Quanto ci costa la “papi tax”

Pubblicato il 12 ottobre 2011, da Interventi al Senato

Senato, intervento in aula sulla Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza, 11 ottobre 2011

La lettura della Nota d’Aggiornamento con i dati sensibili in forte peggioramento rispetto al documento di aprile non sorprende, purtroppo. Ciò che sorprende davvero è l’incapacità del Governo di trarne conseguenze operative. Sono di oggi le parole allarmate di Jean Claude Trichet: “”La crisi del debito ha ormai raggiunto dimensione sistemica e nelle ultime tre settimane è peggiorata”. Vi è una sorta di diserzione che è etica prima che politica dai doveri del governo di una nazione in tempi di crisi.

Ci sono i dati drammatici del PIL. Dice il Governo: “Rispetto al documento presentato ad aprile si ipotizza una minore crescita cumulata sull’orizzonte previsivo pari a circa due punti percentuali. Fuori dall’Italia, nell’economia internazionale, si manifestano purtroppo analoghi andamenti negativi”. Negativi certamente, analoghi non possiamo dirlo, visto che la crescita in Eurolandia è comunque stimata dal FMI all’1,4%, il doppio dell’Italia. Al 2014 l’Italia con ritmi di crescita di qualche decimo di punto all’anno non avrebbe neppure recuperato la ricchezza perduta nel biennio 2007/2008. Un paese fermo ed un governo fermo. E’ questo che non possiamo permetterci e che rende insostenibile nelle valutazione degli analisti il nostro debito. L’incapacità politica di creare una successione ad un Presidente del Consiglio screditato nell’opinione pubblica italiana ed internazionale. L’incapacità tecnica e insieme politica di predisporre ed approvare provvedimenti capaci di orientare il paese su un sentiero di maggiore crescita. Difficili ed impopolari nell’immediato, ma necessari.

E’ dall’inizio dell’anno che il Governo promette provvedimenti per la crescita. Ricordiamo la famosa frustata per l’economia che avrebbe prodotto una crescita mai vista? E’ la conferenza stampa di gennaio del presidente del consiglio. Ora da qualche settimana si promette un decreto per lo sviluppo, rinviato di giorno in giorno. Capiamo che mancano le idee, manca una visione del paese, manca il coraggio di riforme vere e si sta ripiegando sulla viltà politica ed etica dei condoni.

Si registra una elevata pressione inflativa, che resta comunque sostenuta nel triennio di previsione. Destinato ad essere incrementato dall’aumento di un punto dell’IVA che si sta trasferendo sui prezzi dei beni finali in misura ben superiore. Ricordo che i dati ISTAT registrano aumenti impressionanti per beni essenziali per i bilanci familiari: +17% gasolio, +10% gas, +8% trasporto ferroviario, + 5% assicurazione auto. Non a caso mercati a scarsa concorrenza. Al 2013 più di 8 decimi della modesta crescita sarebbe dovuta alla domanda interna, essendo il contributo dell’export limitato a un modesto 0,1%. Ma con inflazione in crescita senza sviluppo e mancati interventi di sostegno della domanda è possibile che neppure questo modesto target possa essere raggiunto.

La pressione fiscale raggiungerà il record del 43,9% del PIL, il valore più elevato da quando esiste la Repubblica italiana. Cari colleghi della Lega: questo è il vostro contributo al governo della nazione: la pressione fiscale più elevata dal dopoguerra. La più elevata, ma anche la più iniqua, perchè ciò che è stato fatto e ciò che ci si è impegnati a fare accresce l’iniquità del sistema fiscale. I propositi di lotta all’evasione sono già indeboliti solo dal fatto di parlare di nuovo di condoni. Si fanno annunci e non si fanno le cose semplici. Il documento “Progetto per le imprese per l’Italia” firmato dalle principali associazioni del mondo imprenditoriale riprende le proposte del PD: eliminazione del contante per le transazioni sopra i 500 euro. Uno studio dell’ABI stima che se vi fosse una diffusione in Italia dei pagamenti con moneta elettronica apri alla media europea (oggi siamo poco sopra la metà) si realizzerebbe un recupero di evasione fino a 30 miliardi di euro. Ecco le riforme senza oneri.

E’ noto che il complesso delle due manovre, quella di luglio e quella di settembre, si finanziano per il 73% con maggiori entrate, accrescendo l’iniquità del sistema. Percentuale destinata di fatto ad aumentare, se si tiene conto del fatto che il taglio della finanza locale, che tocca spese obbligatorie, dovrà essere affrontato con un aumento della pressione fiscale a livello locale.

L’avvio dell’esame della delega fiscale alla Camera dei Deputati ha già fatto emergere una stroncatura sul piano tecnico. Per errori materiali, per contraddizioni con i decreti sul federalismo. Per l’indeterminatezza della delega: prevedere tre aliquote e non fissare gli scaglioni significa non dire nulla. O meglio dire solo una cosa: che comunque gli unici sicuramente avvantaggiati saranno i redditi sopra i 75.000 euro annui.

Ma la sua attuazione comporterebbe un innalzamento intollerabile dell’iniquità del sistema fiscale. Al 2014 si dovrebbero ricavare 20 miliardi dalla revisione della spesa sociale ed assistenziale e dalla revisione dei regimi fiscali agevolativi. Ora la spesa di competenza statale per il sociale ammonta a 30 miliardi di euro, che si chiamano assegni familiari, assegni per l’invalidità e assegni sociali. Si potranno combattere gli abusi, ma certamente non si ricaveranno qui cifre significative.

Vi concentrerete necessariamente sui regimi fiscali agevolativi. E sono interventi essenziali per la tenuta dei bilanci familiari dei redditi più deboli. Il 54% degli importi delle agevolazioni riguardano detrazioni per il lavoro dipendente e le pensioni, per i carichi familiari, per le spese sanitarie e di studio, per i mutui casa. Il 26% interventi agevolativi sull’IVA e sulle accise: beni di largo consumo e riscaldamento. L’attuazione della delega così come impostata comporterebbe una drammatica correzione regressiva del sistema fiscale. Il peso si distribuirebbe con un accanimento inconcepibile sui redditi bassi e nulla verrebbe chiesto ai redditi ed ai patrimoni più elevati.

Infine gli investimenti. Rispetto al 2009 la spesa in conto capitale risulta dimezzata. Già ai livelli minimi nel 2009 scende al punto di non consentire neppure modestissimi programmi di manutenzione. Prendiamo come eravamo nel 1997: anche allora una manovra difficile per agganciare l’euro. Eppure per ogni 100euro spese per le spese correnti se ne investivano 15 in conto capitale. Oggi per ogni 100 euro di spesa corrente ce ne sono solo 5 di investimenti. Con un paese con un drammatico deficit infrastrutturale e di manutenzione del territorio. La velocità media di connessione internet è in Italia di 3 megabit al secondo, la metà della Romania. Siamo indietro sulle infrastrutture tradizionali della logistica (porti e ferrovie in particolare) abbiamo già accumulato un ritardo vergognoso su quelle innovative.

Bisogna non solo ridurre la spesa, ma cambiarne profondamente il mix. E’ molto difficile certo. Basti pensare che nell’ultimo decennio a fronte ad un aumento del totale della spesa delle amministrazioni centrali del 27,6% la spesa pensionistica è aumentata del 47,7% e quella sanitaria del 51,1%. Bisogna agire, ma si può agire in due settori così delicati dal punto di vista di diritti fondamentali solo avendo la bussola dell’equità e della giustizia sociale: riferimento totalmente mancato nella politica economica del governo.

Accettare senza reagire un orizzonte di crescita che si avvicina allo 0 significa davvero disprezzare il paese che si è chiamati a governare. Ha scritto l’economista americano Benjamin Friedman nel fortunato volume “Il valore etico della crescita”: “la crescita non comporta solo vantaggi materiali. Aumenta opportunità, tolleranza per la diversità, mobilità sociale, rende più facile perseguire l’equità, rafforza la democrazia.” Sono questi evidentemente obiettivi fuori dall’orizzonte del governo. Per questo siamo puniti sui mercati che molto lavorano sulle aspettative. Perchè la Spagna in giugno aveva uno spread sui titoli tedeschi peggiore del nostro di 70 punti ed oggi è migliore di 40? Cosa è cambiato sui fondamentali dell’economia e della finanza? Nulla. Solo che lì c’è un governo che governa anche alla soglia delle elezioni e che costruisce intese con l’opposizione invece di insultarla. Qui c’è un governo che sgoverna. Che ignora una agenda di crescita. Che è senza il sostegno delle parti sociali. Che divide il paese e la politica, aggrappato ad un potere che non sa gestire. Paghiamo la “papi tax” di cui ha parlato l’economista Tito Boeri. Non possiamo più sopportarla.

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