Primarie vere, con la regola della serietà

Pubblicato il 10 ottobre 2012, da Relazioni

Intervento alla Direzione provinciale del PD di Padova, 8 ottobre 2012

 L’ assemblea del PD sulle primarie è andata molto bene e molto bene ha fatto Bersani ad imporre ai recalcitranti una sua linea ragionevole. Il segretario ne ha guadagnato in autorevolezza e credibilità.

Il tentativo di frapporre ostacoli di natura organizzativistica alla voglia di partecipazione che si manifesta di elettori veri (e non di “truppe cammellate” da parte di qualcuno) era un tentativo miope ed è giusto che sia stato contrastato. L’unica osservazione che faccio è che non riesco a capire perchè nel nostro partito le decisioni di così evidente buon senso e realistiche rispetto allo stato delle cose debbano avvenire sempre con percorsi così faticosi e tortuosi. Avremmo potuto risparmiarci qualche settimana di presenza sui media con argomenti un po’ stravaganti.

E’ importante ora che questi due mesi scarsi siano impegnati per promuovere una grande riflessione collettiva sulla scelta del candidato. Sarà molto importante lo stile. Nelle primarie se il confronto è vero è inevitabile anche mettere in luce le differenze, talora in modo aspro, ma dobbiamo avere ben presente lo stato di prostrazione del paese, di una opinione pubblica nauseata dal degrado morale che si è manifestato nel campo politico (e non solo) e perciò esigente e meno disponibile del passato a contrapposizioni vacue, a discorsi di politica politicante. La qualità e concretezza del dibattito, la lealtà reciproca dei candidati la chiarezza della base programmatica comune e realmente condivisa insieme alle diverse caratterizzazione dei candidati può fare delle primarie una esperienza di massa.

Dico qualcosa nel merito. So che molti non credono al fatto che io non abbia ancora deciso per chi votare e non abbia fatto dichiarazione di “endorsement” come si dice oggi. Ma è proprio così, e vi spiego i motivi. E’ vero, molti amici con cui ho condiviso un percorso politico in questi anni dentro il PD hanno scelto la proposta di Renzi.

Io però vorrei votare per Bersani. Per motivi semplici: perchè è una persona seria e perbene, perchè certamente ha solide capacità di governo ed anche perchè oggettivamente ha una posizione mediana nel partito che può rendere più semplice tenere insieme la complessa struttura del PD. Io mi sento più vicino alle idee programmatiche di Renzi, ma comprendo che la tenuta del PD è un bene prezioso per la democrazia italiana.

Cosa mi manca per convincermi a votare Bersani?

Ci sono due aspetti: la compagnia e l’incertezza ancora della prospettiva politica.

Vedo attorno a Bersani un gruppo dirigente che non ha ancora ben compreso questa forte domanda di discontinuità che il paese esprime. Motivata da tanti aspetti, certamente anche da venature populiste insufflate nella buia era berlusconiana, ma figlia del dato oggettivo di un fallimento dell’impresa politica. Troppe delusioni sia nel campo nostro che in quello del centrodestra, troppe prospettive negative nell’andamento dell’economia. E quindi un gruppo dirigente che si è espresso anche in assemblea con una chiusura degna di miglior causa.

Vado nell’ordine. Dichiara la signora Rosetta Jervolino: “Renzi è un cialtrone”. Dopo un così acuto fallimento nella realtà napoletana, avendo avuto tutto dalla politica (6 legislature, 3 volte ministro, e che ministeri: pubblica istruzione, interno, affari sociali, e due volte sindaco di Napoli) non potrebbe starsene zitta? Oltretutto è un bel pezzo di propaganda a favore di Renzi.

Il dott. Fassina, oltre a continue esternazioni di fatto contro Monti, dichiara allarmato che Matteo Renzi avrebbe copiato un punto importantissimo del programma del PD: nientemeno il fatto che un Italia ci vogliono più asili nido! Ma si può stare sui mezzi di informazione con affermazioni così risibili senza dare una sensazione di inadeguatezza del gruppo dirigente del PD.

Infine Rosy Bindi. La pasionaria, e va bene. Ma la presidente dell’Assemblea ha l’onore e l’onere di rappresentare tutto il partito e non di gestire il ruolo in modo rancoroso e fazioso. Affermare che “bisogna scegliere le perle e non la chincaglieria”, fare un ritratto caricaturale del renzismo come quinta colonna del berlusconismo del PD e così via non corrisponde ai doveri del presidente dell’Assemblea. Ed in ogni caso dovrebbe avere l’onestà di ricordare che all’età di Renzi lei diceva esattamente le stesse cose. Che tre legislature sono troppe e che la classe dirigente doveva farsi da parte per fare largo ai giovani. E farsi da parte non solo per motivi anagrafici, ma per un generale sospetto di immoralità. E su questa attitudine demolitoria costruì le sue fortune politiche.

Il punto politico, al di là degli atteggiamenti personali, è questo: c’è una parte attorno al segretario, non necessariamente di tradizione diessina, che nega che le idee di Renzi possano far parte della costituency del PD. Lo considerano un abusivo, appunto estraneo ad una possibile cittadinanza del partito. Commettendo un errore gravissimo, perchè non solo Renzi dimostra di intercettare in modo diffuso aspettative dell’elettorato che ha seguito il riformismo italiano, non solo sta realizzando una rete di amministratori locali, militanti, dirigenti che sono parte della spina dorsale del partito ma è evidente che o noi riusciamo ad avere una espansione elettorale anche nell’area centrale dell’opinione pubblica o l’ambizione di governare è desinata ad essere frustrata.

Piaccia o non piaccia il PD è nato per fare questo mestiere e o fa questo o non ha ragione di esistere. E solo tenendo insieme l’usato sicuro di Bersani e la rottamazione di Renzi (tutte due metafore automobilistiche non eccellenti per i miei gusti ma di evidente impatto mediatico) facciamo il bene del PD e perciò il bene del paese.

Bersani sono certo che avverta questo tema e difatti ha incominciato a fare qualche dichiarazione impegnativa, dicendo ad esempio che le deroghe alle tre legislature saranno limitatissime, solo per le figure istituzionali.

C’è il problema politico. Come possiamo pensare che una coalizione che si riduce sostanzialmente al PD e a SEL abbia la forza elettorale, l’insediamento sociale e culturale, la capacità persuasiva necessaria non solo a vincere ma anche a governare in tempi difficilissimi. E’ un’area più ristretta dell’Ulivo (sostenuta allora da una grande speranza), dell’Unione con cui non riuscimmo ad avere una maggioranza al Senato numericamente in grado di governare. In compenso ci sono purtroppo le stesse contraddizioni politiche. E’ una contraddizione che non può essere elusa. Noi abbiamo sostenuto il governo Monti. Non per un atto di fede ma per convinzione. Diciamo di volere fare meglio. Potremmo farlo portando una base politica più attenta ai temi dell’equità. Vendola ritiene invece come ha affermato che Monti sia la causa dell’attuale situazione di difficoltà (dimenticando dove eravamo quando Monti ha preso in mano il paese). E che perciò uno dei compiti principali del nuovo governo sia disfare ciò che è stato fatto. Facciamo pure la tara delle esigenze di campagna elettorale ma sono due giudizi totalmente divaricati. Qui occorre fare chiarezza, a partire dal documento condiviso dai partecipanti alle primarie. Riguarda anche il nostro messaggio. In tempi così difficili è irresponsabile promettere cose impossibili. Far intendere che si può smontare la riforma delle pensioni (al netto della soluzione della questione esodati), che la legge del lavoro verrà di nuovo rivista per tornare indietro, che i vincoli finanziari saranno superati da una nuova agenda europea imposta dai progressisti. Bisognerebbe vedere ciò che stanno facendo i socialisti francesi al governo. Hanno approvato come in Italia il fiscal compact e la riforma fiscale certo contiene degli aspetti simbolici con l’aggravio per i redditi altissimi ma deve pesantemente colpire il ceto medio. E il Governo francese per giustificare il sostegno al fiscal compact rispetto ai giudizi dati quando erano all’opposizione ha affermato: è la novità di Monti che da al provvedimento un segno diverso”. Se lo dicono i socialisti francesi dovremmo esserne convinti anche noi.

Vanna chiariti questi punti politici, chi compete con noi per vincere non può avere incertezze su questi punti immaginando una realtà che non esiste. Sarebbe un modo di ingannare gli elettori. Anche perchè non dobbiamo illuderci che nel centrodestra proprio non succeda niente, resti il vuoto attuale. Può darsi, e questo ci caricherebbe di ulteriori responsabilità ma può anche darsi che dallo sgretolamento del berlusconismo, sotto le pressioni internazionali, nasca un qualcosa di nuovo. Se noi rinunciamo a priori a poter competere con l’elettorato che si colloca al centro rischiamo di far la fine infausta della macchina da guerra di occhettiana memoria.

E questo in un paese disorientato è un momento che ha bisogno di grande verità da parte della politica. C’è nella Bibbia un passo di Isaia che sembra il ritratto dello smarrimento odierno: “guardai: non c’era nessuno capace di consigliare, nessuno da interrogare per avere una risposta”. E il pensiero di tanti, tantissimi italiani. Penso che vincerà chi dimostrerà agli italiani di avere una risposta. Il PD lo può fare, se segue la strada della verità, della serietà, della responsabilità. E le primarie dovranno servire a questo: un confronto vivace ma sempre avendo in mente il paese, sempre avendo in mente che il PD è lo strumento del riformismo italiano, un riformismo largo e coinvolgente.

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4 commenti

  1. Mario
    10 ottobre 2012

    Sono curioso se qualcuno contesta questa riflessione. Sono totalmente d’accordo. Mario


  2. enzo
    10 ottobre 2012

    Ringrazio Giaretta di queste lucide e sincere riflessioni che condivido. Infatti, come nel ns territorio comunale, sono i “vecchi” Bersaniani che faranno danni a Bersani e percio’ votero’ Renzi appunto x fare il bene del PD e dell’Italia e x allargare la coalizione x Governare in Italia e in Europa. Enzo


  3. andrea33b
    10 ottobre 2012

    esattamente il mio pensiero


  4. Stefano Allievi
    11 ottobre 2012

    parole chiare. grazie


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