Contro la TAV o contro la modernità?

Pubblicato il 4 marzo 2012, da In primo piano,Senza categoria

Le infrastrutture non si fanno per un atto di fede. Sono scelte sempre relative. Dipendono da tanti fattori: la geopolitica, le previsioni economiche, l’analisi costi benefici, le disponibilità finanziarie, l’impatto ambientale, gli eventuali impegni internazionali, ecc. Vale anche per la ferrovia Torino Lione. Ciò che servirebbe sarebbero maggiore conoscenza dei dati di fatto e risposte dettagliate da parte di chi è favorevole alle obiezioni che vengono fatte dai contrari.
Il pressapochismo del dibattito è sconcertante. Gli oppositori continuano a fornire dati che sono relativi ad un progetto che semplicemente non esiste più: il costo (nientemeno che 25 miliardi di euro), l’attraversamento di montagne ad alto contenuto di amianto ed uranio (cambiato il percorso per non attraversare il Musinè), ecc.
Il progetto di cui si sta discutendo ora è un progetto dal costo di circa 8,5 miliardi di euro, di cui 2,7 miliardi a carico dell’Italia. Si tratta sostanzialmente della maxi galleria base, che consente di abbattere fortemente le pendenze. Il tunnel esplorativo, condizione per passare alla fase ulteriore, comporta per l’Italia un costo di 35 milioni di euro. Di questo stiamo parlando. Penso che nella decisione del Governo di andare avanti che condivido deve però esserci una chiara esposizione dello stato dell’arte e di cosa stiamo parlando.
Basta parole in libertà. Ad esempio:
a) Si dice che bisogna fermarsi per aprire una consultazione. Incredibile. L’accordo con la Francia risale al 1991. Il primo progetto è stato ritirato, nel 2006 si insediò un tavolo tecnico politico con la partecipazione di tutte le amministrazioni locali interessate, che rovesciò totalmente l’impostazione, venendo incontro a molte richieste degli enti locali. Segno che la partecipazione c’è stata, è servita, con buoni argomenti ha fatto cambiare il progetto. L’assoluta maggioranza dei 112 comuni interessati ha espresso un parere favorevole sul progetto dopo le modifiche introdotte. Il nuovo progetto ha già superato una prima valutazione di impatto ambientale. Il punto è semplice. C’è il tempo della partecipazione e quello della decisione. Non si può immaginare sempre un nuovo inizio.
b) Si dice che adesso le priorità sono diverse, che ad esempio assume un ruolo strategico il collegamento nord sud. Giustissimo, ma le due direttrici sono entrambe indispensabili per il ruolo geopolitico dell’Italia. La porta dell’est, mercati in ampia espansione: ma forse a certi pseudoambientalisti non interessa più spostare dalla gomma alla rotaia quel fiume di autocarri che vengono dall’est? La piattaforma logistica del Mediterraneo per intercettare i traffici del lontano oriente e smistarli verso il Nord Europa. E se si partisse con gli studi per il Nord Sud gli stessi obiettori si manifesterebbero. Perché ciò che emerge non è la contestazione della singola opera, ma un rifiuto di fare i conti con la modernità. No agli assi strategici di trasporto, no ai rigassificatori, no agli inceneritori, no alle centrali. No a qualsiasi opera perché c’è il rischio delle infiltrazioni mafiose, perché c’è chi ruba, ecc. Così non si lavora ad un modello economico più sostenibile, si lavora al declino.
c) Si dice che ogni cosa può essere ridiscussa senza problemi. Senza problemi? C’è un trattato internazionale, ci sono impegni assunti in Europa, la Francia ha già effettuato lavori consistenti sulla base degli accordi sottoscritti. Si possono perdere molte cose, oltre alla faccia che nei rapporti internazionali conta molto. Costosi contenziosi con la Francia, perdita di finanziamenti europei, e soprattutto la cosa più preziosa, la credibilità del sistema paese, che stiamo faticosamente recuperando.
d) Infine c’è il problema della violenza che accompagna le manifestazioni. Non una appendice, ma la sostanza di una parte consistente della mobilitazione. Organizzazione paramilitare per attaccare e colpire le forze dell’ordine. Per fare del male. Non solo gli eccessi verbali. Che pure dovrebbero preoccupare in un paese in cui dai cattivi maestri e da molte analisi e parole violente si è passati alle P38 ed agli assassini. A sinistra non manca chi era teorico del senza se e senza ma qui nella condanna della violenza si introducono molti se e molti ma o si realizza una straordinaria distrazione e rimozione. A cominciare dai costi che si riversano sulla comunità per gestire un cantiere necessariamente militarizzato.
Il PD fa bene a sostenere il progetto. Deve lavorare anche per renderlo più credibile. Non solo impegnando il Governo ad una comunicazione efficace della situazione, ma lavorando perché vengano assicurati con certezza di quantità e tempi gli interventi complementari, a partire dalla razionalizzazione del nodo di Torino, gli interventi sulla linea storica, le compensazioni per i comuni.
A questo può servire un tavolo, non ad illudere che si possa tornare indietro.

domande_risposte: la posizione del Governo sulla Torino Lione

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2 commenti

  1. Bodon Antonio
    5 marzo 2012

    Bravo Paolo, ancora una volta, lucido sulle argomentazioni.
    Vedi, io non ho certezze sul progetto TAV, sai perché ,mi hanno impressionato le tante famiglie, ragazzi giovani che partecipano ai vari cortei di protesta con donne e bambini in testa.
    Ora , ci deve essere la partecipazione attiva delle altre persone della valle che esprimiino un accorato “accordo” sul progetto , altrimentii è facile andare in crisi di identità perché non si sa dove stanno le ragioni sufficienti a sostenere l’opera..
    Di una cosa sono certo, ai violenti la TAV è il pretesto a loro poco interessa come andrà a finire basta indurre alla violenza e questo non và bene,, anzi stanno sobillando su tanta buona fede.Saluti Bodon Antonio


  2. Paolo
    5 marzo 2012

    Penso che sia buona l’intenzione del governo di introdurre un metodo nuovo: un periodo certo di partecipazione e consultazione per un tempo definito e poi il tempo della decisione. E’ chiaro che alla protesta locale si sovrappone una protesta importata che non ha nulla a che fare con la Val di Susa. Resta però il fatto che i leader locali della protesta usano anche loro consapevolmente l’apporto dei violenti.


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