Meglio la Chiesa del prof. Monti…

Pubblicato il 1 febbraio 2013, da In primo piano

Sotto un certo profilo dovremmo essere contenti di certe uscite di pessimo gusto del prof. Monti. Raccogliendo con insistenza tutti i luoghi comuni dell’anticomunismo di matrice berlusconiana si vede che vuol parlare agli elettori di centrodestra dal palato grosso sperando di strapparli al Cav.

Però c’è il limite del rispetto della storia e della verità. Di demagoghi in Italia non si sente la mancanza, ce ne sono già abbastanza su piazza. Dire che il PD è nato nel 1921 dimostra francamente una grande ignoranza storica anche se solo si riferisse alla lunga storia del PCI/PDS/DS. Riferita poi al PD segnala un disprezzo della verità che non gli fa onore, ed un disprezzo per la fatica fatta da centinaia di migliaia di suoi concittadini per creare un nuovo soggetto politico, con idee, contenuti, modalità di azione innovative. Che poi la lezione venga da chi ha approntato un listone eterogeneo imbottito da personaggi che hanno attraversato la storia della prima e della seconda repubblica, o dentro i partiti o dentro i poteri forti organizzati, è piuttosto ridicolo.

Siccome anch’io tra gli altri la fatica per fare il PD l’ho fatta, rinunciando a vecchie appartenenze e in quest’ultimo anno ci abbiamo messo del nostro, e molto, per sostenere il governo del prof. Monti un po’ di rispetto (se non gratitudine) non farebbe male.

Piuttosto è interessante leggere l’intervento del card. Bagnasco all’ultimo Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana. C’è della buona pedagogia politica, che naturalmente non fa notizia. Faceva notizia la sciagurata linea del card. Ruini, con la pretesa di interventi diretti sull’attualità politica. Qui c’è una sostanza che andrebbe considerata ed approfondita da tutti, indipendentemente dalla professione di fede.

E’ una sostanza che parla della necessità di non sprecare i sacrifici richiesti ed offerti generosamente dal popolo italiano e bisogna “saldare in modo visibile la disponibilità della gente con il costume pubblico e politico” E c’è una critica forte al trasformismo ed all’improvvisazione: “Il precipitare della legislatura sembra aver risvegliato nel panorama politico una agilità ed una prontezza sorprendenti. C’è un professionismo esibito nelle fasi elettorali che contrasta con la sciatteria e la flemma dimostrate in altri frangenti…pronti ad appropriarsi dei meriti ma non a condividere i pesi, pronti a cogliere l’occasione opportuna. Opportuna per chi?”

E’ un giudizio severo e ci ricorda il Cardinale: “Gli italiani a quel che comprendiamo non chiedono l’impossibile esigono piuttosto che nessuno dei sacrifici compiuti vada deviato o perduto. Il prossimo vaglio elettorale ci renderà più o meno poveri?…merita superare allergie e insoddisfazioni anche profonde: la diserzione delle urne è un segnale di cortissimo respiro. Non bisogna cedere alla delusione, tanto meno alla ritorsione: non sarebbe saggio e soprattutto sarebbe dannoso per la democrazia. Partecipare è un dovere irrevocabile”.

Mi domando: quale altra agenzia educativa, da tanti intellettuali, ai conduttori di successo, all’insieme dei media sente il dovere di riprendere queste semplici parole che sono di servizio alla vita democratica del paese. Si preferisce constatare il distacco ed il disimpegno, quasi incoraggiarlo e giustificarlo, preparandosi a commentare la scarsa affluenza al voto per dimostrare il fallimento della politica (si potrebbe ricordare che alle recenti elezioni israeliane, in una situazione delicatissima, ha votato meno del 70% degli elettori).

Non mancano naturalmente nel discorso prese di posizione su temi che non tutti condividono, che anche nel PD, ma in genere in tutti i partiti, segnano divisioni. E tuttavia bisognerebbe guardare con attenzione alla radice antropologica di queste posizioni della Chiesa. Senza il primato antropologico, osserva Bagnasco, non solo l’economia e la finanza sarebbero oppressive perché ridurrebbero la persona in termini di costi e ricavi, ma anche lo stato sociale nascerebbe su basi anguste e selettive. “Quando la Chiesa si occupa dell’inizio e della fine della vita lo fa anche per salvaguardare “il durante”, perché ciò che le sta a cuore è tutto l’uomo, la cui dignità non è a corrente alternata…la madre di tutte le crisi è l’individualismo. E questo è figlio della cultura nichilista per cui tutto è moralmente equivalente, nulla vi sarebbe di oggettivo e di universale valido e obbligante…è la cultura del limite quella che viene rimossa, in quanto ritenuta negazione della libertà individuale e dello slancio vitale.”

Naturalmente si può non essere d’accordo sulle conseguenze pratiche che la Chiesa ricava sul piano ad esempio delle politiche per la bioetica ma tuttavia penso che ad una forza progressista come il PD sia necessaria la riflessione sul senso del limite, sul fatto che non ogni desiderio possa essere un diritto, sul fatto che non tutto ciò che è fattibile dall’uomo corrisponde ad una libertà in direzione del bene comune. E del resto tanti temi che ci stanno a cuore sulla sostenibilità ambientale, sulla giustizia sociale, sull’eguaglianza, sui limiti dello sviluppo hanno appunto a che fare con questa radice antropologica, che dobbiamo approfondire in un dialogo generoso.

Prolusione del Cardinale 28gen2013

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