non vi sarà risanamento strutturale e a pagare sarebbero i soliti noti. Ma ciò che hanno visto gli italiani e l’opinione pubblica internazionale sono stati incertezza, ritardo, egoismo elettoralistico e soprattutto la palpabile assenza di una grande visione dei problemi del Paese, dell’ambizione di ricomporne gli interessi con equità. Questo soprattutto paghiamo e di questo portate la responsabilità di fronte al Paese. (Applausi dal Gruppo PD).

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